Vibo Valentia. Le lucciole protagoniste al Liceo Scientifico “Giuseppe Berto”

Le lucciole protagoniste al Liceo scientifico “Giuseppe Berto” nella presentazione del l libro “C’erano una volta le lucciole… La profezia di Pasolini” di Antonio Pugliese e Nicola Rombolà”. In primo piano le questioni ambientali e il potere dei consumi nell’era della “mutazione antropologica” e del “genocidio culturale”.  Sono intervenuti la Prof.ssa Paola Colace Radice (ordinaria di Filologia classica all’Università di Messina), mons. Giuseppe Fiorillo (coordinatore Libera Vibo) e gli autori. L’iniziativa è stata presentata dalla dirigente scolastica Teresa Goffredo.

Il Liceo scientifico “G.Berto” (martedì 13 dicembre), ha vissuto una giornata intensa all’insegna dello sport, del ricordo e della cultura. In tarda mattinata, a caratterizzare il programma, la presentazione del libro “C’erano una volta le lucciole… La profezia di Pasolini”, scritto da Antonio Pugliese e Nicola Rombolà. Durante l’incontro con gli studenti, sono emersi dei temi e delle questioni cruciali per la realtà in cui ci troviamo a vivere sotto il profilo sociale, culturale, politico e antropologico. Sono fatti e fenomeni che hanno segnato l’ultimo cinquantennio della storia italiana dal tragico giorno in cui Pier Paolo Pasolini è scomparso (notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975), e come in uno specchio, proiettano le loro ombre nel presente, il cui riflesso ha già delle ricadute negative sulla vita delle nuove generazioni. In primo luogo quello dell’inquinamento ambientale e della manipolazione mediatica, entrambi  legati al sistema di produzione e all’organizzazione economica delle società definite avanzate e democratiche (sia delle merci che dei modelli culturali con i quali si interpretano e si spiegano i fenomeni sociali e storici). Ma ad emergere in modo forte, è stata la questione relativa all’importanza che riveste l’incontro tra “scienza e letteratura”, con l’auspicio che siano recuperati i principi etici e i valori che hanno dato vita alla civiltà umanistico-rinascimentale, fondamentali per la costruzione di una prospettiva in cui la fiducia possa ri-coniugare il cammino dei giovani, promuovendo un autentico progresso umano.

Lo ha messo in rilievo la dirigente scolastica prof.ssa Teresa Goffredo, nel presentare l’iniziativa. Esordendo, ha messo in luce il significato dell’operazione culturale che è stata compiuta nel libro, facendo incontrare le questioni scientifiche con quelle di carattere letterario e storico-politico; inoltre ha sottolineato la grande valenza educativa dell’incontro.

Ad intervenire per primo Nicola Rombolà, autore della parte storico-letteraria del volume. Ha rammentato in primo luogo la grande attualità dell’analisi che Pasolini ha compiuto negli Scritti corsari e in Lettere luterane (volumi che hanno raccolto gli articoli pubblicati soprattutto sul Corriere della Sera nei primi anni Settanta fino alla sua tragica scomparsa, notte tra l’1 e il 2 novembre 1975). Inoltre il docente (insegna Materie letterarie all’Istituto professionale “E. Gagliardi” di Vibo – Ipsseoa ) ha spiegato che Pasolini parla a noi, in quanto nei suoi interventi è come se avesse scattato una serie di fotografie sulla realtà contemporanea, partendo dal suo osservatorio, dal suo presente, in quanto ha pre-sentito cosa stava accadendo nella società italiana di quegli anni con il vuoto di potere e la mutazione antropologica, determinati da un nuovo potere invisibile ma più potente anche dei precedenti regimi, quello della ideologia dei consumi. Di conseguenza i politici erano diventate come delle maschere funeree. Pasolini, ha ribadito l’autore, “ha costruito delle chiavi per comprendere la nostra contemporaneità, ma anche per rileggere il passato con uno sguardo diverso”. Ma la tragedia più grave per lo scrittore e regista, era rappresentata dalla scomparsa delle lucciole (“Io darei l’intera Montedison per una lucciola!”, è l’accorata e drammatica invocazione che Pasolini rivolge verso la fine dell’articolo): di tutto quel mondo che simbolicamente rievocavano, vale a dire la civiltà contadina e tutte le realtà antropologiche del cosiddetto sottoproletariato.  Su questi punti, in quegli stessi anni – ha richiamato infine Rombolà – è intervenuto anche Giuseppe Berto, il quale  aveva previsto la catastrofe culturale con la distruzione della civiltà contadina, e concordava con l’analisi appassionata e radicale di Pasolini, nonostante le distanze che esistevano tra i due scrittori per la loro contrapposta visione politica, in particolare ne “Il rimpianto di una civiltà” del 1974, e in precedenza, nell’articolo “La ricchezza della povertà” del 1972 per quanto riguarda, nello specifico, il destino della millenaria eredità contadina in Calabria.

