La chiesa ritorna a nuova vita. Comunità in festa a San Nicola de Legistis

Domenica 27, a partire dalle 17, evento storico nella piccola comunità di San Nicola de Legistis: inaugurazione della chiesa dopo tre anni di chiusura e i lavori di ristrutturazione. Nell’occasione si insedia il nuovo parroco don Michele Arena, che prende il posto di don Francesco Pontoriero, dopo 12 anni di guida pastorale. A presiedere la cerimonia e la solenne celebrazione il vescovo mons. Attilio Nostro.

Sarà festa nella piccola comunità di San Nicola de Legistis domani (domenica 27): verrà inaugurata la chiesa dopo tre anni di chiusura (ottobre 2019). Adesso è ritornata a nuova vita  e sarà restituita ai fedeli. La cerimonia di inaugurazione si svolgerà nel pomeriggio a partire dalle ore 17.00, e nell’occasione verrà insediato il nuovo parroco, don Michele Arena. A presiedere la cerimonia e a celebrare la messa solenne il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea mons. Attilio Nostro.

Un evento che resterà nella storia e nella memoria di questa comunità. Dopo che è stata dichiarata inagibile, la chiesa è stata sottoposta a dei lavori di ristrutturazione, come la ricostruzione del tetto, del soffitto e tutto l’edificio è stato interessato da una manutenzione sia esterna che interna. Un’attesa lunga tre anni, con tanti disagi contrassegnati anche dall’emergenza pandemica.

Finalmente i fedeli potranno ritrovare il proprio luogo di culto con un sentimento di rinnovata spiritualità e fiducia. Don Francesco Pontoriero, destinato alla parrocchia di Cessaniti, nel suo ultimo atto pastorale come parroco della parrocchia di San Nicola, nel manifesto con cui invita i cittadini a partecipare, rivolge questo messaggio: “Cari fratelli e sorelle, sono passati tre anni quando abbiamo sospeso il culto in chiesa per dare inizio alle attività di ristrutturazione. Dopo aver raggiunto questo storico obiettivo, invito tutti voi, cari fedeli, a prendere parte con gioia alla riapertura della nostra splendida chiesetta parrocchiale.”

 

Il sacerdote ha voluto fare anche un piccolo ma significativo omaggio alla comunità: una breve memoria storica, “Storia di San Nicola de Legistis”. In questa ricerca si scopre l’origine antica dell’abitato che risale al tempo del re Ruggero (XI secolo). In particolare si mette in luce come la chiesa dedicata a San Nicola, prima del devastante terremoto del 1783, la sua struttura architettonica fosse formata di tre navate e si praticasse il rito bizantino (greco), e che esistevano altre tre chiese e un’abbazia cistercense.

Diversi sono i sentimenti che si intrecciano nei cuori della comunità dopo tanti anni vissuti insieme. Sono stati molteplici le occasioni in cui si è stretto un legame da quando, l’allora giovanissimo parroco, alla sua prima ordinazione, si è presentato al cospetto dei fedeli. Una crescita contrassegnata nel tempo da tanti momenti, sia di gioia nei giorni di festa, delle principali ricorrenze, dei battesimi e dei matrimoni, degli eventi sociali e civili che ha visto protagonisti i bambini (Mese del Fanciullo, giunto alla X edizione); ma anche di tristezza e dolore, per la scomparsa di molti fedeli.

Don Francesco, in tutti questi anni, ha saputo interpretare le esigenze dei fedeli e guidare con passione umana e spirituale la comunità, partecipando alla vita sociale, facendo crescere il sentimento di solidarietà e di fratellanza cristiana, con uno sguardo attento ai problemi e alle difficoltà che esprime una piccola comunità che vive con dignità la semplicità della propria condizione, segnata soprattutto dall’emigrazione che ha ridotto la popolazione residente a circa 150 persone, ma che ha saputo affrontare la forte crisi di valori che attraversa la società.

Un legame che da domenica si intreccerà con il nuovo parroco don Michele Arena, parroco di Motta Filocastro. E in questo nuovo cammino pastorale, verrà ristabilito, non solo un rapporto religioso, ma anche sociale tra le due storiche frazioni del comune di Limbadi. In precedenza don Francesco, così come i sacerdoti che lo hanno preceduto, condividevano le comunità di San Nicola e di Calimera (San Calogero).

Per contrassegnare questo avvenimento, la comunità di San Nicola de Legistis, come momento di festa collettiva e segno di ringraziamento verso don Francesco, ma anche come gesto di accoglienza per il nuovo parroco, don Michele, ha organizzato una festa conviviale (con un buffet) per tutti i partecipanti.

