Il calvario dell’imprenditore vibonese Domenico Russo

Estorsione e violenza privata, tutte aggravate dal metodo mafioso. Sono i reati contestati nell’operazione “Nasty embassy” che ha portato in carcere cinque presunti esponenti del clan Lo Bianco di Vibo Valentia. Nell’inchiesta sono finiti Andrea Mantella (in foto), 39 anni, al cognato Francesco Scrugli, 41 anni, ed a Salvatore Morelli, 28 anni, tutti vibonesi. Secondo l’accusa, Morelli e Scrugli avrebbero contattato il rivenditore di autoveicoli Domenico Russo, ordinandogli di recarsi nella clinica “Villa Verde” di Donnici, dove nella primavera 2010 si trovava agli arresti Andrea Mantella, per consegnare un’imprecisata somma di denaro a titolo di estorsione. Al solo Andrea Mantella viene poi contestata un’estorsione per la mancata corresponsione a Russo della rimanente somma di 10 mila euro a seguito dell’acquisto di una Bmw 535 da parte di Raffaella Mantella, sorella di Andrea, e di una Mercedes classe A da parte di Santina La Grotteria, ex compagna di Mantella.

Per Francesco Pardea, 25 anni, di Vibo Valentia, l’ipotesi di estorsione aggravata dal metodo mafioso fa invece riferimento all’aver “costretto l’imprenditore Domenico Russo a rinunciare al credito di circa 6 mila euro a fronte dell’acquisto di una Bmw station wagon”, mentre nei confronti di Salvatore Morelli lo stesso imprenditore avrebbe rinunciato al credito di circa 3 mila euro a fronte della vendita di una Bmw 330 berlina. Vincenzo Mantella, 25 anni, cugino di Andrea, e Salvatore Morelli devono poi rispondere di violenza privata, aggravata dal metodo mafioso, per aver richiesto all’imprenditore “un ponteggio di sua proprietà al fine di utilizzarlo per le affissioni pubblicitarie della “PubliserviceSud”, società riconducibile agli stessi indagati, utilizzando il ponteggio per affiggere cartelloni pubblicitari della “Ceravolo Auto”, ditta concorrente rispetto a quella di Russo”. Cartellone che sarebbe stato affisso su un immobile dello stesso Russo che “per effetto del danno richiedeva a Morelli e Mantella di rimuoverlo”. I due indagati avrebbero però ignorato le richieste di Russo – per intascare, stando alle intercettazioni, 2 mila euro da Ceravolo per la pubblicità – costringendolo a tollerare la situazione.

Preziose per le indagini si sono rivelate le dichiarazioni del collaboratore Samuele Lo Vato, braccio destro del boss di Cassano Tonino Forastefano (pure lui ora pentito), che con Andrea Mantella ha condiviso un periodo di detenzione a “Villa Verde”, dove i due avrebbero compiuto riti di affiliazione alla ‘ndrangheta con tanto di santini bruciati, concordando poi l’acquisto di cocaina da persone di Castellammare di Stabia. Nella clinica, Mantella avrebbe confessato a Lo Vato di aver ricevuto nel 2000 il grado ‘ndranghetistico del “Vangelo” e, quindi, avrebbe messo al corrente il cosentino dei suoi rapporti con l’imprenditore Domenico Russo.

Stando all’inchiesta, Andrea Mantella per sottrarre una Bmw X5 presa in leasing da Russo dai beni che la Finanza avrebbe dovuto sequestrargli il 6 marzo 2010, ne aveva denunciato il furto. Ad incaricarsi della denuncia sarebbe stato Francesco Macrì, qualificatosi come cugino di Mantella che aveva in uso l’auto. Dopo la denuncia, lo stesso Mantella si sarebbe così ripresentato da Russo per ottenere un bonus di 20 mila euro previsto nel caso di acquisto di un’auto dello stesso tipo. Secondo il pentito Lo Vato, la Bmw di cui era stato denunciato il furto era stata invece consegnata ad un rivenditore di pezzi di ricambio che aveva dato ad Andrea Mantella 10 mila euro in contanti e poi un assegno dello stesso importo. A rendere ancor più pesante il “clima” sarebbe stata la costante presenza nell’autosalone di Francesco Scrugli “il quale – scrive il gip Tiziana Macrì – non solo non provvede a saldare le somme delle auto già acquistate, ma accompagna amici nella concessionaria, ne contratta e decide il prezzo con un dipendente di Russo”.

Sarebbe questo il caso, secondo gli inquirenti, di Michele Silvano Mazzeo, 40 anni, di Mileto, “con precedenti per tentata estorsione, lesioni, armi e stupefacenti”, imputato nel processo “Genesi” e che, grazie all’intercessione di Scrugli, ha acquistato dalla concessionaria di Russo una 500 Abarth per la moglie. Che la situazione era però divenuta ormai insostenibile, secondo la ricostruzione del gip, lo prova una telefonata intercettata in cui l’imprenditore, stanco di subire, si sarebbe sfogato col suo dipendente, Giampaolo Russo, dicendo: “Qua vendiamo sempre e non prendiamo mai una lira, sempre permute e soldi che avanziamo e sempre col muso nella merda siamo…”.