San Nicola de Legistis. Impegno per dare voce ai diritti dei bambini

Tra i diversi esempi di resistenza delle piccole comunità l’esperienza che viene portata avanti a San Nicola de Legistis dal 2009, con il “Mese del Fanciullo” giunto alla VIII edizione, contrassegnato anche dall’evento itinerante “Gli apostoli dei fanciulli”, per dare voce ai diritti dei bambini, sanciti nella Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Tante, in questi anni, le iniziative grazie all’impegno della comunità, della Parrocchia e di associazioni, culturali e musicali.

Le piccole comunità, nonostante siano sempre più spopolate, possono recuperare una rinnovata vitalità culturale e sociale. Nell’era globale, il “consumatore -utente” è stato confinato paradossalmente nella sua periferia più marginalizzata, i profili social, o nei centri commerciali,recludendolo in un monologo autoreferenziale, con l’illusione delirante della moltiplicazione dei contatti (like, follower, condivisioni, consumi,ecc). In questa babele è sempre più imperante la distanza dal contatto vero con la vita reale, fatta di incontri, di voci, di sensazioni, che si mischiano nei diversi dialetti espressivi, con la presenza fisica in spazi che vengono occupati, non dalla memoria degli smartphone o dei tablet, ma per condividere esperienze.

Nelle piccole realtà dei paesi ancora resiste lo spazio per il contatto umano, lontano dai “non luoghi”(teorizzati dall’antropologo francese Marc Augè) che ormai sembrano aver vinto ogni forma di resistenza antropologica. Ma il ritorno all’agorà, con il desiderio di incontrare gli altri, con l’umiltà e con l’umanità fuori dai circuiti mediatici e commerciali, è la nuova difesa immunitaria contro la grande epidemia che ha contaminato il Dna del mondo. Il bene, la bellezza e tutto ciò che si organizza per far crescere la sensibilità umana e spirituale, a volte operano quasi nel silenzio in queste piccole comunità. Ma sono tanti i semi che vengono gettati, per la passione, per l’amore, per quel senso etico ed estetico della responsabilità che si genera in chi vive la religiosità, l’arte e la cultura come dono e si impegna per diffonderla senza clamori, affinché non si smarrisca il senso profondo dello stare insieme e del vivere.Si tratta di avere una visione, uno sguardo che sia rivolto verso un orizzonte e non piegato in un piccolo monitoro nascosto in una maschera da esibire. È necessario coltivare i campi, gettare dei semi per avere dei frutti. La natura insegna ed è maestra. Le esperienze più semplici però sembrano le più difficili da comprendere e da vivere, a tal punto che l’onestà, la ricerca della verità e la libertà, oggi come ieri, sono messi in croce. Perché il desiderio perverso di chi domina è oscurare gli orizzonti, impedire che gli esseri umani abbiano una prospettiva del mondo, chiara e armonica, per insinuare paure (sia dentro di noi che verso gli altri), e far emergere gli istinti peggiori (che distruggono l’ambiente interno ed esterno, compresi gli esseri umani). Questi oscuri mondi dominati da “dementi” che l’attuale sistema economico-finanziario basato sulla menzogna del “pil” (prodotto interno lordo, che uccide quello Pulito Interno e Libero), attraverso il nuovo regime totalitario dei social,celebra e adora come idoli, hanno un “sacro” timore di quelle “menti” che riflettono, che pensano, che lottano per liberare l’umanità dai pregiudizi, che hanno idee e intuizioni, che sognano un futuro in cui possa essere disseminato il bene e la giustizia, il dono fraterno della solidarietà (come canta Lucio Dalla in quella profetica canzone “Come è profondo il mare” quando dice E` chiaro che il pensiero dà fastidio/anche se chi pensa è muto come un pesce/anzi è un pesce e come pesce/è difficile da bloccare/perché lo protegge il mare,/come è profondo il mare./Certo chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche/ il pensiero è come l’oceano/non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare). Questi “geni globali” malati di totalitarismo non sanno più contemplare un albero, un fiore, un paesaggio, un tramonto, il viso di un bambino, di un uomo, di una donna o la bellezza di un canto, o della risonanza semantica e musicale di una parola, riscattata dalla vuota superficialità con cui viene oppressa e repressa nei nuovi lager dei gas mediatici. Essi non concepiscono che la propria folle corsa al potere, e non si accorgono di quelle creature innocenti a cui è destinato il futuro dei padri e dei figli, i bambini, che ci consegnano il mistero e la meraviglia del creato. Non sentono alcun senso di responsabilità verso l’umanità diseredata e calpestata, e non si convertono affinché il mondo non sia soltanto dominato dai miopi, meschini e brutali interessi materiali che stanno distruggendo la convivenza civile e le creature di Madre Terra, come va predicando ed esortando – vox clamantis in deserto – Papa Francesco. Risuonano illuminanti le parole del Buddha Siddharta: “Essere in contatto con la sofferenza non significa perdersi in essa. Essere in contatto con la meraviglia non significa perdersi in essa. Essere in contatto significa incontrare la vita, vederla in profondità. Incontrandola direttamente, ne comprendiamo la natura interdipendente e impermanente. Grazie a ciò, non ci perdiamo più nel desiderio, nell’ira e nella brama. Dimoriamo invece nella libertà e nella liberazione.”

