Londra. La May rimarrà in carica per tutta l’estate

Sarà un lungo interregno. Infatti Theresa May rimarrà leader conservatore fino al 7 giugno ma come primo ministro fino a quando il suo sostituto sarà al suo posto. Ciò forse accadrà a metà luglio o molto probabilmente a settembre. Da questo momento in poi, è solo un primo ministro ad interim. I conservatori usano un metodo composto da due fasi per scegliere il loro leader, con la partecipazione sia dei parlamentari che dei singoli membri del partito. Nella prima fase, i parlamentari tory prendono parte ad una serie di votazioni segrete, votando su chiunque si sia presentato per la candidatura. Ciascun parlamentare può votare un candidato per ogni ballottaggio e il candidato che ottiene il minor numero di voti viene eliminato. I candidati possono anche ritirarsi da soli in qualsiasi momento. Le votazioni tra i parlamentari continuano in questo modo, con la scomparsa del candidato meno popolare, fino a quando rimangono solo due candidati. Questi due poi vanno al ballottaggio che viene condotto tra i membri del partito conservatore, al momento poco più di 120 mila iscritti. Le votazioni parlamentari possono essere superate abbastanza rapidamente, entro un paio di settimane, ma il voto di tutti i membri (i tesserati del partito) potrebbe richiedere diverse settimane, a seconda del calendario stabilito dal partito.

Il dopo May

Tutto è collegato alla Brexit. Nel partito conservatore ci sono diverse “anime”, dalla “soft” Brexit fino agli “hard” Brexiteers, ma nessun singolo gruppo costituisce la maggioranza. I soft erano i remaniners di una volta e spingono per rimanere connessi con il sistema comunitario europeo. Gli “hard” sono i Leavers e se dovesse essere necessario l’abbandono senza accordo, sono pronti a farlo. Il nuovo leader conservatore e quindi premier deve essere in grado poi di comandare la maggioranza in Parlamento possedendo i numeri. La preoccupazione per i candidati della fazione Brexiteer è che i loro colleghi parlamentari “Eurofili” possano cercare di impedire loro di finire nelle prime due posizioni nel ballottaggio parlamentare finale e viceversa. Ciò potrebbe significare che i sostenitori ortodossi della Brexit soft si stringono tutti attorno a un loro candidato. Così come faranno gli esponenti della “Soft” Brexit. Tutte mosse strategiche e calcolate in quella che è una vera e propria partita a scacchi. Boris Johnson è attualmente il favorito, basando la propria forza sul sostegno della base del partito. Se raggiungesse la finale a due attraverso le votazioni dei parlamentari potrebbe sentirsi sicuro per via delle credenziali pro-Brexit. Ma tra i suoi colleghi c’è molta diffidenza. Alcuni hanno già indicato che lascerebbero il partito se lui, il biondo ex sindaco di Londra, dovesse diventare primo ministro. Sarebbe, tuttavia, pericoloso per i Remainers impedire che qualsiasi Brexiteer arrivi al ballottaggio finale perché potrebbe creare una rivolta alla base del partito il non avere un Brexiter in finale. Il rischio è stato già corso in passato, con una vera e propria emorragia di voti che dai conservatori è finita a Nigel Farage. Questa volta metterebbe in pericolo l’esistenza stessa del partito conservatore. La fazione della “soft” Brexit del partito potrà puntare su ottimi candidati, tra cui Jeremy Hunt, attuale Ministro degli Esteri, e Sajid Javid, Ministro dell’Interno. Senza contare poi le solite sorprese.

Poche certezze

A tre anni dal voto referendario si parte ancora con la Brexit fissata al 31 ottobre. Theresa May è andata via, ma il nodo Brexit rimane irrisolto. Si può vincere una competizione proponendo un’agenda politica ma poi sovente diventa carta straccia.