Letta fa un passo indietro ed è pronta la squadra di Monti

“Non voglio costituire un problema, faccio un passo indietro”. Parole di Gianni Letta che decide di dare il via libera ad un governo Monti che non preveda la sua presenza. E quindi ora la strada per Mario Monti è in discesa. Avrà il sostegno di quasi tutte le forze parlamentari tranne la Lega Nord, che ha ribadito di non essere favorevole a governi diversi da quelli indicati dalle urne.

Saranno dodici ministri tecnici a comporre la squadra del nuovo Premier. Ridotti al minimo i sottosegretari all’insegno dell’austerità che dovrà contraddistinguere il “commissario” Monti.

Per via XX settembre resta l’incertezza tra l’interim dello stesso Monti e l’incarico a Guido Tabellini, docente di economia alla Bocconi ormai dal 1994. Dal mondo dei docenti potrebbe arrivare anche il nuovo ministro del Welfare, un altro economista, ma stavolta della Cattolica, Carlo Dell’Aringa. Mentre per le Infrastrutture è probabile la scelta dell’attuale presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà, il cui nome però viene dato per probabile anche per un sottosegretariato a palazzo Chigi.

Sempre meno probabile appare il coinvolgimento ministeriale di Federico Saccomanni che, nel caso, lascerebbe Bankitalia per lo Sviluppo economico. Ugualmente fuori dai possibili incarichi, almeno stando alle ultime indiscrezioni, sarebbe pure Lorenzo Bini Smaghi, che ha sì lasciato il board della Bce, ma per un incarico all’università di Harvard, e non per un posto nel governo, come tutti invece avevano ipotizzato.

Esteri, ecco il vero rompicapo. Non è ancora sfumata la possibilità che Giuliano Amato, ex premier ed ex titolare dell’Interno con Prodi, si aggiudichi la Farnesina. Che però potrebbe, per la prima volta nella sua storia, veder transitare nella stanza del ministro l’attuale segretario generale Giampiero Massolo. Per Amato pare del tutto tramontata la via del Viminale che ieri sera vedeva in pole position Carlo Mosca, ex prefetto di Roma ed ex capo di gabinetto, sempre all’Interno, di Beppe Pisanu. L’ipotesi che torni al dicastero lo stesso Pisanu circola già da due giorni, ma non appare fondata, come quella che arrivi il democratico Marco Minniti, anche lui un ex del Viminale, ma in qualità di sottosegretario all’epoca di Prodi.

Un vero nodo è quello del ministero della Giustizia. Dove, più che in altri settori, il Pd chiede che si dia il segno della massima discontinuità dopo una lunga stagione di leggi ad personam. Quattro nomi, con le maggiori chance di riuscita per il primo. E cioè Cesare Mirabelli, ex presidente della Corte costituzionale, ma anche ex vice presidente del Csm. Altri due emeriti della Consulta – Piero Alberto Capotosti e Ugo De Siervo – potrebbero concorrere a via Arenula. La quarta alternativa è quella di Carlo Nordio, magistrato inquirente a Venezia, che però veniva accreditato già tra i possibili aspiranti alla stessa poltrona a luglio scorso, quando al posto dell’ex Guardasigilli Angelino Alfano è andato Francesco Nitto Palma.

Ha grandi possibilità di riuscita, come successore di Ignazio La Russa, l’ex comandante generale della Guardia di Finanza Rolando Mosca Moschini. Oggi è consigliere militare di Napolitano, a Bruxelles ha fatto parte del comando militare dell’Unione europea. Sarebbe la prima volta di un ex generale, ora prefetto, in via XX settembre.

Definitiva sarebbe anche la scelta del notissimo oncologo e fondatore dell’Ieo, l’istituto europeo di oncologia, Umberto Veronesi, che ha rivestito la stessa carica con Amato dieci anni fa. Per la Pubblica istruzione ancora una figura che proviene dall’università Cattolica, addirittura il rettore Lorenzo Ornaghi. Mentre l’archeologo Salvatore Settis potrebbe conquistare la poltrona dei beni culturali. E siamo al nodo della vice presidenza di palazzo Chigi e dei possibili sottosegretari. Sempre più certa la soluzione di uno stretto collaboratore di Monti, Enzo Moavero, che con lui è stato capo di gabinetto a Bruxelles. Ma dopo il passo di Gianni Letta e il suo definitivo addio il quadro degli assetti per questa casella potrebbe cambiare completamente ed essere decisa all’ultimo momento, quando l’intero quadro del governo Monti sarà definitiva.