Il ritorno al futuro è nel cuore di “Bratiria nta Chiazza”

Inatteso successo del festival (giunto all’VIII edizione) che ha messo  insieme gli artisti di strada e le tradizioni etno-popolari, il Nord e il Sud del mondo. La risposta della gente è stata molto significativa per il valore e l’importanza che ha avuto la manifestazione, come testimonia la direttrice artistica del festival Anna Maria Pugliese: “un Festival fatto dalla Gente per la Gente”. Un risultato raggiunto grazie alla collaborazione di più associazioni e alla passione delle persone che hanno partecipato alla realizzazione dell’evento.  

Vedere tanta gente, dai più piccoli ai più grandi, che partecipa con divertimento ed entusiasmo agli spettacoli, non accade spesso. A far da scena l’arte, la cultura, la socialità, lo stare bene insieme, il tutto vissuto con semplicità, in un’atmosfera pregna di fascino. È stata tutto questo l’VIII edizione del festival di strada e tradizione popolare “Bratiria nta chiazza” (Brattirò di Drapia, 19 e 20 agosto), che nella piccola comunità di Brattirò ha unito simboicamente il mondo. L’evento è stato organizzato dall’associazione culturale “Le Tarme” in collaborazione con le associazioni Aicem Calabria, Enotria e il prezioso supporto dei ragazzi dell’oratorio Don Giuseppe Furchí. Gli spettacoli si sono alternati a esposizioni di strumenti tradizionali, antiche arti (costruzione dei cestini), artigianato, pittura dal vivo, stands di prodotti locali, laboratorio di circo, yoga e costruzione di giganti (grazie all’artista Victoria Haf, nata e vissuta a Città del Messico, che insieme al compagno Raffaele Filardo (anche lui artista, hannno scelto di vivere nel borgo di Motta Filocastro).

“Bratiria quest’anno ha emozionato più del solito.- ha dichiarato la presidente dell’associazione “Le Tarme” e direttrice artistica Annamaria Pugliese – Il successo di questa edizione è stato possibile grazie alla collaborazione delle associazioni e delle persone del paese che hanno messo a disposizione il loro impegno per la realizzazione del festival. È stato davvero significativo vedere la macchina dei volontari mettersi in moto affinché l’evento esprimesse la sua essenza: un Festival fatto dalla Gente per la Gente. Il nostro obiettivo – ha spiegato Anna Maria Pugliese –  è rendere il nostro territorio animato, colorato, caloroso, festoso e vivo. Adesso ci prepariamo per l’autunno con eventi e laboratori, il nostro lavoro non si ferma in estate”.

Dal Guatemala al Pollino quest’anno il festival si è caratterizzato per la varietà artistica e culturale: il teatro di figura dei Chumbala Cachumbala ha entusiasmato sia grandi che piccini, l’Annina con il suo clown tip tap ha regalato sorrisi al pubblico, i Magda clan circus hanno riempito gli occhi degli spettatori con le loro acrobazie e i Totarella hanno fatto ballare e divertire il pubblico con il loro suono arcaico.

“Insieme siamo riusciti a creare un ambiente unico nel suo genere, ricco di arte e magia” – ha commentato la Presidente di Aicem Calabria Linda Rombolà. “È stato importante vedere i numerosi partecipanti ai laboratori, gli occhi incuriositi di grandi e piccini aggirarsi tra gli spettacoli, l’allegria ballerina ai concerti; ma l’ emozione più grande è quella di vedere come in molti si sono attivati per rendere “Bratiria nta chiazza” un festival fatto di anime che si esprimono attraverso l’arte, la musica, l’artigianato ed il buon cibo. Il tutto improntato alla sostenibilità, intesa sia come rispetto e consapevolezza di valorizzare e proteggere l’ambiente in cui viviamo che come costante lavoro per includere e valorizzare le sue risorse umane…”

