Patrimonio archeologico la sezione di Italia Nostra di Vibo si unisce all’appello di Vibo Resistenti

In una lettera aperta al sindaco Maria Limardo in merito alla gestione del patrimonio archeologico, si auspica un cambio di strategia come prevedeva il progetto sul Parco archeologico “Croce Neviera” sosttoscritto dal Comune di Vibo nel 2018 

La sezione di Italia Nostra di Vibo Valentia si unisce all’appello lanciato dall’associazione Vibo Resistenti all’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Maria Limardo, in merito alla gestione del patrimonio archeologico e ai beni culturali. Si auspica che da parte dell’attuale Amministrazione comunale si cambi strategia, e si riprenda in considerazione il progetto redatto nel 2017, denominato “Croce Neviera”, con l’adesione di numerosi enti e associazioni e sottoscritto dalla stessa Amministrazione comunale di Vibo Valentia (con un protocollo d’intesa approvato dal Comune di Vibo Valentia, ente capofila con delibera della Giunta Municipale del 7 agosto 2018) che interessa un’area di oltre 35 ettari. Non si può trascurare un tesoro che questo territorio ha avuto in eredità dalle civiltà passate. Che futuro può avere una comunità, un territorio, se volta le spalle al proprio passato, a questo straordinario patrimonio che solo pochi territori possono vantare? Attraverso una visione che abbracci unitariamente queste testimonianze si può costruire un destino nuovo per le future generazioni. La storia lo insegna. Solo chi ha avuto cura dei valori e del patrimonio culturale che ci hanno lasciato gli antenati ha creato le condizioni sociali e economiche di crescita civile, morale e spirituale. La storia non consente rifiuti o attese che sfibrano gli animi, ma scelte lungimiranti e coraggiose che vengono prese quando si ha una visione del mondo e del futuro, che presuppone una coscienza politica e al contempo culturale della destinazione di una comunità e di un territorio.

E quindi è necessario che chi si è assunto la responsabilità politico-sociale di guida per delineare il futuro di una città come Vibo Valentia con una storia millenaria alle spalle, debba avere una visione che comprenda necessariamente i segni del territorio che sono il frutto dell’esperienza delle passate generazioni, e abbi anche il coraggio di rivedere le proprie scelte e di ascoltare dei cittadini che hanno a cuore il bene di una collettività.

Per cui, si ribadisce, la sezione di Vibo di Italia Nostra si unisce all’appello affinché l’attuale Amministrazione comunale comprenda il valore culturale, sociale che potrebbe rappresentare il progetto del “Parco archeologico” con ricadute sul piano economico ma soprattutto di immagine. Ed è grata all’associazione “Vibo Resistenti” per questa iniziativa il cui scopo è nobile: risvegliare le coscienze civiche su un patrimonio di inestimabile valore.

 Si riporta il testo della lettera aperta al sindaco dell’Amministrazione comunale Maria Limardo dell’associazione Vibo Resistenti

