A mancare è proprio lei, la vita
A mancare è proprio, Lei, la vita
Di Vincenzo Calafiore
14 Febbraio 2021 Udine
“ …. a un certo punto,
guardando in nessun luogo
ti rendi conto pensando a quello
che ora sei, a come sei stato fino
a poco tempo fa. E ti viene addosso
una stramaledetta malinconia, una forma
di rimpianto di quello che sei stato
della vita che hai avuto e forse più
non riavrai. Tutti dentro lo stesso
imbuto dal quale non ne usciremo
mai più. “ Vincenzo Calafiore
E’ dopo il primo vagito che ha inizio il grande viaggio, o il cammino della vita, la scoperta dell’ignoto e lo facciamo da esploratori forse da indigeno, nei giorni, nel tempo, fino alla sua fine.
Sono storie che da lontane prospettive giungono agli esiti proficui di convergenti sensibilità; esse stesse simboli di quella felicità perenne ( intima e preziosa) alla scoperta della linfa infinita che è la vita.
Quello che è stato “ fermato “ prima e stravolto nel giro di un tempo breve, ma fortemente incisivo era il nostro viaggio di conquista, di conoscenza, di speranza di vite sottratte alla morte e comunque erano “ miraggi d’altrove”, dove il conforto della meta raggiunta si è confuso al conforto del viaggio compiuto.
Perché immancabilmente è viaggio solo per il luogo a cui tornare ( quello dell’anima) e da cui ripartire ogni giorno e ogni momento del giorno, in un ciclo perenne di sempre nuove emozioni, e di rinnovate esperienze.
Questa cosa addosso, come pioggia lattiginosa che offusca la visione di un altrove probabile a cui andare, chiamata o denominata “ Pandemia “ più corretto sarebbe stato “ endemia “ focolaio, e comunque … la presenza di focolai di infezione in due o più Paesi diversi da quello di origine.
Si poteva evitare?
Ora siamo incanalati in un qualcosa che non è vita, due anni di bavaglio da indossare sempre, quella mascherina che chissà quali danni respiratori più avanti sorgeranno; due anni che hanno cambiato forse per sempre no le abitudini, gli usi e costumi, ma la testa, la follia, o l’allucinazione, la paura dell’incontro, del toccarsi, dello stare vicino o accanto.
Questa che si sta vivendo adesso altro non è che “ Un’allucinazione disperata” che per opposto ormai tanti considerano vita: ma vita non è !
Ma dobbiamo davvero dimenticare la Parigi del – dolce rumore della vita – o semplicemente la sensazione di un viaggio in vagone letto o l’approdo a un albergo?
Erano o sono state storie comuni o di eventi su quali è aleggiato il fascino discreto della novità, l’ansia della scoperta, il timore dell’inconoscibile.
Ora una semplice ma terribile espressione come una moderna Auschwitz
Il vocabolo anglo-americano lockdown esprime, nell’attuale stato di crisi sanitaria mondiale, il divieto imposto alle persone di accedere a un territorio, a un’area, a un edificio, ecc., e di uscire liberamente dalla propria abitazione.
E la si chiama vita questa?
Nella mia fine è il mio principio!
Per un’idea della circolarità del viaggio interiore, esaltata o sofferta, interiorizzata o apertamente vissuta, e comunque assunta a ideale vita senza confini, e senza frontiere!
La vita!
Quel meraviglioso libro, un disegno geometrico in cui l’ordine di tragitti, personaggi, tempi e voci e del felice attrito del mondo si compone attraverso i deragliamenti, le crepe, gli interstizi, il salto degli intrecci, le sbandate di quel formicolio di gente viva e più o meno felice che si è affacciata e rintanata poi sul disco piatto di questa nuova vita si riempie la scena e poi svapora per riportare trasparenze di inganni un po’ più in là, in un nuovo orizzonte che vogliono farci credere sia vita e altro non è che un esilio d’ombre!