Val Susa, il regno dei Mazzaferro e Lo Presti da Marina di Gioiosa Ionica

Il blitz dei carabinieri che ha spazzato via la testa della ‘ndrangheta dal Torinese ha lasciato, accanto ad un grande consenso popolare, pure una scia di imbarazzi che sembra trovare riscontro nelle tesi esposte da Federico Varese nel suo recente saggio “Mafie in movimento”. Lo studioso, che insegna ad Oxford, dedica un capitolo alla “colonizzazione vincente di Bardonecchia da parte della criminalità organizzata”. L’omertà, sostiene, è anche una forma di un’opportunità economica rispetto alla concorrenza in un libero mercato. Che a Bardonecchia il mercato dell’edilizia non sia stato libero – e per decenni – è un dato di fatto, indiscutibile: l’hanno dimostrato più indagini della magistratura. Varese attribuisce un ruolo chiave a Rocco Lo Presti come collettore di interessi diversi e ne ricostruisce la storia di mafioso inviato al soggiorno obbligato da quelle parti negli anni 50 che si intreccia al boom edilizio. La considera talmente significativa per la sua ricerca (il cui sottotitolo è “Come il crimine organizzato conquista nuovi territori”) da riportarne la fine nella prima pagina dell’introduzione italiana: “Il 28 gennaio 2009 si sono svolti i funerali di Rocco Lo Presti, 71 anni, condannato solo pochi giorni prima in via definitiva per associazione mafiosa”. “Nel giro di pochi anni era diventato un protagonista del boom edilizio locale procurando manodopera a basso prezzo per i cantieri e facendo venire da Marina di Gioiosa Ionica, in Calabria, il cugino Francesco Mazzaferro, titolare di un’impresa di movimento terra che ben presto ottiene il monopolio del settore in un’area che va da Bardonecchia a Sauze d’Oulx”. Varese analizza le licenze edilizie concesse dal 1950 al ‘59 e conclude che il nuovo mercato immobiliare, in quel periodo, è monopolizzato da tre imprese. La successiva spinta turistica trasforma Bardonecchia da località di ville liberty e grandi spazi in un’enclave del cemento che avanza: “In soli 15 mesi, fra il 1967 e il 1969, vi furono costruiti 8 mila nuovi alloggi”. “Il picco del mercato durò sino al 1974 (periodo in cui si costruivano l’autostrada e il traforo del Fréjus con investimenti per 170 miliardi di lire)”. Varese registra un altro rimbalzo edilizio fra il 1985-94, durante il quale vennero costruite altre 1300 abitazioni per complessivi 282 mila metri cubi e un valore immobiliare, di 500 miliardi di lire. Le tre imprese monopoliste divennero quattro, con l’inserimento di una società di costruzioni calabrese che conquistò rapidamente la quota dell’8%, ma in seguito, registra lo studioso, con l’alzarsi della domanda di seconde case, il mercato si aprì ad altre imprese, “molte delle quali della Calabria”. Questo fenomeno, sottolinea lo studioso, viaggia in parallelo all’estensione del racket delle braccia, “gestito da Lo Presti e dal cugino. Assicuravano manodopera a basso prezzo e non sindacalizzata, consentendo di ridurre il costo del lavoro. Ciò portò consenso che si tradusse in appoggi politici”. Varese ricorda come, con lo scioglimento del consiglio comunale di Bardonecchia, nel 1995, vi furono manifestazioni contro il provvedimento. E rammenta come intimidazioni e violenze “espulsero” sindacalisti, politici e imprese che non accettarono di farsi “proteggere”. La sua tesi: “Guardata al microscopio, la mafia mostra di essere una struttura di governo. In questo “Stato” non vi sono cittadini dotati di diritti, e neppure consumatori di servizi mafiosi, ma solo vittime”.