Se errare è umano, perseverare è diabolico
Questo vogliamo chiedere alla Sindaca e agli amministratori di Vibo Valentia: fino a quando abuseranno della pazienza dei cittadini quanto alla cura e gestione di quel bene immenso ed unico che è il Parco Archeologico di Vibo Valentia?
Non è una domanda retorica o provocatoria: perché, se i cittadini non ne sono al corrente, non così può dirsi degli amministratori, che sanno cosa questo parco può significare per la città e le opportunità che stanno sprecando. E ne spieghiamo il perché.
Sul parco archeologico è stato difatti redatto nel 2017 un progetto, denominato Croce Neviera, da parte di un’equipe multidisciplinare ( architetti, archeologi, agronomi, geologi ) che ha indicato per l’area del Parco, estesa oltre 35 ettari e composta anche da vasti terreni incolti, una innovativa ed efficace idea di manutenzione, capace di durare nel tempo, e di assicurarne la cura e valorizzazione attraverso la ripresa delle attività connesse alla lavorazione della terra. Si tratta di una modalità che coniuga la esigenza di salvaguardia e il coinvolgimento delle realtà produttive esistenti nel territorio; difatti, la presenza di pratiche colturali, ovviamente nei limiti di quelle che son consentite sul aree vincolate, garantisce la presenza quotidiana di lavoratori all’interno delle aree archeologiche e la tutela del sito da tutti i pericoli che l’abbandono comporta ( incendi, frane, danneggiamenti, abbandono di rifiuti e simili): posti di lavoro da un lato e presidi di legalità dall’altro, sotto il controllo di una cabina di regia costituita da vari enti pubblici. Si tratta di seguire la esigenza di valorizzare i beni culturali nella loro unitarietà e in sintonia con la cura del territorio, del paesaggio ( in cui i beni archeologici sono immersi e cui sono connessi) e dell’ambiente, come d’altronde già si fa in moltissimi parchi d’Italia: nel Parco Archeologico di Pontecagnano da anni insistono orti sociali e orti didattici, in quello di Pompei la coltivazione della vite e la produzione del vino, in quello di Selinunte si pratica la coltivazione del “grano degli dei”, e così nel Parco Archeologico del Colosseo si produce l’”Olio di Roma”, ed ancora nella Valle dei Templi si punta alla valorizzazione e coltura di mandorli viti e pistacchi, coltivazioni autoctone e d’eccellenza. Sono solo esempi perché la lista è lunga.
Il progetto ha raccolto un ampio consenso ed è sfociato in un protocollo d’intesa sottoscritto il 15 giugno 2018, cui hanno partecipato moltissimi enti e associazioni (i sindaci dei Comuni di Vibo Valentia, S. Onofrio e Stefanaconi, il Soprintendente della Soprintendenza della città metropolitana di Reggio Calabria e della provincia di Vibo Valentia, il Vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, il Direttore del Polo Museale Calabrese, il presidente della Camera di Commercio, Confindustria, Cgil, Confederazione Italiana Agricoltori, Federconsumatori, Codacons, Coldiretti, Archeoclub, Agricoltura biologica Calabria, Agrìa-Rete agricoltura biologica civica del Vibonese, Forum delle associazioni, Italia nostra, Associazione italiana cultura classica, Comitato Pro mura, il WWF provinciale, le associazioni “Risveglio ideale”, “La Goccia”, “Io vedo con le mani”, Argonauta e l’associazione “Profondazione Antonino Murmura”), che hanno condiviso i principi portanti dell’iniziativa: la gestione unitaria del patrimonio archeologico e culturale della città attraverso pratiche di agricoltura sostenibile, per la tutela ambientale, la valorizzazione delle attività di artigianato tipico e l’accoglienza. Il protocollo d’intesa è stato approvato dal Comune di Vibo Valentia, ente capofila nella realizzazione del progetto, con delibera della Giunta Municipale del 7 agosto 2018.
Questo percorso si arresta bruscamente con l’avvento della nuova amministrazione. Che, stracciando tutto il lavoro fatto, si orienta, con la delibera del 27 aprile 2021, su forme di tutela che hanno dimostrato tutta la loro pochezza e inefficacia. Come si può pensare di accollare la cura delle aree archeologiche, frammentate e divise, su base volontaristica, ad associazioni diverse ( e spesso mancanti anche dei requisiti richiesti nella stessa manifestazione di interesse), senza che sia chiaro se e in che modo esse potranno far fronte a tale gravoso impegno? Ne è conseguito quel che è sotto gli occhi di tutti: le associazioni aggiudicatarie non hanno firmato le convenzioni e dal 2021 tutte le aree archeologiche ( tranne San Leoluca e il Belvedere) sono chiuse, in totale abbandono, sottratte alla fruizione della città.
Cionostante, l’amministrazione, con nuova determina del 20 giugno 2023, dovendo recedere dal rapporto con due associazioni, non solo non torna indietro sulla fallimentare strategia adottata sul Parco negli ultimi due anni, ma, come se nulla fosse, indice, per tre delle sue aree, una manifestazione di Interesse IDENTICA a quella che aveva già dato pessima dimostrazione di sé nel 2021.
PERCHE’? Perché perseverare in una scelta irrazionale e fallimentare che ha visto tutte le aree del Parco, sin dalla data del marzo 2021, prive di gestione, in stato di degrado e non fruibili? Per quanto tempo ancora dovremo assistere a questo scempio nonostante il fiume di soldi arrivati per il Parco Archeologico dal 2016 ad oggi agli enti titolari, (Comune e Sovrintendenza)?
Chiediamo un immediato passo indietro dell’Amministrazione comunale sulla fallimentare politica adottata per la gestione del parco archeologico cittadino degli ultimi due anni e che essa tenga fede all’impegno preso dall’Amministrazione nel 2018, assumendo fattivamente il ruolo di ente capofila che gli è stato riconosciuto dai sottoscrittori, e che finalmente, mettendo da parte logiche riduttive e compartimentali, segni l’avvio del cambiamento grazie al quale l’agricoltura e l’impegno sociale possano realmente diventare la chiave di volta condivisa per un equo e sostenibile governo del territorio vibonese profondamente bisognoso di puntare in modo nuovo e partecipato sulle sue grandi risorse culturali, sotto l’egida di un partenariato pubblico-privato innovativo, forte e motivato.