Concordia il nuovo Titanic, esame della scatola nera

Un encomio va agli uomini che si stanno adoperando nei soccorsi ai naufraghi e nelle ricerche ai dispersi della sciagura del Giglio. Grande merito va riconosciuto ai  I vigili del Fuoco, che hanno lavorato tutta la notte alla ricerca dei dispersi della Concordia, la nave Costa naufragata venerdì notte ed hanno trovato a bordo il cadavere di un uomo. Si tratta della sesta vittima accertata del naufragio, il cui corpo era nel secondo ponte, in una parte non invasa dall’acqua. Secondo le prime informazioni, aveva il giubbotto salvagente, ed era un passeggero.

L’inchiesta va avanti, partendo dalla “scatola nera” della Costa Concordia. Al vaglio rotta seguita, comandi impartiti dal comandante dopo l’impatto con gli scogli, comunicazioni con la Capitaneria di Porto e con i soccorritori. Entro un paio di giorni, il dispositivo avrà svelato la sua verità tecnica, oggettiva, agli specialisti della Guardia Costiera, che svolgono le indagini insieme con i Carabinieri, sotto il coordinamento della Procura di Grosseto, che stanno elaborando una relazione determinante per il proseguimento dell’inchiesta.

È un’attività basata su precisi calcoli matematici che secondo il Procuratore capo di Grosseto, Francesco Verusio, starebbe già determinando che tra l’allarme per una falla dato alle ore 21:45 e la prima comunicazione alle autorità marittime dell’incidente sarebbe trascorsa circa un’ora. Il secondo orario corrisponderebbe alle ore 22:43. Nella “scatola nera” si cerca anche il “mayday”, la richiesta internazionale di soccorso, che forse non è mai stata lanciata dalla Concordia alle Capitanerie. “La nave è arrivata a 150 metri dalla riva, vicinissima – ha detto Verusio – e in un punto dove il fondale è basso e scoglioso. Vedremo che rotta ha seguito il comandante della nave e faremo anche riscontri satellitari sulla posizione”.

Quanto alla “scatola nera”, il procuratore ha spiegato che “sarà importante per conoscere i comandi dati dal capitano e le comunicazioni con la Capitaneria di Livorno”, comunicazioni che forse non sono mai partite dalla nave, ma che, stranamente viceversa, ci sono state per iniziativa dell’autorità marittima, avvisata da alcuni parenti dei passeggeri. C’è da accertare se il comandante Schettino abbia davvero voluto, e perché, eseguire un “inchino”,  in gergo marinaresco, il saluto con la sirena ai porti da distanza ravvicinata, all’isola del Giglio, tanto da rischiare di fare “sfracellare” sugli scogli, come è successo, una nave da 117 mila tonnellate di stazza e lunga 300 metri. Francesco Schettino è stato fermato per un concreto pericolo di fuga e per il possibile inquinamento delle prove: è in carcere a Grosseto, e aspetta l’udienza di convalida del Gip – forse domani – dove per la prima volta potrà spiegare come ha agito davanti a un giudice.

Le indagini proseguono con la verbalizzazione delle testimonianze di soccorritori, crocieristi, membri dell’equipaggio, sentiti “in serie” in caserme di Carabinieri e Capitanerie della Maremma. Decisiva potrà essere quella degli uomini della Guardia Costiera che dalla divisa e dai gradi hanno individuato Schettino a riva molte ore prima che si concludesse l’evacuazione della Concordia, proprio mentre migliaia di persone erano ancora a bordo, prigioniere di una fuga infernale. Invitato a risalire sulla Concordia, il comandante non avrebbe obbedito all’ordine delle autorità. L’accusa di abbandono della nave con morti a bordo gli può costare sino a una dozzina di anni di carcere, senza contare quelli che gli saranno contestati per omicidio plurimo colposo e naufragio. Un conto pesante, riverberato dai dati aggiornati oggi: 6 morti e ancora 16 presunti dispersi, oltre 4200 naufraghi, un potenziale rischio ambientale, un danno immenso alla tradizione marinara italiana.