Roma War is over!, la Liberazione nelle immagini degli americani e dell’Istituto Luce

Le fotografie scattate tra il 1943 e il 1946 in Italia dai U.S. Signal Corps e quelle d’archivio dell’Istituto Luce, esposte al Museo di Roma Palazzo Braschi fino a gennaio, documentano la fine della seconda guerra mondiale, il clima di festa e speranza non privo di sentimenti, ancora, di paura, smarrimento e contrasti. Due diverse visioni della Liberazione, in bianco e nero e a colori; due prospettive fortemente segnate dalle connessioni con lo sfondo culturale e con l’immaginario dei due Paesi si alternano e combinano in un originale racconto per immagini nella mostra “War is over! L’Italia della Liberazione nelle immagini dei U.S. Signal Corps e dell’Istituto Luce, 1943-1946”, curata da Gabriele D’Autilia ed Enrico Menduni con la regia video di Roland Sejko.

Una selezione di circa 140 immagini, anche inedite, e filmati d’epoca – compresi nel periodo tra il luglio del 1943 (lo sbarco degli alleati in Sicilia) e il 1946 dà luogo ad una doppia narrazione: da una parte, gli scatti dell’Istituto Luce, l’organo ufficiale di documentazione foto-cinematografica del regime, nei quali propaganda e censura punteggiano il racconto; lo stesso “bianco e nero” è espressione prima del cupo declino del fascismo e poi della sobrietà di una classe dirigente che cerca di costruire sulle rovine della guerra; tra queste, molte immagini del fondo “Reparto Guerra Riservati” in cui erano conservati i negativi bloccati dalla censura.

 Dall’altra, le fotografie dei Signal Corps, l’efficiente servizio di comunicazioni al seguito delle truppe statunitensi, provenienti da un raro repertorio, conservato presso la NARA (National Archives and Records Administration) di Washington e solo in parte conosciuto in Italia. Qui il colore diventa il segno di un’Italia diversa, “rivelata” da operatori e fotografi più attenti al dato sociale e uno strumento di esportazione dell’american way of life che, con la ricostruzione, raggiunge anche l’Italia.

Il percorso espositivo si snoda attraverso 10 sezioni tematiche, in cui le due serie di immagini sono affiancate in un dialogo immediato ed emozionante: nella prima sezione, Due diversi sguardi, viene proposto un confronto tra le fotografie degli operatori Luce e quelle dei Signal Corps, mentre nella seconda, La guerra non è come un film, si alternano episodi bellici e ritratti di soldati come, tra le altre immagini censurate, quella dei travestimenti da pecora dei combattenti.Vincitori e vinti sono illustrati nella terza sezione: per esempio, ad un Mussolini stanco e logorato si contrappone il tavolo delle potenze vincitrici alla Conferenza di Potsdam o il ringraziamento (oltre le regole del protocollo) di Papa Pio XII, circondato dalle truppe alleate. La quarta sezione racconta poi il Bel Paese: in queste immagini l’obiettivo è fissato su edifici distrutti dai bombardamenti e cittadini smarriti tra le rovine. Nei Volti di guerra della quinta sezione scorre una sequenza di momenti di vita civile e militare, tra episodi di guerra e soccorsi ai feriti. Il dolore domina invece le immagini della sesta sezione, tra bombardamenti sulle popolazioni civili e la durezza dei combattimenti mentre in Amore e guerra, la settima sezione, si intravedono primi casti baci ed effusioni timidamente romantiche. Sono poi all’insegna del relax gli scatti esposti nell’ottava sezione, Consolazioni e divertimenti, che mettono a fuoco il desiderio di svagarsi, nonostante il pericolo e l’infuriare della guerra. Interrogatori, tribunali e processi si alternano nella nona sezione, La resa dei conti, per arrivare alla conclusione del percorso, Rinascere. Attraverso le immagini di questa decima sezione si racconta, dopo i festeggiamenti per la fine del conflitto, il difficile e contrastato inizio del dopoguerra.

Tre postazioni video propongono un’originale sintesi delle immagini esposte e mostrano il coinvolgimento di grandi registi di Hollywood (integrati nei Signal Corps) nella guerra.

Molto diverse, si diceva, le narrazioni della Liberazione dei due organi, Istituto Luce e Signal Corps, e per i punti di vista e per i campi d’azione. Fino al luglio 1943 l’Istituto Luce organizza un attrezzato “Reparto Guerra” al seguito delle truppe italiane su tutti i fronti ma, con il suo trasferimento nella Repubblica di Salò, viene a mancare una documentazione foto-cinematografica del Regno del Sud nel 1944-45, che è dunque un’esclusiva delle armate alleate. Nel repertorio di Salò, del resto, sono rimosse le persecuzioni contro gli ebrei, mentre gli scatti di arresti e fucilazioni, hanno una funzione chiaramente intimidatoria. Altro discorso – con uno sguardo sociologico ben più centrale – è per i film e le fotografie degli operatori Signal Corps che da una parte documentano il mondo popolare e la realtà desolante dell’Italia e dall’altra mostrano al pubblico oltreoceano e, progressivamente, a quello italiano un modello di efficienza e un esempio di benessere per l’Italia post-guerra. “Il dopoguerra è già cominciato” è il sottotesto che ricorre nelle foto del Signal Corps dell’Esercito USA, “e riguarderà anche l’Italia”.

A corredo della mostra, sette appuntamenti di approfondimento tra lectio magistralis, convegni, proiezioni e performance jazzistiche.

La mostra è promossa dall’assessorato capitolino alla Cultura insieme al MIBACT e all’Istituto Luce Cinecittà con il patrocinio dell’Ambasciata degli Stati Uniti d’America in Italia e dell’ Università degli Studi Roma Tre.

War is over! Museo di Roma Palazzo Braschi dal 26 settembre al 10 gennaio