Italia crisi della cultura dell’accoglienza

Da più parti, ormai da troppo tempo, si parla di “immigrazione ed integrazione scolastica – problemi e prospettive”. Sicuramente il tema è molto attuale e ciò deriva anche dalla constatazione che ormai nel nostro Paese vi è una non trascurabile presenza di stranieri comunitari e non e dalla considerazione della inadeguatezza della nostra scuola al progetto dell’integrazione.

La problematicità della soluzione è aggravata dalla crisi della cultura dell’accoglienza in un momento in cui si registrano rigurgiti di marcato individualismo e razzismo. Non dobbiamo inoltre nasconderci le difficoltà che troviamo nelle esigue risorse degli Enti locali, oltre che in una limitata volontà politica per soluzioni civilmente adeguate, nel basso grado di maturazione culturale della gente. Sono segnali negativi quelli riportati dalla cronaca che ci dice di ripetute aggressioni ad extracomunitari e da questi alle genti ospitanti, dello sfruttamento selvaggio degli stranieri di colore come avviene nelle nostre contrade dove ormai si ripete il tanto famigerato caporalato.

Questi fatti ci inducono ulteriormente a riflettere sulla drammaticità delle condizioni degli immigrati. Il movimento migratorio nel mondo presenta uno scenario alquanto preoccupante in un contesto di difficilissima possibilità di gestione politica: sul piano mondiale stanno registrandosi gli spazi per quelle prospettive di popolamento o di lavoro che nel passato favorivano le migrazioni.

Per altro verso, gli esiti problematici del nuovo assetto europeo a seguito del terremoto dei Paesi dell’est, hanno visto incrementare, con i conflitti delle varie etnie, con i nuovi assetti politico-geografici, migrazioni di massa dagli aspetti drammatici.

Nonostante i reiterati sbarramenti da parte dei paesi industrializzati, rimane forte la propensione all’esodo determinato da tanti fattori. Alcuni di questi sono riferibili ad insignificanti processi economico – sociali del terzo mondo, alle ricorrenti guerre e ai conflitti etnici oltre che al degrado ambientale alla mancanza di risorse nutrizionali. In questa situazione nessuno di noi  può ritenersi estraneo ed insensibile alla questione. Essa sta esplodendo nella sua drammaticità e perciò richiede un ripensamento dei nostri orizzonti culturali. Occorre provocare un’esplosione di carità che faccia superare la pratica di una pur nobile assistenza. Insomma è invocata quella che viene definita la “pedagogia della carità”. Così si favorisce la convivenza democratica con un forte supplemento di solidarietà umana, premessa indispensabile al reperimento di strumenti adeguati dei accoglienza e antefatto per un progetto di inserimento sociale.

L’integrazione scolastica diventa strategia fondamentale dell’accoglienza e va affrontata con le migliori intenzioni. Gli studi sociologici e pedagogici più avanzati dicono che il miglior atteggiamento possibile di una comunità ospitante non è solo riconoscimento del diritto alla presenza e alla salvaguardia di più culture ma soprattutto su quello che tende a valorizzarle. Se è pur vero che il concetto della difesa della multiculturalità di per sé esclude il conflitto, garantendo la non aggressione da parte della cultura indigena, è vero anche che esso poggia su un atteggiamento di tolleranza che non basta più. Dobbiamo perciò pensare ad un’educazione interculturale che, non rinunciando a rafforzare il senso di appartenenza e la consapevolezza delle radici, sviluppi la capacità degli individui a trovare valori comuni per un progetto di una nuova frontiera dell’umana convivenza. Essa è un necessario antidoto ai rigurgiti di localismi, di neocolonialismi culturali e di razzismo.

Alla luce di queste motivazioni il Consiglio nazionale del Miur, negli anni scorsi, ha approvato un documento importante e ricco di spunti sull’ “educazione interculturale”. Tale documento merita ancora di essere letto anche per individuare spazi di impegno in chiave associativa e perché suggerisce strade da percorrere. Ritorna alla ribalta l’esigenza dell’aggiornamento della scuola ed atri riferimenti che servono a convincerci del valore strategico che deve assumere l’educazione interculturale in una società multiculturale.

Insomma la richiamata “pedagogia della carità” è la strada da percorrere perché tra culture diverse si avvii sistematicamente una comunicazione aperta e capace di instaurare condizioni per una fruttuosa convivenza democratica, basata su una reciproca conoscenza e proiettata sull’obiettivo della valorizzazione e dell’utile intreccio delle varie culture.