A Gino Iorio per la terza volta il “Premio Letteratura” dall’Istituto Italiano di Cultura di Napoli

Gino Iorio

di Maria Ventre

 

Gino Iorio, il poeta campano, originario di Calvi Risorta, sbalordisce ancora una volta. Per il terzo anno consecutivo ha ottenuto il premio “Letteratura” dall’Istituto Italiano di Cultura di Napoli. Esattamente nel 2021 (XXVII edizione) con l’opera poetica “Amore”, nel 2022 (XXVIII edizione) con “Testamento” e nel 2023 (XXXIX edizione) con “Profumo di Ginestra”. La premiazione si è tenuta domenica 7 gennaio 2024, presso la sala conferenze Gabriele D’Annunzio dell’Istituto, a Napoli.

 

Tre opere uscite dalla penna del poeta che scrive quello che sente, pennellando le parole con maestria da fare prendere coscienza a chi legge i suoi versi, di cosa si nasconde nei sentimenti, al punto che le sue opere sono capaci di svegliare l’amore che si cela dentro ognuno di noi. Eccole, accompagnate dalle note critiche, in semiotica estetica, di tre critici letterari: Rossella Semplici, psicologa clinica, Nicola Caprio Di Monaco, docente di lettere antiche, Antonio Minieri, filosofo.

 

20 agosto 2021 ore 8:03 – bottega

AMORE

***

 Crudeltà

che ti sfiora

e ti avvolge affabilmente,

sino a prendersi l’anima.

 Malattia

senza possibile rimedio

che ti porta dolcemente alla fine

e non ti dice perché.

Diventa un atroce

 Nemico

quando svanisce.

Sentimento

 che non ha pari nell’umanità,

Compagno

 infedele della vita.

 

NOTA CRITICA IN SEMIOTICA ESTETICA

***

Una prima lettura ci può portare a pensare che il poeta abbia una visione pessimistica dell’amore. Ma rileggendola e andando a ripercorrere i nostri amori terreni, cogliamo che Gino attraverso tutte le sfumature della mancanza e della precarietà di amore, ci porta nella pienezza di senso, nella gioia che questo sentimento ci dona quando si posa nella nostra vita. La prima volta che ho letto la poesia ho sentito una stretta al cuore. Ero dispiaciuta che Gino avesse una visione pessimistica dell’amore. Ma rileggendola e andando a ripercorrere gli amori terreni che si sono posati sulla mia vita ho intuito che il poeta, attraverso la mancanza di amore, rievoca la gioia e la pienezza di senso che porta quando è nella nostra vita.

Rossella Semplici

 

05 Novembre 2018 ore 8:39 – bottega

 

TESTAMENTO

***

Il tempo

consuma i pensieri

mentre i ricordi

si accavallano nella mente

sino a raggiungere

piano piano la vetta.

L’alba è oramai trascorsa

ed anche il chiarore

del primo mattino.

Ho consumato

in un pranzo sfarzoso

la mia gioventù;

ho goduto il riposo

dopo tante fatiche;

Ho cenato

con intorno

la vita che cresce.

Ora cala la sera,

le luci

sono sempre più fioche.

A testa alta

mi avvio

verso il fiume

per andare oltre.

Ti lascio

dentro un vassoio d’argento

il meglio della mia vita:

il sorbo e il corbezzolo, il fico,

il grano e la melagrana,

le pietre,

la sedia e la penna

e infine il vento,

l’unico amico che mi ascolta.

 

NOTA CRITICA IN SEMIOTICA ESTETICA

***

Diverse le sfumature del fascino che unisce primavera e autunno: i delicati profumi di aprile, i rotondi sapori di novembre. Una sintesi d’autore la si trova nelle note di Vivaldi, dove la giovinezza e la maturità delle stagioni toccano vertici di bellezza insuperati. Gino Iorio, poeta e scrittore di conio antico e di marcata matrice lirica, nel “testamento” racconta a se stesso prima che agli altri i crucci della sua vita e i brividi che ne hanno accompagnato il percorso. Vivaldi e Iorio, parole al posto delle note. Sintesi e bilancio di una vita, la storia di un uomo, la sua. Ma “Il testamento” è anche una sorgente viva, palpiti e malinconia, nei quali ogni lettore può attingere e ritrovare frammenti di se stesso. Ricordi sbiaditi ritornano e acquistano spessore e colori, pensieri della notte scivolano nell’albore del giorno, un caleidoscopio fissa le immagini del viaggio vissuto, tappe di una vita, stagioni intense, veloci, controverse, mai ferme. C’è il pranzo sfarzoso della giovinezza, con le sue lusinghe, e il riposo del guerriero, deposte le armi del successo e gli inganni che ne sono la compagnia. Tenera è la sera del poeta, soffuse le luci, mentre intorno la vita cresce ed esplode. Calante la notte che si avvicina e il poeta, a testa alta, è pronto ad avviarsi verso e oltre il fiume: ha vissuto e lascia dentro “un piatto d’argento” il meglio della sua vita. Non dice a chi, e i beni che lascia – i versi, le emozioni, le storie – non hanno un notaio. Gino Iorio, come tutti i poeti, ha lasciato da tempo frenesie, illusioni e deliri propri della ricchezza e del successo. Nel suo Olimpo non c’è l’ambrosia degli Dei, ci sono “sorbo, corbezzolo, grano, fico, melagrana, pietre, sedie e penne”, oggetti delle sue liriche e platea delle sue emozioni più intime. Non manca neppure un amico, il vento, con il quale si confida e che lo ascolta e gli parla. Lirica sublime, capolavoro del suo genere, questo testamento del Vate di Cales, così diverso dall’angoscia e dal travaglio dei poeti maledetti della moderna tradizione francese e americana, così vicino al Cantico delle creature di Francesco d’Assisi. Iorio non si ribella, non si lamenta, lascia una eredità di affetti e di emozioni, orizzonte e linea di confine di chi crede in Dio e apprezza i suoi Doni.