Il paese si è riempito di colori, arte e divertimento, ingredienti indispensabili per dare all’evento il giusto sapore con cui i protagonisti guardano al futuro di queste comunità con entusiasmo e responsabilità nell’impegno sociale e culturale per la crescita delle generazioni che si incontrano. Il futuro passa attraverso queste iniziative capaci di mettere insieme tante risorse che partono dal basso, realizzate con passione e in modo gratuito e spontaneo. Possiamo constatare come il paradigma della concentrazione dei poteri e delle decisioni stia portando la società all’inaridimento dei valori umani ed espressivi. Il nuovo dominio si esprime attraverso l’uso incontrollato delle cosiddette piattaforme digitali che ha come effetto l’appiattimento dei rapporti umani. È necessario prendere coscienza che il destino delle nuove generazioni si costruisce da queste esperienze in cui ognuno può essere protagonista nel gran teatro della vita senza essere manipolato da una occulta regia e soprattutto ritrovare l’agorà, il contatto vivo tra le persone, guardarsi negli occhi ed esprimere i linguaggi emotivi attraverso il proprio corpo e non attraverso gli schermi dei social media, che stanno imprigionando e desertificando l’humus in cui si piantano i semi dei sentimenti e delle emozioni.

Ogni potere che domina cerca sempre degli strumenti per separare e dividere gli individui sia dentro che fuori e le tecnologie digitali sono uno strumento micidiale che raggiungere questa finalità in modo subdolo: anestetizzare le coscienze, far emergere la parte più oscura dell’essere umano e risucchiare nella sua spirale gli occhi e gli sguardi per sradicare l’essere umano dal contatto vivo e vitale con Madre Terra, deportare gli esseri umani in un ambiente artificiale e artificioso per poterli controllare come burattini. Nelle piazze ciò non è possibile perché le relazioni sono dirette, non ci sono schermi o  monitor, ma il linguaggio del corpo e tutti quei messaggi che si generano in modo misterioso con una storia che ha dentro e dietro millenni di processi evolutivi. Oggi si è creato uno spartiacque profondo, che non è più possibile compararlo alla storia del recente passato. Abbiamo un prima e un dopo, come si si fosse creato un abisso. Le tecnologie digitali hanno trasferito l’umanità in un ambiente disumano, quello dell’artificio, in cui i paradigmi e i modelli per definire il mondo con le categorie storiche, filosofiche, epistemologiche, antropologiche con cui abbiamo interpretato i fenomeni sociali e storici, vanno ridefiniti. Abbiamo oltrepassato le Colonne d’Ercole e come Ulisse nel XXVI canto dell’Inferno, siamo destinati ad essere risucchiati inesorabilmente da un onda gigantesca, come quella della rete e delle piattafomre digitali, che ci espropriano della nostra identità e della conoscenza, senza possibilità di scampo se seguiamo l’onda pensando di poterla governare e gestire, in quanto per la sua vertiginosa velocità ci sfugge dalle mani. E’ come voler stringere in un pugno l’oceano. Dobbiamo ritrovare il nostro umano linguaggio frutto di millenni di storia e memoria che si sono depositati nel nostro DNA. Le tecnologie cibernetiche, per una loro specificità tecnica, tagliano questo filo, al di là dell’uso che si pensa possa essere fatto. Sono come i vampiri, ci stanno vampirizzando. Se solo si pensa a quanto tempo le nuove generazioni trascorrono – al di là dell’uso – in questi ambienti, rispetto al contatto vero, autentico con gli ambienti naturali o culturali, possiamo dedurre quale sarà il loro destino: l’uomo si è evoluto attraverso l’osservazione e l’intuizione nel rapporto con la natura. Anche una semplice passeggiata in campagna, guardando e contemplando il paesaggio, ci dà una miriadi di messaggi e ci fa conoscere tanti linguaggi che nemmeno la lettura della più grande biblioteca al mondo potrà mai offrire. Se non si comprende questo la nostra intelligenza, la sensibilità e la capacità intuitiva, definita sacra da Albert Einstein, saranno destinate ad essere appiattite dalle piattaforme fino a renderci dei docili cloni nelle mani di questi nuovi predoni (con mandato imperiale) che si nascondono dietro un clic, e quella che abbiamo definito per secoli civiltà si trasformerà in viltà, senza la C di cultura e la I di intelligenza e identità.