La serenità

 

Di Vincenzo Calafiore

9 Marzo 2023

 

Se c’è un bene prezioso da difendere e proteggere nell’esistenza umana, questo è la

– serenità –  non mi riferisco al possedere denaro, nemmeno all’agio quotidiano, o a cose di questo genere.

Il filosofo latino Seneca la definisce come  tranquillità dell’animo, una condizione questa, di quiete nella quale non esistono cose come la depressione o lo stato di esaltazione.

La domanda spontanea è: come la si può raggiungere?

Forse : conoscendo se stessi!

La cosiddetta – introspezione – era auspicata anche nella Grecia antica, infatti sul fronte del Tempio di Apollo a Delfi era scritto: conosci te stesso, mentre Seneca nell’antica Roma scriveva nel De tranquillitate Animi, che il segreto della serenità è : essere se stessi!

Chiunque oggi ha grosse difficoltà a essere “ sereno” e per evitare il cosiddetto assalto

dell’inquietudine la reazione più saggia è avvicinarsi sempre più a Dio.

Ma essere anche coerenti prima con se stessi e poi con gli altri, inutile fingere una gioia, o la felicità che non c’è.

In buona sostanza, la serenità non è l’assenza di turbamenti, ma la capacità di affrontare con equilibrio tutte le difficoltà cui la vita ci pone; la vita è breve, perché dunque sprecarla, nell’accumulo sfrenato di denaro, nel compiere cattiverie d’ogni genere, nel dimenticare Dio!

Vivere tenendo presente che tutte, ma proprio tutte le nostre attività sono fuggevoli, diverse solo all’aspetto  e dentro ugualmente vuote.

Per prima cosa, dunque, bisogna dare importanza alla vita, sbagliato annoverarla tra le cose  di poco conto; non avere paura della morte, perché chi ne ha paura è come se fosse già morto, chi diversamente è cosciente che dal momento che si nasce si è destinati a morire, vivrà uniformandosi a questa legge e allo stesso tempo otterrà che qualsiasi cosa gli accada, non lo trovi impreparato.

Se poi ci sembra inutile cercare e trovare la serenità in noi e attorno a noi, quando il mondo trabocca di ingiustizia, è possibile trovarla ritirandosi in se stessi, perché il contatto con l’altro o gli altri, turba o addirittura fa venire meno  l’equilibrio a fatica conquistato.

L’espressione “ humana condicio “,  si trova per la prima volta  in Cicerone; entra nella cultura dell’Occidente in cui avrà una straordinaria risonanza, solo con Seneca che ne fa uso con insistenza a indicare l’ambivalenza costitutiva dell’uomo.

“ Nemo suum agit, ceteri multiformes sumus “ che tradotto significa “ Nessuno si attiene a un solo ruolo, siamo tutti multiformi “, cioè capaci di assumere sembianze diverse.

Ma come riconoscere  il vero volto dietro la molteplicità delle maschere?

Per finire, “ Quocumque se movit, statim infirmitatis suae conscium” In qualunque direzione si muova l’uomo ha subito coscienza della propria debolezza.

Che cos’è dunque l’uomo ?

Un vaso che alla prima scossa, al più piccolo sobbalzo va in frantumi! Ma è anche un punto impercettibile, e la sua vita, breve come un sospiro, che sprofonda sempre più in un abisso!