Intervista a Leo Gullotta

Da un pò di tempo scorgevamo Leo Gullotta in una zona di Roma. Avevamo capito che vi abita e quel che ci aveva colpito maggiormente era il fatto che si fermasse a parlare con chiunque lo riconoscesse e glielo chiedesse. Fan di ogni età con i quali l’attore puntualmente si attardava, con semplicità, cortesia ed umiltà. Colte e carpite le sue doti umane non comuni, abbiamo deciso di farci avanti, chiedendogli un’intervista e così è stato. L’artista, di favella sciolta, possiede una personalità accattivante, una generosità umana alquanto rara, è legato ai suoi principi ed è molto diretto; dice ciò che pensa senza offendere il suo interlocutore, ma motivando le sue ragioni. Non è un animale da palcoscenico, tale affermazione lo sminuirebbe perché è lui il palcoscenico. Chi è Leo Gullotta? Un signore di 66 anni, con 50 di carriera artistica, nato a Catania in un quartiere popolare, ultimo di sei figli. Cresciuto in una città di provincia ed allevato senza privazioni in un’epoca in cui non c’era nulla. Era un ragazzino curioso la cui curiosità lo ha accompagnato fino ad oggi. Suo padre gli ha insegnato a rispettare gli altri e soprattutto la propria dignità. Chi sono i giovani oggi? L’avvento dell’ascesa al potere del Cavaliere ha causato negli ultimi venti anni gravi danni antropologici, con l’obiettivo di abbassare il gusto degli spettatori e la conseguenza di far subire un calo alla formazione degli studenti. I giovani non avvertono solo la crisi, ma una caduta di valori; per cui hanno deciso di scendere nelle piazza a manifestare. Molti di loro si sono riuniti in tante realtà come “Il popolo viola” o “Addiopizzo” perché oggi il nostro paese possa riappropriarsi del concetto di dignità, di indignazione. E’ credente? No, ma appartengo a quella schiera che si pone interrogativi e credo che ci sia qualcosa più in alto di noi, ma non so dove. Sono attento a tutto ciò che accade intorno a me. Ho risentito molto della presenza di mio padre che a Catania si è sempre battuto per i diritti civili. Non dimentichiamo che le Nazioni Unite nel 1948 firmarono la Dichiarazione Universale dei diritti umani. Ci sarebbe da porsi una domanda: siamo nel 2012 ed ancora si parla di diritti umani, perché? Forse qualcosa non ha funzionato. Cosa Le manca della Sicilia? L’odore del mare che un tempo era presente, ora si avverte più l’odore del cemento. Mi manca il sorriso che il Sud mantiene nonostante sia sempre oggetto di discussioni ad esso legate solo per interesse. Forse anche i meridionali hanno alcune colpe, hanno ceduto e demandato troppo. La vita è nostra, non degli altri, e se non lottiamo per noi facciamolo almeno per i nostri figli. La dignità non va mai offesa . La Sua esperienza al Bagaglino? La trasmissione è durata 21 anni con ascolti incredibili. Ha raccontato con grande professionalità, fattore non più comune, gli anni ’80 preannunciando in modo ironico ciò che oggi è la politica o meglio come alcuni hanno voluto che diventasse. Un ricordo di Oreste Lionello? Ne ho tanti. Era un grande artista. Quando ho doppiato Woody Allen nel film “To Rome with love” il suo spirito aleggiava nella stanza di registrazione. Un augurio a se stesso Salute! Con la salute si fanno tante cose. Un augurio all’Italia Che ritrovi quell’equilibrio, quella pace, quella serenità che merita. Proprio negli ultimi giorni il Presidente Napolitano ha sostenuto che pagare le tasse sia un principio e come chi non le paga sia indegno del nostro paese; chi fa finta di farlo, a mio parere, è ancora più indegno. Bisogna credere e sperare nell’Italia, vedere il bicchiere mezzo pieno, sebbene sappiamo che molti sono i problemi. Il mio consiglio è invitare la gente a non stare in casa dinnanzi al televisore o al pc, ma di uscire perché fuori è la realtà. Recarsi a teatro o a cinema può offrire spunti di riflessione come l’importanza della memoria che proprio in questi giorni è nelle sale cinematografiche grazie al film diretto da Marco Tullio Giordana “Romanzo di una strage” o l’occasione, specie ai giovanissimi, di conoscere meglio un passato recente come con “Diaz” di Daniele Vicari. A molti in Italia oggi conviene che non si rammentino i fatti raccontati in questi film, entrambi ben scritti e diretti. Quando abbiamo incontrato Leo Gullotta per la chiacchierata in parte qui riportata, si trovava già sul luogo dell’appuntamento. Ha chiesto come andasse e gli è stato risposto che sapevamo che con la sua intervista avremmo subito una catarsi. Forse lui all’epoca non ha inteso, se così fosse stato speriamo che oggi lo comprenda. Nella società odierna, in cui l’importante è l’apparire e non l’essere, dove la cultura e la laboriosità servono a poco e talvolta causano emarginazione, riscoprire che ci siano ancora persone come lui è proprio catartico, terapeutico. Nelle scuole, nelle piazze, negli atenei bisognerebbe che ci fossero tali personalità, che hanno tanto da dire e da trasmettere. Nel XXXIII canto del Paradiso, Dante tenta di descrivere la visione di Dio che gli appare Uno sebbene Trino. Non siamo blasfemi, non vogliamo paragonare Leo Gullotta a Dio, ma la sua essenza infonde positività e conoscenza, per cui, come diceva il Sommo Poeta, ci dispiace di non poter trasmettere ai lettori una sensazione così intensa, le parole non basterebbero. Grazie Leo!