Genova, costruire sul costruito. Un esempio riuscito, il complesso architettonico San Bartolomeo

Presentato alla stampa il recupero del Monastero delle Suore Domenicane, denominato Complesso di San Bartolomeo, adiacente via dei Santi Giacomo e Filippo. L’intervento risolve un problema di risanamento urbano risalente all’ultimo conflitto mondiale. L’area, infatti, colpita dai bombardamenti sull’Acquasola, datati 1942, recupera oggi una piena godibilità nel rispetto delle caratteristiche architettoniche originarie. Presenti all’evento Emanuele Piazza, assessore comunale allo Sviluppo Economico, Sara Armella, presidente San Bartolomeo Srl, Antonio Sibilla, architetto Studio Sibilla Associati e Stefano Francioli, presidente Spim Spa. Il duecentesco, diruto fino a dieci anni fa, Monastero è l’unico sopravvissuto, alle vicende storico-urbanistiche cittadine, dei tre conventi domenicani genovesi: il quattrocentesco Corpus Christi o San Silvestro di Pisa era eretto sull’area oggi occupata dalla Facoltà di Architettura e il seicentesco Spirito Santo ha lasciato spazio alla stazione ferroviaria di Piazza Principe. “Con passione e talento, attenzione e cura del passato” – ha introdotto Sara Armella – “è stato possibile il recupero della struttura destinata a usi residenziale e direzionale e la valorizzazione del tessuto urbano circostante”. Il Complesso, che si compone di 64 appartamenti, 8 uffici, 96 box sotterranei, e con cantine e posti auto esterni, è il risultato della proficua collaborazione tra Spim Genova (55%) e soggetti privati (45%), iniziata con la progettazione durata tre anni, nel 2006, e conclusa con l’odierna “fine cantiere”. “Il cantiere è stato complesso e articolato, ha impegnato maestranze specializzate in ogni sapere del costruire” – ha ricordato l’architetto Antonio Sibilla – ” Dal cemento armato alle strutture metalliche, dalle palificazioni ai restauri dei dipinti murari sotto lo sguardo attento della Sopritendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici della Liguria”. L’assessore Emanuele Piazza, legato al luogo anche da ricordi personali per la sua esperienza di lavoro in Iren (che ha, ora, dislocato gli sportelli, aperti per gli utenti, anche nei rinnovati spazi affrescati, un tempo refettorio del Monastero, a piano terra) nella sede che si affaccia sul Chiostro, una volta desolato parcheggio di moto e auto, ha auspicato che: “Questo intervento sia il primo di una serie che possa confermare, come in questo caso, la validità dello slogan ‘costruire sul costruito’ in una città con una popolazione numericamente in declino”.