Catanzaro, abbandono di massa di Rifondazione Comunista

Rifondazione Comunista calabrese si spacca definitivamente. Sono ben 60 i componenti che hanno deciso di lasciare il partito, in testa a tutti il segretario provinciale reggino Antonio La Rosa, insieme ad altri elementi di spicco della formazione. I militanti hanno diffuso un documento politico nel quale spiegano le ragioni che li hanno portati ad una scelta certamente non facile. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la vicenda del consigliere regionale De Gaetano, ma gli ormai ex membri di Rifondazione lamentano soprattutto una lontananza dei vertici nazionali del partito ed una situazione di lotta interna dovuta principalmente agli attacchi del Pdci nazionale e regionale. Il fallimento della Federazione della Sinistra, secondo loro, è stato causato principalmente dalla tendenza di molti dirigenti a voler primeggiare, a non farsi da parte per lasciare spazio al nuovo soggetto politico, nato con i migliori intenti ma cresciuto senza contenuti di spessore. In quest’ottica, definiscono Rifondazione come un partito che si è chiuso su sé stesso e che non dimostra di avere strategia politica né proposte di governo. In una Calabria sempre più in mano ai partiti di destra, che governano gran parte delle istituzioni (dalla Regione alla metà delle Provincie e quasi tutte le grandi città), la sinistra si affaccia sempre più divisa. I dimissionari di Prc assicurano che la loro uscita dal partito non è un ritiro dal quadro politico né tantomeno un abbandono della sinistra, nella quale continuano a riconoscersi. Il loro progetto è la creazione di “una casa nuova, più grande e più bella”. Di seguito in documento politico con cui hanno dichiarato l’abbandono di Rifondazione Comunista: “Lasciare il proprio partito per avviarsi sulla strada di una nuova comunità politica ed umana è come lasciare una casa amata per costruirne una più grande e più accogliente. Quando un’altra idea di futuro si impossessa delle nostre riflessioni, occorre assecondarla perché le idee non si fermano e non si circoscrivono a forzosi perimetri di comodo.   Quella che lasciamo oggi non è più la nostra Rifondazione, non è più la comunità politica ed umana che abbiamo sempre immaginato. La Rifondazione odierna è cosa assai diversa, qualitativamente ancor prima che nei numeri, di quella forza comunista aperta al mondo – innovativa, eterodossa, libertaria – che abbiamo imparato ad amare e per la quale abbiamo profuso impegno e dedizione. La Rifondazione odierna è una soggettività chiusa e ripiegata su se stessa, senza una chiara strategia politica e senza forti contenuti di merito, priva di una realistica proposta di governo e di alleanze, in attesa degli eventi e dei contesti, debole elettoralmente e con una fragilissima capacità d’influenza. La Rifondazione odierna è una forza che non ha avuto il coraggio e la generosità di fare un passo indietro, di costruire davvero la Federazione della Sinistra quale nuovo soggetto unitario e plurale, rimanendo nel limbo pericoloso di un cartello elettorale utile solo alle sempre più esangui burocrazie di partito. Noi ci abbiamo provato, anche e soprattutto a Reggio Calabria, con tenacia e speranza. Dal congresso fratricida del 2008 – dei cui esiti molti degli attuali dirigenti nazionali di PRC e SEL hanno ancora da rispondere dinanzi alla storia recente della sinistra italiana – abbiamo attraversato scadenze elettorali che ci hanno visto primeggiare su scala nazionale, abbiamo resistito dinanzi al richiamo accattivante di un Vendola sempre più in ascesa, abbiamo lavorato concretamente per la Federazione della Sinistra per poi desistere dinanzi all’intollerabile arroganza di qualche compagno di percorso. In questi anni, Rifondazione Comunista è stata parte essenziale ed insostituibile della sinistra reggina, per densità di proposte e per rilevanza dei numeri, anche e soprattutto al netto di un partito nazionale incapace di costruire buona politica e di giocare un ruolo da protagonista sullo scenario sociale e culturale del paese. Le vicende riguardanti il consigliere regionale De Gaetano – al quale ci lega una comune militanza politica ed una comune solidarietà umana – rappresentano solo la manifestazione ultima di una ormai consolidata mancanza di rispetto da parte del PRC nazionale, di un’insofferenza più volte esternata dal segretario Paolo Ferrero e da altri autorevoli dirigenti centrali, concretizzatasi anche nell’assoluta indisponibilità a difendere l’intero partito provinciale dinanzi alle accuse ignobili di qualche lettera anonima piuttosto che dai reiterati attacchi pubblici del PdCI calabrese e nazionale. Anche per questo lasciamo Rifondazione, perché non abbiamo alcun interesse o alcun entusiasmo a sostenere oligarchie di partito che non soltanto non sanno e non vogliono mettersi realmente in discussione (e magari cimentarsi corpo a corpo con una società in convulsa trasformazione), ma che non hanno nemmeno la volontà di difendere e valorizzare l’azione delle tante e dei tanti del PRC di Reggio Calabria.   