L’ostaggio ucciso in Nigeria e le incertezze italiane

Immediatamente dopo l’arresto in India dei due Fucileri di Marina, sono state espresse perplessità sulla gestione degli eventi. Dubbi e domande che ancora non hanno avuto risposta forse perché si dovrebbero ammettere punti di criticità. Solo un improvviso giudizio negativo del Ministro Terzi sulla decisone del Comandante della petroliera italiana di rientrare in acque territoriali indiane. Errore che peraltro non si comprende se sia stato condiviso solo con l’armatore o anche con altri a livello istituzionale.

La preoccupante vicenda che sta coinvolgendo i nostri militari in India, è stata improvvisamente oscurata da una notizia tremenda ed inaspettata, l’uccisione dell’ingegnere Franco Lamolinara tenuto in ostaggio da mesi in Nigeria. Due episodi differenti solo apparentemente, in quanto ambedue in parte riconducibili ad incertezze italiane.

Come noto, il nostro connazionale Lamolinara è stato ucciso nel corso di un intervento delle Forze Speciali nigeriane affiancate da qualche decina di Teste di Cuoio britanniche. Un’azione durata circa due ore, quasi una battaglia e sicuramente non un blitz.

Immediata la reazione politica italiana. Tutti concordi nel pretendere spiegazioni del Regno Unito sui motivi per cui l’Italia non fosse stata avvertita prima dell’intervento, come prevedono, in casi del genere, il diritto e la consuetudine internazionale.

Altrettanto pronta la risposta ufficiale della Gran Bretagna, con pronunciamenti anche discordanti fra loro. Qualcuno pronto ad affermare che Roma era a conoscenza dell’intenzione interventista inglese, altri che ammettevano che l’Italia fosse stata informata ad operazione iniziata.

Polemiche dialettiche che non chiariscono la vicenda, ma contribuiscono a creare confusione su situazioni gravi che stanno coinvolgendo cittadini italiani e che hanno una ricaduta sicuramente non positiva sull’immagine dell’Italia nel mondo.

In Nigeria, è accaduto qualcosa di non chiaro. Lamentare una tardiva o assente informazione da parte degli inglesi sull’intervento armato sembra quasi l’ammissione che dal maggio 2011, momento del sequestro, le strutture di intelligence e diplomatiche nazionali in Nigeria sono state “britannico dipendenti”. Non disponevano di un proprio network informativo di riferimento strutturato e che consentisse loro di acquisire costantemente notizie utili per gestire la sorte del rapito in mano ai sequestratori e sapere in tempo che si stava preparando un “blitz” in cui sarebbe stato coinvolto un cittadino italiano.

Congetture in parte smentite, invece, dalle notizie pubblicate dai media nazionali ed internazionali, in cui vengono descritti contatti in corso fin dai primi giorni successivi al rapimento, maturati nel tempo fino a consolidare un link comunicativo strutturato con la famiglia dei rapiti, attraverso il quale rapitori nigeriani vicini ad Al Qaeda avrebbero fatto arrivare precise richieste di riscatto. Contatti che non avrebbero comunque coinvolto i Governi dei Paesi di appartenenza degli ostaggi, circostanza questultima che se veritiera lascia molto perplessi perché induce a pensare ad un mancato costante monitoraggio della vicenda da parte dell’intelligence italiana ed inglese.

Ieri, un importante quotidiano nazionale riporta una notizia che smentirebbe, invece, l’estraneità istituzionale dal legame fra rapitori e famigliari dell’ostaggio italiano. Sembra, infatti, che pochi giorni prima dell’attacco la Farnesina abbia informato la moglie dell’ingegnere Lamolinara dell’esistenza di un video in cui compariva il marito.

Filmato che la signora ed i figli hanno visto e che sicuramente è arrivato in Italia dalla Nigeria attraverso i canali diplomatici e/o di intelligence. Un particolare che indicherebbe la presenza di una catena informativa nazionale attiva ad Abuja, talmente importante da essere in grado di far arrivare emissari italiani in contatto con i rapinatori, ma non in grado di penetrare la riservatezza nigeriana sicuramente tuttaltro che impermeabile, acquisendo direttamente sul posto informazioni su quanto si stava preparando per tentare di liberare gli ostaggi.

Il dubbio, quindi, che, probabilmente, è venuta a mancare la fiducia reciproca fra chi gestiva il problema, in particolare tra gli italiani propensi ad una mediazione e gli inglesi assolutamente contrari a trattare con terroristi.

Molte, quindi, le incertezze su come sia stata affrontata a livello nazionale l’intera vicenda. Perplessità che si sommano ai dubbi emersi sulla gestione della vicenda dei due Fucilieri di Marina prigionieri in India, alle notizie contrastanti seguite da assoluto silenzio sulla sorte della cooperante Urru e degli altri 6 italiani ancora nelle mani di rapitori o pirati.

E’ doveroso, quindi, dipanare qualsiasi dubbio accettando anche un contraddittorio critico, per non lasciare aperte le porte a qualsiasi congettura indotta solo dalle possibili interpretazioni dei fatti.

Quanto accaduto e le conseguenze negative dovrebbero rappresentare “lessons learned” su cui riflettere e confrontarsi. Solo in questo modo, in futuro, si potrà garantire a tutti gli italiani che operano nel mondo, civili o militari che siano, la certezza che nei loro confronti sia sempre assicurato il rispetto dei diritti universali dell’uomo e l’applicazione del Diritto internazionale.

Garanzie che potranno essere tali solo quando l’Italia consoliderà la sua politica internazionale dimostrando incisività e determinazione con altri Stati nelle vicende che possono coinvolgere nostri connazionali.