Maroni assume le redini della Lega Nord

Umberto Bossi è stato nominato presidente della Lega, riferisce Matteo Salvini, “da un consiglio federale commosso. Nessuno ha chiesto le dimissioni di Bossi, lui è arrivato già convinto, con una scelta decisa e sofferta”. Il triumvirato composto da Roberto Calderoli, Roberto Maroni e Manuela Dal Lago guiderà la Lega Nord fino al congresso federale. E’ quanto ha spiegato il capogruppo leghista in consiglio lombardo, Stefano Galli, uscendo dalla sede del movimento. Dopo le dimissioni da segretario federale, Umberto Bossi è stato nominato presidente della Lega Nord. Il nuovo incarico di tesoriere è stato affidato invece a Stefano Stefani.

Ventitre anni. Tanto è durato il “regno” di Umberto Bossi che il 4 dicembre 1989 fonda la Lega Nord di cui è nominato Segretario federale al raduno di Pontida. In precedenza, il Senatùr aveva ricoperto il ruolo di leader della Lega Lombarda, della quale pose la “prima pietra” il 12 aprile 1984. A firmare l’atto di fondazione quel giorno c’erano Bossi, la sua compagna Manuela Marrone, Giuseppe Leoni, Marino Moroni ed Enrico Sogliano.

Esultano i sostenitori di Roberto Maroni per le dimissioni “irrevocabili” di Umberto Bossi. Si incoraggia l’ex Ministro dell’Interno ad andare “avanti con la pulizia nel partito”. Ma non mancano nemmeno toni da redde rationem. “Adesso dobbiamo iniziare la caccia all’uomo verso tutti i cerchisti annidati in ogni regione e spesso in posizione di vertice”, scrive un “barbaro sognante”, come si definiscono i maroniani. E ce n’é anche per Renzo Bossi, additato come causa di tutti i mali della Lega. “Deve fare l’unica cosa sensata, dimettersi da consigliere regionale e uscire dal consiglio regionale e dalla politica” scrive Carlo Tosi. “Al nostro movimento ha già fatto troppi danni”.

“Mi dimetto per il bene del movimento e dei militanti. La priorità è il bene della Lega e continuare la battaglia”.  Così Umberto Bossi ha presentato le dimissioni da segretario della Lega Nord. Le dimissioni, “irrevocabili”, sono state presentate al consiglio federale del movimento, riunito nel quartier generale di via Bellerio a Milano dopo l’esplosione dello scandalo sui contributi elettorali, che le ha accolte.

Dopo la diffusione della notizia dell’addio del Senatur, i militanti del Carroccio riuniti in via Bellerio a sostegno del leader sono entrati nella sede al grido di “Bossi Bossi”. Le dimissioni di Bossi arrivano dopo che dalle carte dell’inchiesta sul tesoriere della Lega Francesco Belsito, indagato per truffa, appropriazione indebita e riciclaggio, è emersa una cartella denominata “Family”.

E dalle intercettazioni al vaglio degli inquirenti emerge l’ipotesi che il Senatur abbia passato alle casse del partito denaro in nero. In una telefonata la dirigente amministrativa Nadia Dagrada e dice a Belsito. “Tu non puoi nascondere quelli che sono i costi della famiglia, cioé da qualche parte vengono fuori. Anche perché o lui, ti passa come c’era una volta tutto in nero o altrimenti come c… fai tu”. Telefonata in cui, secondo gli investigatori, “si rileva che Nadia parla chiaramente del nero che Bossi dava tempo fa al partito”. E ancora, gli investigatori ipotizzano che Renzo Bossi abbia “portato via” da via Bellerio i “faldoni” sui lavori di ristrutturazione della sua casa “per timore di controlli”. Tra i destinatari dei fondi sottratti dalle casse della Lega e utilizzati per i bisogni della famiglia Bossi ci sarebbe anche l’ex Ministro Roberto Calderoli. Gli inquirenti napoletani che hanno esaminato il materiale sequestrato parlano di documentazione contabile che attesterebbe la distrazione di alcune somme destinate alle spese dei familiari di Bossi.

A Milano nel frattempo è stato nuovamente interrogato Paolo Scala, consulente della Lega e anche lui indagato con l’accusa di appropriazione indebita. Il congresso federale della Lega Nord, in caso di dimissioni del segretario federale, deve essere convocato entro trenta giorni per eleggere il nuovo segretario. E’ quanto recita l’ultimo comma dell’articolo 14 dello Statuto della Lega Nord. Lo stesso articolo prevede che a guidare il movimento fino al nuovo segretario è un “commissario federale ad acta”.