E’ scomparso il poeta Giuseppe Sigillò

Rombolà Sigillò

La sua autentica voce lirica resta come testimonianza di una poesia capace di trasmettere valori di un mondo che sembra destinato a scomparire. Questo aedo di Tritanti (Maropati) ha attraversato il linguaggio della poesia del Novecento, con una impronta classico-romantica. Le sue liriche esprimono  l’impegno umano ed etico per la giustizia e per i sentimenti popolari  

“La nascita di un poeta è un atto di disordine”, affermava Salvatore Quasimodo (premio Nobel per la Letteratura 1959). Quando nasce un poeta? Non è semplice trovare una risposta, ma sappiamo con certezza quando muore un vero poeta come lo è stato e lo sarà Giuseppe Sigillò. Ci ha lasciati stanotte (23 dicembre). Domani (domenica 24) alle 11.30 si celebreranno le esequie nella chiesa di Sant’Atenogene della sua Tritanti (Maropati). Aveva 85 anni. Nel 2019 gli è stato conferito da parte del Senato dell’Accademia Tiberina il titolo di “Senatore Accademico”.

Se la sua storia biografica Sigillò l’ha concepita come un atto di disordine, la poesia, come per gli eroi tragici greci, ha rappresentato il suo ordine. Questa è la sua verità e la sua eredità. Quando parlava di poesia e recitava versi il suo sguardo si trasfigurava ed entrava in una dimensione estatica, trascesa, di sublimazione dei sentimenti. Come l’albatros concepito da Charles Baudelaire che ritrovava la sua vera dimensione quando solcava l’azzurro del cielo, adesso le ali della poesia lo porteranno in alto e lo spirito potrà viaggiare e librarsi libero.

“il mondo è compreso/ in una sola parola:/ poesia”. Con questi lapidari versi ha tradotto la sua esistenza. Rappresenta l’epitaffio della sua vita, la chiave segreta che gli ha aperto dimore altrimenti inaccessibili, ed è potuto andare in profondità per illuminare l’oscurità. Il vero poeta è anche profeta: ricerca nella profondità il mistero della vita. Giuseppe Ungaretti lo svela: il poeta è il depositario dei misteri dell’anima attraverso l’illuminazione. In “Note del poeta sulla sua vita e sulla poesia”, scrive: “… l’esperienza poetica è una speciale responsabilità, quella di scoprire un segreto e di rivelarlo agli altri”.

Affinché il mondo possa ritrovare la luce sono necessari i veri poeti, non certo chi si esibisce sui palcoscenici mediatici atteggiandosi a poeta come accade ormai con i social, dove va in scena l’antipoesia, la caricatura del proprio ego, l’esibizione narcotica di se stessi. Il vero poeta al rumore preferisce il sacro e poetico silenzio: non ha bisogno di mostrarsi per sentirsi importante, perché il suo teatro è il tacito dialogo con il creato e le sue creature.

E Giuseppe Sigillò ha vissuto in modo autentico, scegliendo di restare appartato, lasciando una importante eredità umana, etica e poetica. Chi ha avuto la fortuna di incontrarlo ha potuto respirare la forza spirituale che sprigionava in un corpo in cui si sentiva prigioniero, che lo costringeva a restare immobile ma non con la sua mente, che correva, che intuiva, che rifletteva, che recitava versi dimostrando una memoria prodigiosa: da Omero a Dante, a Foscolo, a Leopardi ricordando tante delle sue poesie.

I suoi versi hanno attraversato il linguaggio poetico del Novecento, con una impronta classico-romantica. Ha denunciato le condizioni in cui versava la sua gente, gli umili, costretti a lottare contro le ingiustizie e un destino avverso, ma che hanno combattuto con grande dignità. Una poesia capace di ispirarsi all’humanitas, che ha cantato i sentimenti popolari.

Il mio incontro Sigillò è testimoniato nell’omaggio che gli ho dedicato realizzando una breve opera intitolata “Corrispondenze liriche nella notte di San Lorenzo con la Musa di Giuseppe Sigillò”, edita il 10 agosto. Alla sua ispirazione si lega il progetto culturale “Il filo di Arianna: Profezia, Poesia, Eresia” ed il piccolo saggio intitolato “Il sigillo poetico di Peppe Sigillò negli occhi della prole di Perseo” (11 agosto 2023) che si può leggere su questa testata. : https://www.laprimapagina.it/2023/08/11/il-sigillo-poiet…-prole-di-perseo/

L’esperienza di Giuseppe Sigillò matura in un determinato contesto sia storico-sociale che antropologico: è emblematica sia per le chiavi interpretative con cui possiamo interrogare la sua poesia, ma anche per i temi e i contenuti che emergono. Emerge una visione tragica della vita: il pathos per la titanica lotta contro le avversità (troviamo una corrispondenza con l’esperienza di Giacomo Leopardi).

La sua poesia si carica di messaggi esistenziali importanti alla luce della crisi profonda che sta attraversando l’uomo nella società dei “post” vampirizzata dal modello del neocapitalismo finanziario e della globalizzazione: è in atto già da circa mezzo secolo la desertificazione dei sentimenti, delle emozioni, dei valori etici e politici e della coscienza prodotta dal consumismo e dalla reificazione feticista con cui viene sedotta la società con l’accelerazione improvvisa e incontrollabile del digitale. Un declino a cui l’umanità sembra predestinata: il processo evolutivo-involutivo sta selezionando un’altra specie di homo, “il transumano” frutto del dominio imperante della tecnica e della tecnologia cibernetica, trasferendo l’esperienza sensibile (estetica) dal regno naturale a quello artificiale (anestetica).