La storia di Vincenzo Nibali e il suo impegno per uno sport pulito in una tesi di Laurea

A raccontare la storia dello “Squalo dello Stretto” la studentessa Teresa Bisogni.  L’originale dissertazione, dal titolo  “Vincenzo Nibali e l’antidoping” è stata discussa nella seduta di Laurea all’Istituto Italiano di Criminologia di Vibo Valentia, con cui ha conseguito la laurea in “Mediazione linguistica” con specializzazione in “Criminologia e Intelligence”.  

La vita è fatta di storie e nelle storie si scopre la vita. Come quella di Teresa che nel suo percorso universitario scopre un’insolita passione, il ciclismo, in particolare verso chi lotta per l’affermazione dei suoi autentici valori.

La vita viene scandita dagli incontri come quello che la giovane laureata ha avuto con il campione siciliano Vincenzo Nibali (detto “Lo squalo dello Stretto”), uno dei setti ciclisti al mondo ad aver vinto le tre competizioni più importanti in assoluto: la Vuelta, il Tour de France e il Giro d’Italia. Ma la sua vittoria più importante è stata ed è quella della battaglia contro il doping. E Vincenzo oggi rappresenta un esempio illuminante come testimonial per uno sport pulito, contro l’uso di sostanze che alterano le gare.

Lungo il suo percorso non solo di studi, ma anche di vita, questa giovane dottoressa che si è laureata all’Istituto Italiano di Criminologia diretto dal rettore prof. Saverio Fortunato (unico istituto universitario nella provincia di Vibo Valentia, con una prestigiosa sede, Palazzo Gagliardi), ha dovuto affrontare diverse sfide. Ed è forse per questo motivo che si è riconosciuta nella storia di Vincenzo Nibali, nel suo impegno per uno sport pulito, al cui centro ci sono i sacri valori che fanno di un atleta un vero campione nella vita, come il rispetto dell’avversario e della salute, la disciplina fisica e morale, l’onestà, e ancora l’amore per il ciclismo che sboccia in tenera età e che poi si trasforma in passione agonistica. Di riflesso anche la storia umana di Teresa si è rispecchiata nell’uomo Nibali, e così ha deciso di affrontare un lavoro originale nel suo percorso universitario, tanto da sceglierlo come argomento della sua tesi: “Vincenzo Nibali e l’antidoping” (relatore il prof. Saverio Fortunato e correlatore il prof. Fausto Malucchi, nella veste di docente in Diritto Penale) conseguendo la Laurea in “Mediazione linguistica” con specialilzzazione in “Crimonologia e Intelligence” (22 marzo scorso).

La ricerca compiuta è di carattere storico, tecnico, ma soprattutto umano, spaziando tra biografia, sport, sostanze chimiche e codice penale. Un viaggio che parte dall’antichità e dal doping che veniva utilizzato a quei tempi fino ai giorni nostri, e come le normative abbiamo cercato, in questi anni, di contrastare il fenomeno delle sostanze proibite. E poi la storia biografica di Vincenzo Nibali, il suo rapporto con la bicicletta. Infine il racconto dell’incontro con “Lo squalo dello Stretto” all’università.

Durante la seduta di Laurea di fronte ad un’aula gremita, con diversi laureandi e tante persone che hanno partecipato (familiari e amici), la Bisogni ha raccontato Nibali ciclista ma soprattutto Nibali uomo, le sue imprese e la sua attività che sta conducendo come esemplare testimonial contro l’uso di sostanze dopanti. Il campione siciliano in quel momento si trovava in Sudafrica e in un video messaggio ha espresso il suo rammarico per non essere in presenza: “Il mio messaggio è per Teresa che sta concludendo il suo percorso di Laurea. Ha toccato un tema molto importante. Lo sport è vita, bisogna farlo in modo sano. È un principio di orgoglio per tutti” ha affermato Nibali.

Nella discussione della tesi, Teresa ha messo in luce come la passione per il ciclismo di Nibali nasce fin da bambino:  “Si innamora della sua ‘bicicletta bella’, come la chiama lui, grazie alla passione trasmessa dal padre. È cresciuto in una famiglia che gli ha infuso l’amore, l’umiltà, l’onestà, tutti valori che lo hanno fatto diventare l’uomo che è oggi”. Poi ha riferito che il 30 marzo del 2020 ha tenuto una lezione insieme al prof. Fausto Malucchi, Eva Baldi e al rettore Saverio Fortunato sulla specificità del dell’art. 586 bis del codice penale che regola i reati dell’uso del doping, ma anche come avvengono i controlli antidoping. In quella occasione – come ha riferito nella sua esposizione – Nibali ha spiegato che il contrasto all’uso del doping dovrebbe essere esteso anche a tutti coloro che si affacciano allo sport, anche ai non professionisti in quanto dovrebbero dare il buon esempio. “Una frase che mi ha colpito particolarmente -ha messo in luce la Bisogni – che i controlli lo hanno aiutato a raggiungere i suoi successi. Questo fa trasparire – ha sottolineato – la sua onestà e la sua pulizia, valori con i quali ha fatto il suo principale cavallo di battaglia.”

