Turoldo, il frate poeta a vent’anni dalla morte

Il 6 febbraio 1992, giusto son passati vent’anni, è scomparso l’ultimo grande “frate poeta”, P. Davide Maria Turoldo. Ho ripreso tra le mani l’unico, ahimè, suo libro, “Il sesto angelo” della Mondatori con profonda e coinvolgente introduzione di Angelo Romanò. Ho iniziato a leggere la prima lirica Ballata della speranza e mi son fermato particolarmente su questi versi: “ Lui solo sperassimo; / oh se sperassimo tutti insieme / con tutte le cose / sperassimo Lui solamente / desiderio dell’intera creazione; / e sperassimo con tutti i disperati / con tutti i carcerati / come i minatori quando escono / dalle viscere della terra, / sperassimo con la forza cieca / del morente che non vuol morire, /…se sperassimo come l’amante / che ha l’amore lontano / e tutti sperassimo, ad un punto solo…”.

“Ad un punto solo”: c’è tanto da pensare, da riflettere, diversi pensieri, diverse interpretazioni, tanti modi di capire si accavallano e alla fine non si può non comprendere che qualsiasi dramma, qualsiasi sventura capiti sulla terra deve essere ricondotto alla grande speranza che è solo il nostro buon Dio. Ed oggi la nostra strada, la nostra casa, il nostro luogo di lavoro, il nostro stadio sono pieni di drammi; ne siamo coinvolti e non sappiamo come uscirne perché sicuramente ci manca la speranza, quella di sperare in Lui. E questa speranza ognuno di noi la può tradurre, la può esplicitare anche in poesia, come quella del Turoldo, perché la poesia non è tema letterario, non è esule dalla vita, è essa stessa vita e siccome la vita è fede, la poesia è preghiera.

E noi tutti possiamo pregare e poetare come P. Turoldo che, come scrive Biagio Belfiore, “cantò essenzialmente l’amore verso Dio, visto attraverso l’uomo, le sue vicende, le sue perplessità, le amarezze, la speranza. Soprattutto la speranza che esprime l’ossigeno vero dell’esistenza che do forza e coraggio specie nelle traversie della vita, che è anche ottimismo”.

P. Davide Maria Turoldo, nato nel 1916 nel Friuli e ordinato sacerdote nel1940, hacollaborato con don Zeno Saltini nella famosa Comunità di Nomadelfia; ha fondatola Corsiadei Servi, Centro di Cultura dei Serviti di San Carlo a Milano. Dagli anni ’70 ha diretto il Centro Studi Ecumenici a Sotto il Monte (Bergamo), nella terra del “mio papa più vero, Giovanni XXIII” dove “ha trovato la pace e la soddisfazione, non smette di registrare dentro di sè molti  e grandi dolori”. Dal dopoguerra e fino agli ultimi giorni di vita ha pubblicato numerose opere di carattere religioso, di tema civile e di poesia. Da tutta la sua opera civile e letteraria emerge la figura di un autentico cristiano povero non aristocratico perché aveva conosciuto le privazioni di una numerosa famiglia di contadini, un difensore dei deboli ma soprattutto ricco della Speranza. La morte ci ha privato di tanta ricchezza!