E allora è fondamentale gettare semi per rigenerare questo tessuto umano e spirituale nei campi della storia marginale, periferica, che opera nella solitudine. Come si tenta di fare nelle piccole comunità, per resistere a questa generale deriva in cui sembra protesa l’umanità, che non sa più stare in silenzio per riflettere e meditare, ma è risucchiata nel vortice del delirio di onnipotenza con l’uso incontrollato della nuove tecnologie. Un esempio di questa “resistenza silente” avviene a San Nicola de Legistis, una frazione di poche anime che fa parte del comune di Limbadi (località che suscita tanto clamore sui media solo quando si parla del potere criminale dei Mancuso, costruendo in tal modo una liturgia – e di conseguenza – una mitologia del negativo. A tal proposito si legga l’apologo satirico sulla edificazione mediatica del mito di Riina.

Fin dal 2009, anno in cui ricorrevano i 20 anni dall’approvazione da parte dell’Onu della “Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”, l’associazione culturale Alighistos e la Parrocchia, hanno posto al centro i diritti dei bambini, ispirati dalla figura di San Nicola, protettore dei più piccoli, e dal messaggio evangelico, in cui Gesù pone come principio fondamentale per la salvezza dell’uomo il rispetto dei bambini. “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Matteo, 18, 3-5).

Da allora sono state tante le manifestazioni, le iniziative, gli incontri, per riflettere su questi fondamentali principi e sull’importanza di rispettare i più piccoli, che sono la parte della società più fragile, in quanto dipendono dai comportamenti degli adulti e da che cosa si lascia in eredità, a partire dal contesto ambientale e sociale, dai valori etici e civili oltre che quelli spirituali, dall’armonia che vivono nelle famiglie, nella società. Negli ultimi anni infatti sono cresciute le disuguaglianze che creano ingiustizia e mettono in discussione i fondamentali diritti intangibili e inviolabili, come si auspica nel dettato della Costituzione, nella Dichiarazione dei diritti umani e sottolineati nella Convenzione sui diritti dei bambini. Un esempio è dato dall’inquinamento che mette a repentaglio la salute, dallo stile di vita consumistico ed egoistico che fa emergere comportamenti aggressivi, violenze e discriminazioni. Ad inquinare anche le tante menzogne che i piccoli e i grandi poteri diffondono per manipolare la conoscenza e la consapevolezza della realtà. Accanto a questo impegno in cui la cultura si sposa con la coscienza,grande spazio si è dato alle attività ludiche, al canto, alla musica, alla poesia, che hanno caratterizzato le tante manifestazioni che sono state organizzate per far crescere il sentimento della bellezza, della condivisione e l’amore per l’arte e per la natura, come fenomeni espressivi che educano ai valori più importanti, e che rappresentano l’humus per una esperienza umana e spirituale. Per tutto questo lavoro fatto con responsabilità etica e sociale, a maggio dello scorso anno, la piccola comunità di San Nicola è stata designata dall’Amministrazione comunale di Limbadi, come “Paese del fanciullo”.

