La forza dell’ironia incontra e travolge l’amore struggente di Orfeo ed Euridice nell’Ape funesta

In scena, l’11, 12 e 27  ottobre alle 21.00 al Centro Culturale Elsa Morante. Ingresso gratuito.

Cosa succede quando finisce il mito classico? Ne “L’Ape funesta”, in scena al Centro culturale Elsa Morante di Roma il prossimo 11, 12 e 27 ottobre alle 21, la storia si intreccia col mito di Orfeo ed Euridice.  Una ironica interpretazione, una variazione sul mito, che cerca di raccontare cosa sia  successo all’eroe che ha attraversato l’Inferno e affrontato gli dei per salvare la sua amata.

“L’Ape funesta” è il terzo dei quattro spettacoli della rassegna teatrale “Commedie nell’Arte”, tutti ad ingresso gratuito, nella nuova struttura realizzata a Piazzale Elsa Morante. In scena si alterneranno nella ironica dissacrazione del mito Michele Digirolamo, Giordana Morandini, Giuseppe Abramo, Fabio Fusco e Anna Caragnano. Lo spettacolo è scritto e diretto da Fabio Mureddu, aiuto regia Ruggero Lorefice.

Il racconto comincia dal tentativo di Orfeo di recuperare la sua amata dagli inferi. Ma cosa succede poi? Cosa succede ad Euridice che verrà abbandonata, come si sa, al suo destino di morte, a pochi passi dalla resurrezione? E ad Ade e Persefone, signori degli inferi?

L’Ape funesta ripercorre il mito di Orfeo e Euridice, accarezzando le tante frequentazioni artistiche che questa storia universale nei secoli ha collezionato. Come da mito, nell’oltretomba è appena passato Orfeo, con la sua musica dolcissima, la sua poesia, per riprendersi l’amata Euridice, morta improvvisamente per il morso di un serpente. Orfeo è bello, talentuoso e innamorato, nessuno può resistere al suo fascino.

Cosa succede, allora, se l’intero mondo dei morti viene sedotto, se tutti, là sotto, s’invaghiscono irrimediabilmente di un giovanotto riccetto e sbarbato? Cosa succede se nell’oltretomba s’introduce ad un tratto l’Amore?

Se l’Oltretomba, prima della discesa di Orfeo era un luogo sospeso di silenzio e di riposo ora, forse, è un luogo di passione, perché vi alberga l’amore, lo si aspetta. Aspettando l’amore si percepisce il tempo; dove si percepisce il tempo, si avvertono la noia e la smania. Proprio qui germoglia il dolore della perdita, lo strazio dell’abbandono, la speranza di giorni migliori, in sintesi: la pena d’amore.

“L’Aldilà non è più quello di una volta! Ci siamo rese conto che l’inferno è un posto di tale buon gusto che era un peccato non aprirlo al pubblico!” (Ade, Signore degli Inferi).