Gioia Tauro, Porto cassa integrazione sofferta effetti negative sulle altre aziende

La cassa integrazione per un anno al Porto di Gioia Tauro è realtà in queste ore dopo una lunga e tormentata vertenza che è passata anche da un referendum tra i portuali che ha contribuito a rendere tesi i rapporti fra gli stessi addetti dell’ex Porto del Mediterraneo. La crisi è solo all’inizio. Da capire quali saranno gli sbocchi futuri fra dodici mesi per i quasi 500 in cassa integrazione straordinaria e quali le prospettive per l’altra metà della forza lavoro e dello scalo calabrese nel suo complesso. Molto dipenderà dalle strategie politico economiche sia del governo nazionale che degli armatori su scala internazionale. A tal proposito nella giornata di martedì il governatore calabrese Peppe Scopelliti è a Ginevra per incontrare i vertici del gruppo Aponte da cui si attende un impegno per lo sviluppo della logistica e per un più ampio e ragionato sistema di collaborazione con la Regione. Tornano alla cassa integrazione, il regime comporta per i dipendenti una decurtazione vistosa dello stipendio, integrati con risorse regionali per circa 240 euro che prevedono anche la possibilità di formazione, oltre alla mancata concessione dei buoni pasto. Gioia Tauro ha adesso urgente bisogno di clienti. Solo questi potranno risollevare le sorti di uno scalo destinato ad attestarsi sui 2 milioni di teu e che quindi, perderebbe quel ruolo di leader nel transhipment. E questi clienti potrebbero arrivare, sì perché, secondo lo studio dei traffici operato dal gruppo Contship Italia che controlla la Mct Gioia Tauro nel 2011 ha registrato un +6% (adesso con l’addio di Maersk però occorrerà una variazione). Al contrario il Porto di Cagliari, gestito sempre dal gruppo di Cecilia Battistello è in perdita. Lì c’è una compagnia che era interessata a Gioia Tauro: la Grand Allianz. Il tavolo romano sul futuro commerciale del Porto (pare slittato a settembre), gli impegni del presidente della Regione Giuseppe Scopelliti con l’Apq, potrebbero dire la loro, ma lo dovranno fare a breve perché in Calabria già c’è una cassa integrazione dura e complicata a digerire. Intanto a cascata gli effetti si risentono su tutte le aziende portuali. Da oggi anche la Ico Blg Italia, la società che nel porto si occupa della movimentazione di auotomobili, entra in cassa integrazione ordinaria. La crisi è solo iniziata. Gli effetti si faranno sentire pesanti a settembre quando nelle piccole aziende, dove non si possono applicare ammortizzatori sociali, il rischio concreto sono i licenziamenti. Più che continuare ad illudersi sul Porto sarebbe opportuno individuare nuove formule di investimento ed occupazione magari nel settore infrastrutture tecnologiche. Perché non avviare a Gioia Tauro un Polo dell’innovazione? E’ un messaggio non solo per la politica ma anche per il mondo dell’impresa…