Questo percorso è stato contrassegnato dall’istituzione del “Mese del fanciullo” (dal 6 dicembre, ricorrenza della festa di San Nicola, al 6 gennaio, festa dell’Epifania) a partire dal 2010, da quando alla guida della parrocchia c’è don Francesco Pontoriero, che ha profuso e profonde tanta parte del suo impegno pastorale e sociale per sostenere e portare avanti queste iniziative. La manifestazione, giunta all’ottava edizione, è stata accompagnata da un altro evento itinerante, “Gli apostoli dei fanciulli” per dare risalto e voce alle persone e agli enti che nel silenzio operano per i diritti e il bene dei bambini, e in genere per dare risposte alle istanze delle famiglie più disagiate. Tante le associazioni che hanno collaborato e partecipato, sia locali, regionali e nazionali. In particolare l’associazione musicale “Amadeus” di Palmi che ha organizzato le ultime cinque edizioni de “Gli apostoli dei fanciulli” nella cittadina della costa Viola, grazie all’impegno del presidente Domenico Putrino. Tra le altre associazioni che hanno aderito,si sottolinea l’Unicef di Vibo, la Delegazione Vibonese di Italia Nostra e Libera Vibo, oltre a quelle che operano sul territorio, come l’associazione musicale “Bach” di San Calogero, la Pro Loco di Limbadi, poi le istituzioni scolastiche del territorio comunale, il circolo delle Acli di San Nicola de Legistis. Questo coinvolgimento ha avuto lo scopo di creare risonanza, partecipazione e sensibilità verso una questione, quella appunto dei diritti fondamentali riconosciuti ai bambini, che è cruciale per il destino delle nuove generazioni.

Domenica scorsa (7 gennaio) si è chiusa l’ottava edizione del “Mese del fanciullo”, durante la quale è stata promossa per la prima volta “la sfilata delle befane” che hanno portato dei doni a tutti i bambini passando in tutte le case (particolare emozione quando hanno incontrato Salvatore, che vive fin da piccolo con un handicap che lo costringe all’immobilità); e poi dalla musica, dal ballo in piazza e dalla tombolata. L’Epifania invece è stata caratterizzata dalla processione con il bambinello del presepe per le vie del paese, dopo la Santa Messa celebrata da don Francesco Pontoriero, accompagnata da due musicisti,Sacco Massimo (zampogna) originario di Conflenti, e Filippo Chiarella (pipita) originario di Vallelonga, che fanno parte del gruppo di musica popolare “Kantharos”. Durante la processione hanno eseguito delle sonate antiche e la marcetta di San Nicola “spadolese” suonata in onore di San Nicola a Spadola. Una novità che ha fatto rivivere negli sguardi dei più piccoli un’atmosfera di altri tempi. Emerge il desiderio di recuperare questa memoria di suoni e di immagini e riscoprire la condivisione di una tradizione che mette insieme grandi e piccoli.

L’VIII edizione del “Mese del fanciullo” si era aperta domenica 10 dicembre, con un gruppo di animazione e il concerto di canti natalizi del coro polifonico “Musica Nova” di Nicotera, con la raccolta fondi per un progetto di solidarietà a favore dei bambini oncologici dell’ospedale “Bambin Gesù” e “Gemelli” di Roma. Principali protagoniste nella organizzazione delle varie manifestazioni le donne che formano il Comitato festa della parrocchia di San Nicola.

Le befane Epifania processione Epifania don Francesco con i bambini Befane in casa di Salvatore