Fresco di stampa il volume “Racconteme nu sognu” di Flavio Tursini

La presentazione si terrà lunedì 30 aprile alle ore 17 al Centro Civico di Paganica 

L’AQUILA – E’ uscito da un paio di settimane il volume “Racconteme nu sognu – Racconti e Poesie in dialetto Paganichese” di Flavio Tursini, pubblicato a cura dell’Associazione culturale “La Riga di Mezzo” di Paganica.

Nella Prefazione, tra l’altro, si annota: “…Non finisce di sorprendere, Flavio Tursini, per il suo talento multiforme che lo fa spaziare dall’impegno civico e culturale alla sapienza gastronomica, dalla pittura alla musica, dalla narrativa alla poesia. In ciascuno di questi campi egli lascia, con discrezione e distinto tratto, la sua personale impronta. Lo fa particolarmente in questa seconda sua avventura editoriale, dopo la pubblicazione alcuni mesi fa d’una piccola ma intensa silloge poetica, con la pubblicazione di questo volumetto di racconti, aneddoti e liriche, pressoché interamente in dialetto. Il libro, arricchito dal magnifico apparato fotografico d’epoca a cura di Fernando Rossi, è uno spaccato di varia umanità, di antica saggezza popolare, di autentica cultura contadina…”.

Il libro sarà presentato a Paganica lunedì 30 aprile, alle ore 17:00, presso il Centro Civico, con gli interventi dei giornalisti e scrittori Mario Narducci, Goffredo Palmerini, Giustino Parisse, del ricercatore dell’Università di Roma Tor Vergata Alessio Rotellini e dello stesso autore Flavio Tursini. Qui di seguito, se può essere d’interesse, si riporta la Prefazione che apre il volume, che l’Autore dedica alla mamma Vincenzina.

Flavio Tursini, con la mamma Vincenzina

PREFAZIONE

di

Goffredo Palmerini

 

“Nel cogliere il frutto della memoria si corre il rischio di sciuparne il fiore.”  Joseph Conrad

Tutt’altro che questa affermazione, presente in un suo famoso romanzo d’appendice, farebbe oggi Conrad se leggesse questo libro di Flavio Tursini. Mentre chiedo perdono per l’arditezza di questo paradosso e per aver scomodato il grande scrittore inglese d‘origine polacca, nel meditare quella frase a me è venuto subito da pensare il contrario nell’accingermi a scrivere qualche modesta nota per questo bel libro di Flavio. Qui il frutto della memoria e dei ricordi è colto così bene che il fiore davvero non ha corso alcun rischio d’essere sciupato. Anzi!

Non finisce di sorprendermi, Flavio Tursini. Da un lato per il suo talento multiforme che lo fa spaziare dall’impegno civico e culturale alla sapienza gastronomica, dalla pittura alla musica, dalla narrativa alla poesia. In ciascuno di questi campi egli lascia, con discrezione e distinto tratto, la sua personale impronta. Lo fa particolarmente in questa seconda sua avventura editoriale, dopo la pubblicazione alcuni mesi fa d’una piccola ma intensa silloge poetica, con la pubblicazione di questo volumetto di racconti, aneddoti e liriche, pressoché interamente in dialetto.

Il libro, arricchito dal magnifico apparato fotografico d’epoca a cura dell’impareggiabile Fernando Rossi, è uno spaccato di varia umanità, di antica saggezza popolare, di autentica cultura contadina. Ma senza quel sussiego di chi intenda scrivere un saggio antropologico su un mondo che purtroppo si va pian piano perdendo – fatto di persone autentiche, ricche di sensibilità e di attenzioni reciproche – come quello che prima del terremoto del 2009 abitava il rione del Colle, con rapide pennellate d’autore Flavio riesce a farci vivere quella quotidianità raccontandoci storie, anche in versi, di vita ordinaria.

L’autore lo fa con ironia, con garbo, con intensità, attingendo ai ricordi, alla memoria collettiva, alle tradizioni. Direi anche al Genius loci. E lo fa attraverso personaggi veri, schietti, brillanti quasi o forse più di quelli della migliore tradizione del teatro dell’arte, che senza copione recitavano a soggetto la propria parte. Ma in questi casi, che Flavio narra così bene, la “parte” era la vita, non la rappresentazione teatrale.

Ora non vorrei entrare nel dettaglio, magari facendomi prendere dal piacere di citare qualcuno dei personaggi paganichesi che campeggiano in questo godibilissimo libro con le loro storie e le loro faccende. Ciascuno di voi potrà appagarsi, come è capitato a chi scrive, appena inizierà la lettura di questo volume, quando il desiderio di leggerlo tutto d’un fiato ti afferra, tanto è intrigante il richiamo della memoria.

Ancora un’annotazione. Con questo volume Flavio aggiunge un altro importante tassello a quelli che altri autori paganichesi da tempo vanno meritoriamente apprestando nella salvaguardia della memoria collettiva e nella ricostruzione del senso si comunità, quale parte significativa del patrimonio immateriale della nostra Paganica. Mi auguro, infine, che l’abbrivio (la spontapee) che da qualche tempo Flavio ha per la scrittura non l’abbandoni, cosicché egli presto ci dia altre perle di creatività narrativa, poetica, artistica, musicale e quant’altro il suo ingegno sa donare.