Milano, la Lega Nord pronta al colpo di mano

A meno di una straordinaria rimonta di Letizia Moratti a Milano, le conseguenze della sconfitta milanese sono inevitabili: addirittura nell’ordine naturale delle cose. Basta osservare il grado di furore che si respira nella Lega Nord, nella sua base, nel suo mondo di riferimento. Berlusconi ha fissato la linea: “Non esistono alternative a questa maggioranza e a questo governo”. Il che definisce un recinto piuttosto stretto: nessuna eventuale trattativa con Casini e ovviamente nessun passo indietro del Premier. Tuttavia, fin quando non si conteranno i voti nelle urne, queste rassicurazioni sono solo frasi fatte. Da martedì comincia un’altra storia e potrebbe essere una storia molto diversa da quella che abbiamo conosciuto negli ultimi dieci anni. Di sicuro, una Lega Nord che fosse sconfitta nei suoi territori (non solo a Milano, quindi, ma anche in altri centri della Lombardia) avrebbe la prova definitiva che l’abbraccio con il PdL si è trasformato in un gravoso fardello. Il che sarebbe un oggettivo fattore di destabilizzazione. La Lega Nord non potrà restare con le mani in mano. Dovrà dare al suo popolo, come si dice in questi casi, un preciso segnale. Quale? Nel campo di un crescente dinamismo della politica economica, certo. Ma forse più che altro nel segno di una maggiore autonomia dal Premier. E autonomia non vuol dire crisi di governo, bensì la ragionevole speranza che nel prossimo futuro il Carroccio tornerà alla sua identità originaria. Non più obbligato all’alleanza con un Berlusconi al tramonto, ma al contrario in grado di determinare il suo futuro politico.