Nel corso della seduta di Laurea la studentessa ha poi focalizzato l’attenzione sulla personalità di Vincenzo Nibali, ricordando che il 21 novembre del 2021 Nibali è stato insignito del premio “Criminologia.it”, assegnato a chi a livello nazionale o internazionale si distingue per il suo impegno nella repressione dei reati. Ha fatto sapere inoltre che il 28 febbraio 2023, ha avuto l’onore di concedergli una intervista telefonica, in cui Nibali le ha confidato che nel momento della sua entrata nel mondo dei professionisti, l’obiettivo di vincere il Giro d’Italia era un lontano sogno, ma poi attraverso un duro lavoro, i sacrifici, la passione, è diventato uno dei setti campioni ad affermarsi nelle tre competizioni più prestigiosi al mondo del ciclismo: “Vincenzo ha subito diversi incidenti ma non si è ami arreso: si è sempre rialzato, si è rimesso sulla bici ed è partito più forte di prima. Il messaggio a coloro che volessero intraprendere la carriera ciclistica da parte del campione siciliano, è in primo luogo quello di combattere il problema delle strade che non sono sicure. Spesso il ciclista non viene visto di buon occhio, soprattutto dall’automobilista, anche se la strada è di tutti.” Poi ha ricordato anche uno dei casi più clamorosi di doping nel ciclismo, quello di Marco Pantani. In seguito ad un gravissimo incidente, “il Pirata” viene trasportato in ospedale e viene sottoposto al controllo dell’ematocrito il cui livello risultava del 60 per cento al di sopra dei valori normali. Significa che il sangue è denso e il cuore ha difficoltà a pompare. In quel caso, in primo grado, Pantani è stato condannato dal tribunale di Forlì; in secondo grado è stato assolto dall’accusa di frode sportiva in quanto il giudice ha sentenziato che nel 1999 non era previsto il reato, cioè non era penalmente perseguibile.

La Bisogni infine ha concluso la sua discussione mettendo l’accento sul nuovo articolo che regola i reati di frode sportiva, con l’introduzione del 586 bis nel codice penale (in merito è anche intervenuta una sentenza della Corte Costituzione dichiarando l’illegittimità dell’articolo 586 – bis relativo al settimo comma, con sentenza 9 marzo – 22 aprile del 2022).

Morale della favola: la vita si illumina nell’arte dell’incontro umano di storie e di esperienze che intrecciano il filo con cui si tesse la memoria, non dimenticando che “il futuro ha sempre un cuore antico”, come rammenta Carlo Levi nel libro “Il futuro ha un cuore antico” (1956). L’incontro che ha intrecciato le storie parallele di Vincenzo Nibali e di Teresa Bisogni è nel segno della lotta e dell’impegno per l’affermazione dei sani principi dello sport e della vita. Questi temi devono far riflettere in una società che ha perso progressivamente la misura del proprio stile di vita sempre più contaminato e inquinato non solo da sostanze nocive alla salute fisica e mentale, ma perché la maggior parte degli esseri umani sono dominati da desideri smisurati che portano a non avere più il rispetto e il controllo né di se stessi né degli altri e a confondere i veri e autentici dai falsi valori, a causa della mercificazione che sembra avere il predominio sulla stessa sacralità della vita. Di fronte al demone del successo, della spettacolarizzazione, del protagonismo narcotico che il potere dei media continua a iniettare nell’inconscio collettivo con la persuasione occulta e la mistificazione dei linguaggi e dell’informazione, quello che si può constatare è il fatto che sono in crescita esponenziale coloro che compiono crimini (che spesso non puniti dal sistema giudiziario e persino autorizzati dai poteri legali). L’esempio di Vincenzo Nibali e la sua testimonianza incoraggiano a ripetere le parole della premio Nobel per la Medicina Rita Levi Montalcini: “Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva. Bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi.” (dall’intervista di Paolo Giordano 100 anni di futuroWired, n. 1, marzo 2009). Senza dimenticare la straordinaria testimonianza di don Lorenzo Milani a cento anni dalla sua nascita (27 maggio 1923), nella “Lettera ai giudici”. Il suo testo è una memoria difensiva scritta in occasione della prima udienza (quella del 30 ottobre 1965) del processo penale che lo vedeva incriminato per “apologia di reato” a seguito di una denuncia fatta da alcuni ex combattenti per le parole che don Milani aveva scritto nella lettera ai cappellani militari in difesa di 31 giovani che avevano fatto obiezione di coscienza, come emerge da alcuni significativi passaggi :

“In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste…

Quando invece vedranno che non sono giuste … essi dovranno battersi perché siano cambiate. La leva ufficiale per cambiare la legge è il voto. La Costituzione gli affianca anche la leva dello sciopero. Ma la leva vera di queste due leve del potere è influire con la parola e con l’esempio sugli altri votanti e scioperanti. E quando è l’ora non c’è scuola più grande che pagare di persona un’obiezione di coscienza. Cioè violare la legge di cui si ha coscienza che è cattiva e accettare la pena che essa prevede. È scuola per esempio la nostra lettera sul banco dell’imputato e è scuola la testimonianza di quei 31 giovani che sono a Gaeta.…

Chi paga di persona testimonia che vuole la legge migliore, cioè che ama la legge più degli altri…Questa tecnica di amore costruttivo per la legge l’ho imparata insieme ai ragazzi mentre leggevamo il Critone, l’Apologia di Socrate, la vita del Signore nei quattro Vangeli, l’autobiografia di Gandhi, le lettere del pilota di Hiroshima. Vite di uomini che son venuti tragicamente in contrasto con l’ordinamento vigente al loro tempo non per scardinarlo, ma per renderlo migliore…

La scuola è diversa dall’aula di tribunale. Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita. La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. È l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità (e in questo somiglia alla vostra funzione), dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico (e in questo si differenzia dalla vostra funzione). […] Ecco perché, in un certo senso, la scuola è fuori del vostro ordinamento giuridico…

E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i “segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso. Anche il maestro è dunque in qualche modo fuori del vostro ordinamento e pure al suo servizio. Se lo condannate attenterete al progresso legislativo…

Condannare la nostra lettera equivale a dire ai giovani soldati italiani che essi non devono avere una coscienza, che devono obbedire come automi, che i loro delitti li pagherà chi li avrà comandati”.