Su questi temi si è soffermata in particolare la prof. Paola Colace Radice (ordinaria di Filologia classica e autrice di una lunga e importante introduzione nel libro). La docente ha in primo luogo richiamato il significativo dialogo tra letteratura e scienza e i principali argomenti che sono trattati a partire dall’articolo delle lucciole. La Colace Radice ha compiuto, nel corso della sua relazione, una puntuale analisi degli aspetti più significativi che emergono dal lavoro di Pugliese e Rombolà, in primo luogo la questione dell’inquinamento. In merito ha messo in luce come Pasolini sia stato profetico, prevedendo le problematiche che oggi rappresentano delle emergenze planetarie, come i mutamenti climatici e la distruzione delle diversità biologiche, determinate dalla industrializzazione feroce delle aree agricole, con la distruzione del paesaggio rurale, a partire dagli anni Sessanta. Ma l’inquinamento, come ha ribadito la docente di Filologia classica, è qualcosa che attiene non solo al corpo della natura, ma anche all’anima della società borghese, con la mutazione antropologica e l’omologazione culturale, creando di fatto la mercificazione dei rapporti umani. Responsabile di tutto questo è stata appunto l’ideologia dei consumi e il modello imposto da un capitalismo sempre più aggressivo.

A questa analisi di carattere sociale, antropologico-culturale ed ecologica, ha fatto eco la relazione del prof. Antonio Pugliese, autore della parte scientifica del libro. Illustrando gli aspetti biologici delle lucciole, ha spiegato perché in determinate condizioni ambientali le lucciole non si riproducono più, con il fenomeno della loro progressiva scomparsa. Il docente universitario (ordinario di Clinica medica veterinaria all’Università di Messina ed uno dei maggiori esponenti della Pet-therapy in Italia, terapia assistita con gli animali), ha messo in primo piano anche le caratteristiche etologiche di questi coleotteri, classificati come “lamparidi”, in cui si sono sviluppati degli organi fotogeni, in grado di produrre la peculiare luminescenza. Così le lucciole, in una visione poetica, oltre ad essere sentinelle dell’eco-sistema, diventano una fonte di fascino , perché nelle “notti di estate, esaltavano lo spirito e stimolavano emozioni di ogni tipo: sogni, immaginazioni, trepidazioni, sentimenti reconditi”. Nel rievocare questi ricordi e queste immagini di un tempo che sembra appartenere ad un lontano passato, Pugliese ha fatto emergere quello che deve rappresentare il nuovo cammino che scienza e umanesimo dovrebbero fare insieme, per affrontare le enormi sfide dettate dalle emergenze ambientali: affinché l’alfabeto della ricerca scientifica, quello emotivo ed evocativo suscitato dalla bellezza della natura, possano essere il campo in cui piantare i semi di una nuova coscienza etica, ecologica ed escatologica. Il prof. Pugliese (docente di Clinica medica veterinaria  e autore, di recente, tra l’altro di un prezioso volume ispirato al recupero dell’eredità millenaria della tradizione contadina molto cara a Pasolini, dal titolo “La civiltà contadina in Calabria”), a conclusione della sua relazione, ha sottolineato la necessità di difendere la natura dalle aggressioni di cui è capace l’uomo, come succede con gli animali, richiamando in merito una citazione tratta dal libro di James Hilmann “Presenze animali”:  “L’estinzione degli animali come quella delle piante, è una sofferenza insita nel mondo. Noi siamo parte dell’anima mundi e intimamente soffriamo della sofferenza che vi sta producendo”. Da notare infine che il libro è corredato anche da una interessante post-fazione, di cui è autore il prof. Gaetano Bonetta (Direttore del Dipartimento di Scienze filosofiche e Pedagogiche dell’Università degli Studi di Chieti e Pescara) dal titolo “Le lucciole non moriranno mai: siamo noi”.

  Infine è intervenuto anche mons. Giuseppe Fiorillo (coordinatore di Libera Vibo), che nel 1963 ha conosciuto personalmente Pasolini ad Ariola (località delle Preserre Vibonesi nel territorio comunale di Gerocarne). Il sacerdote ha rievocato quell’incontro e il motivo della presenza di Pasolini in quelle realtà. Allora lo scrittore stava lavorando alla realizzazione del film “Il vangelo secondo Matteo”, ritenuto il suo capolavoro. Sperava di poter girare la scena della Natività, perché da un articolo pubblicato dallo scrittore di Serra San Bruno, Sharo Gambino, aveva appurato che viveva una comunità ancora integra, non contaminata dalla società dei consumi. È rimasto alcuni giorni ospite di una famiglia, ma poi, per questioni tecniche, non ha potuto portare a compimento questo suo progetto, sia perché non c’erano strade di accesso per i mezzi e sia perché mancava la corrente elettrica. Mons. Fiorillo, al suo primo apostolato come sacerdote, ha rievocato quell’incontro, descrivendo alcuni tratti della complessa personalità di Pasolini. Infine ha immaginato la diversa sorte di questa località se il regista avesse potuto girare quella scena,  riflettendo tra la realtà di allora e quella attuale, segnata dall’emigrazione e dalla feroce lotta che ha insanguinato e che continua ad insanguinare i boschi che circondano Ariola.

A conclusione dell’incontro, per sottolineare la sensibilità umana di cui la Scuola deve essere interprete e protagonista, la preside Goffredo ha voluto riservare un momento di commozione per gli alunni Niccolò Grillo e Benedetto Bilotti, scomparsi lo scorso anno, con una targa ricordo consegnata ai genitori, e una alla memoria del prof. Pino Graziano (anche lui scomparso per una grave malattia), consegnata alla moglie.