Scabbia: la storia di questa brutta malattia

La scabbia è una malattia della pelle che colpisce sia l’uomo che alcuni animali, dovuta ad un particolare acaro che riesce a infilarsi sotto la pelle dando origine ad una vera e propria infestazione, che può essere trasmessa dal malato alle persone sane. L’acqua è il fattore principale che favorisce la diffusione dell’acaro, il Sarcoptes scabei, che provoca forti pruriti e in alcune manifestazioni, anche croste, come nel caso dell’infestazione norvegese. Gli acari poi possono passare ad altri soggetti, non solo attraverso un contatto diretto, ma anche attraverso manufatti di uso condiviso, specialmente tessili, dove gli acari si annidano.

Breve storia della scabbia

Come per altre malattie storiche, anche la scabbia era conosciuta in antichità, tanto che sono molti i testi antichi che ne parlano, a partire dalla Bibbia, nei testi scritti intorno al 1200 a.C, ma era già conosciuta mille anni prima. Il primo però a citare gli acari come responsabili della scabbia fu il famoso studioso e filosofo Aristotele, vissuto attorno al 300 a.C., che individuò questi piccoli parassiti mentre lasciavano la pelle, quando infastiditi. Fu poi il famoso medico dell’Antica Roma, Celso, a descrivere la malattia e chiamarla scabbia, mentre attorno all’anno Mille, furono soprattutto i medici arabi a contribuire alla conoscenza della malattia e dell’acaro. In particolare, nel 970, abbiamo descrizioni da parte di Abu el Hasan Ahmed el Tabari e poi Ibn Zuhr e Ildegarda. Per arrivare a testi più scientifici bisognerà però aspettare la fine del Seicento, quando l’acaro fu osservato per la prima volta al microscopio da Giacinto Testoni, nel 1687, mentre una descrizione eziologica venne fatta da Giovanni Cosimo Bonomo in base alle osservazioni del suo collega, anche se questo testo fa parte di una lettera privata scritta da entrambi e non di un testo medico, che fu pubblicato per la prima volta nel 1868. A dare una svolta allo studio eziologico delle malattie fu Francesco Redi, che alla metà del Seicento fece il famoso esperimento in cui fece crescere delle larve sulla carne. Prima di questo evento, si pensava addirittura che la comparsa delle malattie fosse spontanea, e non dovuta alla contaminazione da agenti parassiti. Questo contributo diede il via allo studio diverso delle malattie come la scabbia, e anche alla messa a punto dei primi farmaci per debellare i parassiti.

Gli studi di Bonomo e Cestoni

Non a caso, Cosimo Bonomo era un allievo di Redi, e soprattutto un medico ufficiale sulle navi dell’epoca, le galere, su cui la scabbia, a causa delle cattive condizioni igieniche, era molto comune. Si passò dal pensare alle malattie come causate dagli “umori neri”, fluidi negativi nel corpo, denominati materia peccans, a cause più accertate, anche grazie al microscopio. La scabbia in particolare, era considerata una malattia dovuta alla melaina kolè, la bile nera, ovvero uno di questi fluidi, che era in eccesso. Ma Giacinto Cestoni riuscì a mettere uno di questi acari sotto al microscopio, e a descriverlo per poi comunicare a Francesco Redi le sue osservazioni. Ma fu il collega Bonomo ad avanzare per primo una soluzione terapica, che prevedeva la semplice disinfestazione, sia dei luoghi, come i bagni, in cui l’umidità favoriva la diffusione dell’acaro, che delle persone. Nonostante le pubblicazioni di questi studi, nel 1687, da parte di Federico Redi, queste cure sulla scabbia non ricevettero la necessaria considerazione del mondo scientifico fino al 1834, quando lo studente Simone Renucci osservò e comunicò al suo professore dell’ospedale ospedale San Luigi di Parigi, in una lezione, come in Corsica fossero utilizzate con successo le soluzioni di Bonomo, che era riuscito a far conoscere il suo trattamento solo alla Toscana, da dove poi si era diffuso in Sardegna e nell’isola corsa, senza però avere la meritata attenzione nel resto del continente.

La scabbia oggi

Naturalmente oggi, la scabbia è divenuta una malattia facilmente curabile, grazie alla moderna medicina che ha messo a punto farmaci molto efficaci per debellare l’infestazione degli acari nella pelle, che provocano delle cavità nella pelle. Si tratta in genere di creme ad uso topico, da applicare direttamente sulla pelle, e che agiscono a livello neurotossico sul parassita e sulle sue uova. La pemetrina è la crema più utilizzata per questo scopo, là dove, nella maggior parte dei casi, l’infestazione è leggera. Per casi più gravi, sono comunque disponibili prodotti più forti, altrettanto efficaci.