Noi non considereremo mai Rifondazione un nostro avversario, né avremo mai nei suoi confronti atteggiamenti gratuitamente negativi o insofferenze pregiudiziali: Rifondazione è stata la nostra casa politica, lo è stata a tutto tondo, e noi ne serberemo sempre un ricordo indelebile, con un vincolo affettivo che comunque ci legherà a tante compagne e a tanti compagni. Lasciare oggi il PRC, a ciò obbligati anche dall’accelerazione impressa dai nuovi attacchi rivolti nei confronti del compagno De Gaetano e del partito provinciale, è quasi una forma di rispetto verso le donne e gli uomini che ancora persevereranno nella militanza all’interno di Rifondazione: vista l’imminenza del congresso nazionale, il cui percorso prenderà l’avvio subito dopo la pausa estiva, è scelta assolutamente doverosa il non influire su dinamiche congressuali che comunque non ci apparterranno, il lasciare che a decidere del PRC siano solo ed esclusivamente i compagni che ancora intendono investire su questo partito.   Per quel che ci riguarda, davvero inizia un’altra storia. Siamo pronti a navigare in mare aperto, perché è ora di cambiare, è ora di intraprendere nuovi percorsi e di costruire nuove relazioni. Le vicende politico-elettorali delle ultime settimane, dalle amministrative ai referendum, ci confermano e ci fortificano nella convinzione che muove questo nostro scatto in avanti, ovvero nella convinzione che a sinistra serva un soggetto ampio, plurale, unitario, capace di scrutare coraggiosamente il futuro, un soggetto che proponga classi politiche rinnovate nei nomi e nelle idee e che ridimensioni il peso delle liturgie burocratiche a vantaggio della partecipazione e del protagonismo dal basso. Invece che dividerci su formule astratte scollegate dalla realtà, proviamo ad incontrarci sul merito delle questioni, proviamo a confrontarci nuovamente su grandi idee e su grandi prospettive, e a costruire su quest’ultime vere alleanze sociali e politiche – così come la nostra gente ha saputo fare con i referendum sull’acqua pubblica o sul NO al nucleare.   La crisi economica, che si trasfigura di per sé in crisi di sistema sociale, impone questo salto di qualità. Una nuova Calabria e una nuova Italia – che parlino ancora di giustizia sociale, di lavoro non precario, di tutela ambientale, ecc. – le si possono prospettare soltanto se la sinistra riacquisisce una sua consistenza numerica e ripristina il suo ruolo storico, governando i processi di cambiamento e rifiutando la regressione opposta dalla crisi del capitalismo finanziario globalizzato. Calabria ed Italia –  laboratorio perverso di una proposta populista ormai superata dai fatti e dai tempi, la prima; teatro di quel becero fenomeno di privatizzazione della politica e della democrazia che abbiamo definito “berlusconismo”, la seconda – hanno urgente bisogno di una sinistra unita e senza aggettivi divisori, con numeri importanti e consistenti, una sinistra popolare che fuoriesca da ogni pericoloso populismo e che restituisca alla politica il ruolo di cambiamento consapevole che le dovrebbe essere proprio. Un nuovo popolo di sinistra sembra essersi messo in cammino, quasi una moltitudine che si muove da più parti e senza una meta prefissata, un nuovo popolo che vuole chiudere un ciclo storico e che  punta a riappropriarsi della democrazia e dei beni comuni, che torna a parlare di libertà in  termini positivi e non come mero individualismo, che riscopre e riattualizza la bellezza antica di parole come solidarietà e uguaglianza. A questo popolo ancora in formazione, noi non possiamo più opporre la visione assolutista di partiti appesantiti da anni di chiusura oligarchica e di politica autoreferenziale. Serve guardare oltre, offrire uno spazio di rappresentanza più ampio e più coinvolgente, per costruire la politica del futuro come una nuova gigantesca impresa collettiva.   Noi proveremo a farlo anche a Reggio Calabria, perseverando sulla strada innovativa e partecipativa già intrapresa con le elezioni comunali e provinciali del mese scorso. Costruiremo una nuova associazione politico-culturale, luogo di confronto e di elaborazione che vorrà impattare in maniera propositiva su tutto lo scenario politico locale. Parteciperemo al dibattito pubblico reggino, con l’umiltà delle nostre idee e la generosità dei nostri militanti. Rifiuteremo qualsiasi fuga nel privato e qualsiasi processo di delega, nel rispetto della funzione costituzionale dei partiti politici ma anche nella valorizzazione di ciò che di buono fermenta nella società civile.   Oggi lasciamo Rifondazione Comunista, la nostra amata Rifondazione. Con difficoltà e anche con un pizzico di commozione. Ma non disertiamo, non arretriamo, non esitiamo. Noi ci siamo e ci saremo, comunque”.