Isola Capo Rizzuto ricorda il Beato Rosmini con la Festa della Cella

Da ieri, 20 febbraio, e fino a domenica 26 la comunità rosminiana di Isola Capo Rizzuto celebra il suo Beato Rosmini con la “Festa della Cella2012”. Tanto per  ricordare quel 20 febbraio del 1828, giorno in cui Antonio Rosmini giungeva al Sacro Monte di Domodossola dove intendeva comprendere meglio e dare avvio a ciò che gli chiedeva Dio. In quei giorni scrisse le “Costituzioni dell’Istituto della Carità” che davano l’incipit a quell’esperienza religiosa che divenne, col tempo, l’Istituto della Carità dei Padri Rosminiani e successivamente le Suore della Provvidenza.

Ma chi era Antonio Rosmini?

Sacerdote, scrittore, patriota, teorico del federalismo, molto vicino a diventare cardinale e quindi segretario di stato di Pio IX e successivamente autore di numerose pubblicazioni politiche, pedagogiche e teologiche che, però, furono messe all’ “indice” dalla Chiesa di allora e segnatamente i due scritti Le cinque piaghe della santa Chiesa e Costituzione secondo giustizia. Oggi, si può dire, completamente riabilitato, tant’è, che nell’ambito delle celebrazioni per il bicentenario della sua nascita (1797 – 1997),  è stato solennemente ricordato e commemorato dallo Stato e dalla Chiesa, dal Presidente della Repubblica Scalfaro  e i presidenti di Camera e Senato Violante e Mancino, e dal presidente del Pontificio Consiglio perla Cultura, cardinale Paul Poupard.

Vien da sè che Rosmini oggi torni alla ribalta per la sua scelta di campo, la scelta del federalismo. Nacque a Rovereto nel 1797 e, dopo le tante traversie di seguito ricordate e dopo aver fondato l’Ordine religioso che prende il suo nome, si ritirò a Stresa dove finì i suoi giorni nel 1856. Come disse allora Mancino, fu “una sorta di profeta a rischio, un pensatore scomodo fino all’eterodossia” insomma “personalità discussa, ora sul punto di diventare principale collaboratore del Papa ed in breve tempo isolato sul piano umano e intellettuale.” E già perché proponeva, a dire degli altri, qualche stranezza. Insomma  Rosmini, all’unità d’Italia, per così dire all’acqua di rose, propugnava con chiarezza l’alternativa federalista di una “unità politica dell’intera penisola” accogliendo insieme le diversità  o meglio le disparità delle condizioni degli Stati (oggi Regioni) componenti.

Scriveva il sacerdote:” Non trattasi di organizzare un’Italia immaginaria ma l’Italia  reale, con la sua schiena d’Appennino nel mezzo, con le sue maremme, colla sua figura di stivale, colla varietà delle sue stirpi non fuse ancora in una sola, colle differenze dei suoi climi, delle sue consuetudini, delle sue educazioni, dei suoi governi, dei suoi cento dialetti, fedeli rappresentanti della nostra condizione”. E stante così le cose, scrive Fabio Negro:” Il federalismo sognato da Rosmini , come quello più tardo di Cattaneo, non è un nemico dell’unità d’Italia, ma il mezzo più rapido e indolore, quando la penisola è ancora divisa in una dozzina di stati, per farne un’unità politica senza obbligare i sovrani …a rinunciare ai troni..” Beh, se non lo si è capito, siamo ben lontani dal federalismo che viene da certa parte d’ Italia, oggi; anzi il federalismo rosminiano serviva a fare l’Italia, non a disfarla. Nel contempo, il nostro sacerdote federalista pensava anche al rinnovamento della Chiesa, allora, denunciando le sue cinque piaghe:la separazione fra clero e popolo, la mancanza di cultura fra sacerdoti, la disunione fra vescovi,i vescovi nominati dal potere laico, le ricchezze sconsiderate di certa parte del clero(altro che povertà evangelica!).

 Di sicuro, oggi vi è ben poco da discutere su queste piaghe, perché superate e qualcos’altro è discutibile.  Ma per il buon Rosmini, allora non furon giorni tranquilli. E però, il mondo gira. Nella citata circostanza delle celebrazioni del bicentenario, il cardinale Poupard auspicava” una nuova rilettura del pensiero rosminiano, a cui oggi la cultura cattolica italiana e la cultura italiana in genere, possono dare un notevole contributo”; ed ancora un Rosmini che “ha anticipato i tempi” e riscoperto dal Concilio Vaticano II. E come scrisse Francesco Grisi: “ …è una guida necessaria e una bandiera vincente. Gli altri fanno molto rumore per nulla, giocano con un potere che può dare anche clamore e notorietà ma che ormai è sconfitto. Dopo anni di clandestinità Rosmini è il vincente che potrà aiutare l’Italia verso il domani”.