Mileto, il sindaco Varone ricorre contro lo scioglimento per mafia

Amara la sorpresa, alla vigilia di Pasqua, per l’amministrazione comunale di Mileto: sciolto il Consiglio per infiltrazioni mafiose. Si tratta di una fredda ironia della sorte, partorita dal Governo Monti il venerdì della passione.

Vincenzo Varone, all’indomani della notizia, dentro quella stanza che ha presidiato, in questi tre anni, con dedizione e servizio, da “sindaco in esilio” come si è definito, raccogliendo le sue ultime carte per far spazio ai commissari, usa parole forti contro l’infamia che la sua gestione si sia lasciata inquinare dalla mafia. Non lasciano spazio, le sue dichiarazioni, a sofismi o interpretazioni retoriche: “La mia amministrazione non ha mai favorito e non si è fatto mai condizionare dalla criminalità organizzata. Sfidiamo chiunque a dimostrare un solo atto di questo Ente che possa essere viziato da pressioni mafiose”.

Di fronte a questa “assurda” decisione Varone, ha una sua ipotesi. “Siamo convinti che il nostro lavoro rispettoso delle regole non sia piaciuto e pertanto è stato messo in piede un meccanismo con più complicità comprese le centinaia di lettere anonime per delegittimare l’amministrazione comunale. Ma non appena avremo modo di leggere le carte capiremo da dove e per quale motivo è partita questa macchina del fango.” Mette in dubbio il lavoro portato avanti dalla commissione di accesso su richiesta dell’allora prefetto Luisa Latella che si è insediata il 31 agosto del 2011. Un dubbio che ribadisce da primo cittadino eletto con largo consenso, e quindi sente la responsabilità verso tutta la comunità di Mileto. “Sono amareggiato, deluso, ma determinato ad andare avanti. È giusto che Mileto conosca fino in fondo la verità di questa storia. Come primo passo ricorreremo al Tar non appena conosceremo le motivazioni; motivazioni che a nostro avviso sono frutto di un teorema ben congegnato”.

Emergono sentimenti contrastanti che attraversano l’uomo e il rappresentante istituzionale in un frangente molto delicato della propria storia umana e politica. La prima reazione è dettata dalla sensazione che tutto sia inutile come aveva scritto Corrado Alvaro in Ultimo diario. “La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”; sentimenti che sembrano riecheggiare e percorrere le stesse parole di Varone nel descrivere il proprio stato d’animo fiaccato, ma non rassegnato. “È un momento triste per tutti ma noi siamo sereni, convinti di aver fatto fino in fondo il nostro dovere. Mi sento deluso dal trattamento che ci ha riservato lo Stato. Mai mi sarei aspettato di dover subire un onta di questo genere. Come me tutti sono convinti che dobbiamo andare fino in fondo”.