Nicola Caprio di Monaco

 

25 maggio 2022 ore 7:30 bottega

 

PROFUMO DI GINESTRA

***

Respiro appena senza di te,

 la tua voce

 mi è entrata nell’anima,

mi ha rapito

e io l’aspetto.

La mia vita si è fermata

e oltre quel punto

non so andare.

Sono proprio come dici tu:

egoista di questo amore

che mi ha fatto vivere.

Ma non era nostro quell’Amore?

Ora ti opprimo, ti faccio stare male,

mi chiedi di inabissarmi,

eclissarmi e sparire.

Mi dici che la felicità

è nella tua libertà.

Ma cosa avrei mai fatto

per meritare tanto?

L’ amore per me è finito

ma per chi, perché, per cosa?

 Tu ancora non sai dirmelo.

Il mio invece

è rimasto attaccato

a quel biancospino

ferito dai suoi aculei per sempre.

Non conosco una sola notte

che non sei rimasta

vicino al mio cuore.

Ho perso la metà

della mia gioia

da quando tu non la dividi con me.

Il tuo pensiero fisso

è la data della mia nascita,

ma non sai che la mia nascita

è la data del nostro amore.

Il nostro è stato un viaggio meraviglioso,

il più bello della vita.

Grazie mio ricordo infinito

ora inaccessibile.

Grazie per le bellezze vissute con te.

 Ora che è solo un sogno

vorrei non svegliarmi mai.

E il tempo che passa mi porta

 giorno dopo giorno

a viaggiare in solitudine

 su quella strada a mezza costa

che conosci tu.

Unico compagno, il profumo di ginestra,

 mi ricorda la tua pelle,

 il tuo respiro, il sapore delle tue labbra

il colore dei tuoi capelli,

il gusto dei tuoi sensi.

Solo quello mi resta,

e io vado ogni giorno a respirarlo.

 

NOTA CRITICA IN SEMIOTICA ESTETICA

***

Il poeta con pennellate di parole, che attraversano ogni cuore innamorato, dipinge un’opera lirica che mostra una passione struggente per un amore che è e non è più… tuttavia è ancora nei ricordi e nei sensi…e soprattutto nella ginestra allegoria e metafora del divenire e dell’eternità che si dà in ogni autentico Amore. Ancora una volta Gino Iorio ci consegna un capolavoro di emozioni e di sentimenti intorno all’Amore.

Antonio Minieri

 

Gino Iorio, grazie al suo vissuto ricco di interessi, è riuscito ad offrirci un variegato sguardo alla vita, come un centro di richiamo cui giungono suggestioni di toni diversi: dalla natura all’amore, dalle gioie della vita agli smarrimenti interiori. Tutta una rassegna di ciò che spesso passa sotto i nostri occhi e ci nasconde qualcosa, la poesia la rivela. Avviene come in una conversazione sussurrata, confidenziale. Iorio non è mai solo, c’è sempre una presenza interlocutrice, fosse pure lo sdoppiamento autocosciente dell’impulso comunicativo. Talvolta il dialogo, meglio dire, il costrutto confidenziale, specialmente se in affanno, stabilisce un ascolto astratto cui offrire quello che esplora il senso della vita. Non è un “tu” preciso, sebbene lontano, come la Laura del Petrarca o la Silvia di Leopardi, quella di Gino Iorio è una musa che si costituisce dalla stessa natura proiettiva del vissuto poetico.

Gino Iorio (a dx) con il poeta Sergio Camellini

Gino Iorio da tempo vive questo ruolo della poesia per portare allo scoperto le emozioni umane, quelle proprie e quelle di cui si fa interprete per gli altri, fino allo sdegno e alla deplorazione. Lui respira e sente quella tacita delega che la società affida, senza saperlo, ad ogni poeta, e lo manifesta quando deplora il malcostume, quando piange su Napoli sfigurata, oppure su quelle negazioni della vita che fanno di ogni poeta un’antenna sensoria che pensa e soffre nella coscienza di tutti. La notazione sulle sue opere e in particolare quelle che gli hanno concesso di vincere il trittico 2021-2022-2023 è la manifesta sensazione di qualcosa che necessitava di esplodere all’interno del suo “IO”, sino a rendere “l’Amore” una malattia, il “Testamento”, senza destinatario, un lascito di affetti, emozioni e valori spirituali di un vero credente in Dio. Infine, “Il Profumo di ginestra”, dove esplode una dichiarazione di verità su un amore vero che è e non è più, ma che il poeta dichiara consapevolmente di credere alla sua eternità.