Auschwitz, la dimensione del dolore

AUSCHWITZ, la dimensione del dolore

Di Vincenzo Calafiore

27 Gennaio 1945/ 27 Gennaio 2022

Sognavamo nelle notti feroci

Sogni densi e violenti

Sognati con anima e corpo:

Tornare; mangiare; raccontare.

Finché suonava breve sommesso

Il comando dell’alba:

        “ Wstawac “

E  si spezzava in petto il cuore

Ora abbiamo ritrovato la casa,

il nostro ventre è sazio,

Abbiamo finito di raccontare.

E’ tempo. Presto udremo ancora

Il comando straniero:

          “ Wstawac “ .

Primo Levi da: La Tregua

“ Nei primi giorni del gennaio 1945, sotto la spinta dell’Armata Rossa ormai vicina, i tedeschi avevano evacuato in tutta fretta il bacino minerario slesiano. Mentre al trove, in analoghe condizioni, non avevano esitato a distruggere col fuoco o con le armi i Lager insieme con i loro occupanti, nel distretto di Auschwitz agirono diversamente: ordini superiori dettati da Hitler in persona imponevano di – recuperare – a qualunque costo, ogni uomo abile al lavoro. Perciò tutti i prigionieri sani furono evacuati, in condizioni spaventose, su Buchenwald e su Mauthausen, mentre i malati furono abbandonati a loro stessi. Da vari indizi è lecito dedurre la originaria intenzione tedesca di non lasciare nei campi di concentramento nessun uomo vivo; ma un violento attacco aereo notturno, e la rapidità dell’avanzata russa, indussero i tedeschi a mutare pensiero, e a prendere la fuga lasciando incompiuto il loro dovere e la loro opera. “

La maggior parte dei deportati che hanno avuto salva la vita hanno sempre affermato:

“ … nessuno e mai tornato da Auschwitz “ una frase che di per se dovrebbe farci riflettere, o per lo meno essere grati a quegli  Stati che hanno voluto e compiuto la Comunità Europea perché esistesse finalmente un’Europa senza guerre.

Dalla rilettura di Auschwitz  si potrebbero trarre indicazioni precise per il nostro tempo.

Quelli che uscivano in quel tempo da Auschwitz, scrive ne – La Tregua – Primo Levi

“ non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, era la stessa vergogna che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che esista nel mondo delle cose che esistono e che la sua volontà sia stata violata, nulla.

Questa si chiama dignità, onore, o semplicemente, umanità!

E allora, il punto da capire è: perché Auschwitz- Birkenau? E’ stato un accidente della storia?

E ancora chiedersi: non si ripeterà mai più o è destinata a ripetersi, magari come modalità inscritta nel DNA del genere umano?

Nell’insonnia della ragione di questa società “ Europea “ adesso si rinnova la rimemorazione della apertura dei cancelli di Auschwitz, dove entrando capeggiava

la scritta “ Il Lavoro rende liberi  “ la metafora della morte! Dove si compì in larga scala lo sterminio degli ebrei, dei Rom, degli omosessuali, dei bambini.

Rimemorazione che non può e non deve diventare abitudine a un appuntamento,  non potrà mai essere routine. Ma dovrà essere sempre punto di ripartenza, riannodare i fili della storia, della tragica unicità della Shoah.

Giornata della Memoria per comprendere il senso profondo di quegli eventi orrendi, per tentare di capire con uno sforzo continuo della ragione perché AUSCHWITZ   è accaduta.

Questa società che non vuole vedere i lutti della storia, lutti che propongono ancora oggi l’onnipotenza divina.

Lutti da giudicare.

In questa giornata dovrebbero aprirsi angosciosi interrogativi, come ad esempio quelli che la coscienza ha incontrato ad Auschwitz: un abisso di smarrimento e di dolore ed è proprio questo a sollevare un apice di angoscia sull’ontologia del male!

Dopo AUSCHWITZ non si possono più scrivere poesie o dopo Auschwitz si possono scrivere poesie solo su Auschwitz !