Sesto Censimento agricolo, scarsa attenzione al comparto agromeccanico

Lo scorso anno, nel mese di ottobre, partiva ufficialmente il sesto Censimento nazionale dell’agricoltura, appuntamento con cadenza decennale deputato a fotografare la situazione dell’agricoltura italiana nel suo percorso di crescita e ammodernamento. Da diverse settimane è in corso di elaborazione la grande massa di dati raccolta nei mesi scorsi e sono stati resi noti i primi dati provvisori sullo stato attuale del settore primario in Italia e nelle singole regioni. A questo proposito ABIA – associazione provinciale dei contoterzisti agrari aderente a Confai – ha evidenziato la scarsa attenzione che le note ufficiali sulle prime risultanze del Censimento hanno riservato al comparto agromeccanico. “Non possiamo non rilevare il sostanziale disinteresse dimostrato finora per il comparto delle imprese che forniscono servizi di coltivazione in conto terzi – esordisce Leonardo Bolis, presidente provinciale e nazionale di Confai –. Per la nostra associazione ciò è motivo di rammarico, in quanto si omette di far luce su un fenomeno che è alla base della moderna agricoltura professionale”. Come è noto, l’agricoltura è un settore sempre più in outsourcing: cresce infatti il numero delle aziende agricole che affidano ad imprese agromeccaniche diverse fasi della lavorazione dei terreni per esigenze di razionalizzazione del lavoro e dei costi di produzione. “Nella Bergamasca, nel corso del 2010 – sottolinea il direttore di ABIA, Enzo Cattaneo –  la quasi totalità delle aziende agricole operanti nelle filiere principali ha scelto di “terziarizzare” una o più operazioni sul campo. I contoterzisti bergamaschi effettuano ormai il 97% della raccolta di soia e cereali e oltre il 70 % delle altre lavorazioni in campo nelle aree di pianura, configurando un servizio oggi insostituibile per l’intero settore agricolo e agroalimentare della nostra provincia”. Purtroppo, però – sottolinea ABIA –  a fronte di un’indiscussa affermazione sotto il profilo professionale, le imprese agromeccaniche continuano ad essere sostanzialmente poco riconosciute dalle istituzioni come fenomeno sociale, così come sono di fatto ignorate nelle varie misure di una legislazione di vantaggio che pare essere riservata soltanto alle altre aziende produttive del settore primario. Per ABIA, al contrario, i contoterzisti agrari saranno protagonisti proprio di quel processo di concentrazione e razionalizzazione dell’agricoltura italiana che l’Istat segnala come fondamentale tendenza in atto nel Paese e, in particolare, in regioni ad alto tasso di sviluppo quale la Lombardia. “Con ogni probabilità – osserva Bolis – la figura dell’imprenditore agromeccanico è da considerarsi la più simile e rispondente a quella dell’imprenditore agricolo così come lo conosceremo tra meno di un decennio. Parlo di imprese – che le chiamiamo agricole o agromeccaniche, a questo punto poco importa – interpreti di una vera multifunzionalità agraria e in grado di esprimere una serie di valori quali la diversificazione dell’attività agricola, la propensione all’innovazione e una mentalità orientata al mercato”. Per ABIA, del resto, l’agricoltura in outsourcing ha già generato una nuova tipologia di azienda agricola: si tratta di quelle grandi aggregazioni di terreni e di produzioni che ruotano attorno ad ognuna delle aziende agromeccaniche professionali. “Ogni impresa agromeccanica – conclude Bolis – lavora generalmente grandi superfici, spesso contigue, che vanno da 250 ad oltre 1000 ettari, giungendo in alcuni casi perfino alle ragguardevoli dimensioni di 2000/2500 ettari. Tali estensioni sono coltivate da ognuno dei nostri agromeccanici applicando economie di scala, dosando in maniera oculata i fattori di produzione e suggerendo sinergie d’affari tra i clienti-agricoltori, quasi come se questi appezzamenti fossero parte di un’unica realtà aziendale”.