Il documento storico frutto della ricerca compiuta da don Francesco Pontoriero

SAN NICOLA DE LEGISTIS
Memorie storiche

In occasione del restauro della nostra Chiesa Parrocchiale, intitolata a Patrono
“S. Nicola Vescovo”, i quali si sono ultimati nel mese di novembre nell’A. D.
2022, abbiamo voluto recuperare la memoria storica, tratta da testo DE
RACIOPPI: “Il Regno delle due Sicilie illustrato” Vol. III, Napoli 1853,
conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli “Vittorio Emanuele III”, per
mantenere viva la memoria di questo piccolo paesino che, per quanto piccolo
sia stato, ha avuto momenti di gloria. Nonostante ciò, pur essendo stata
distrutta la sua lunga storia a causa degli effetti del grande terremoto del 1783,
ha perpetuato nel tempo con la tradizione orale e con le ricerche storiche, la
vita che si respirava tra le viuzze e le amene campagne di questo fazzoletto di
terra.

Posizione
Il piccolo paesino di San Nicola De Legistis giace sul piano, poco più di un
miglio distante da Limbadi, verso l’est, un sito di aria non all’in tutto buona. Si
estende all’inizio di un piano non molto ampio, ma aperto e verdeggiante: per
chi guarda da lontano le case si confondono facilmente tra gli ulivi. È protetto
alle spalle da una collina isolata, che gli abitanti chiamano pomposamente
monte della Santa Croce; poco lontano dalle falde della collina dei due
torrenti, “l’Aliva” e “l’Arangareja”, delimitano le campagne appartenenti ai
contadini del luogo fino a quando si uniscono nel luogo indicato come «le due
fiumare». Attualmente il paese non presenta particolari attrattive: è abitato
prevalentemente da massari e contadini, è in una posizione piuttosto isolata,
non ha opere di alto valore artistico-culturali. Solo qualche particolare nella
topografia e nei racconti della gente rivela o conferma un passato migliore.
Come cita il noto umanista storico Gabriele Barrio: “Terra assai nobile li cui
cittadini, tanto nobili quanto plebei vivono più civilmente che in altra
abitazione all’intorno. Ha un sito amenissimo, et abbondantà di quanto egli è
necessario all’umano vivere: concio fiachè “Hic serica, vina olea clara fiunt
fructus optimi”, onde forse fu detta Filocastro, quale si interpreta “Amabile
castrum”. Non ho riscontro alcuno della sua prima origine, se antica o se
moderna; avvegnachè fosse da congetturarsi piuttosto antica, ch’altro per
opera dei locresi.
Circa la sua origine riporteremo le parole stesse di Padre Girolamo Marafioti,
tratto dalle Cronache et antichità di Calabria, edito a Padova nel 1601; “…E’
da notare che Filocastro abbracciava anticamente altri quattro villaggi, li
quali oggi sono distrutti, cioè Branconi sito ove ora è Caronello, Cassimadi,
un miglio ad est di Filocastro Mambricio, sito nel luogo che si noma Mafrica
e san Martino, ove sorge ottima acqua potabile…”. San Nicola De Legistis
“…viene fiancheggiata da più villaggi: cioè Limbade dell’amenità del luogo
così detto, Carono, Mandraono e San Nicolò, qual da principio fu Abbazia di
monaci Cistercensi, edificata da re Ruggero, quindi fabricate molte case
all’intorno dalla gente che serviva il monasterio, crebbe in abitazione. Onde
poi partiti li monaci restò abitazioni di secolari con titolo di San Nicolò,
illustarto con la nascita del nostro F.R.. Giovanni Fiore Cappuccino”.

Memorie storiche
Sappiamo anzitutto che «il Re Ruggiero, innanzi che fosse edificata questa
abitazione, vi eresse un magnifico tempio sotto il nome di San Nicolò per li
monaci di San Bernardo, siccome apparve un privilegio alla chiesa di Santa
Maria del Sagittario, che dovesse custodire reliquia assai preziosissima della
Santissima Croce Benedetta di Nostro Signore», citando il Marafioti,
nell’opera del Baciocchi, «Il Regno delle due Sicilie descritto e illustrato»,
Vol. III, Napoli 1853.
Partendo da questa notizia l’Adilardi, pensò che il primo nucleo di abitazioni
del paese fosse costruito dalla gente che serviva il detto Monastero dell’Ordine
dei Cistercensi, del quale restano soltanto le fondamenta. Il gruppo di case più
antiche si trovavano certamente nella zona del paese attualmente denominata
Càfiu. Continua il Baciocchi: «In processo di tempo la cura delle anime del
cresciuto villaggio passò dai monaci al clero secolare; nel 1621 aveva una
chiesa a tre navate, dal popolo chiamata “u Viscuvatu”. Che tale chiesa abbia
avuto il rito greco, si rileva dagli atti di santa visita del 1704. Si sa pure che un
tempo abbia avuto otto cappellani e un Arciprete, che aveva privilegi su i
parroci di Limbadi, Caroni, Branconi (che più non esiste) e Mandaradoni; ivi
uffiziavano due confraternite, quella del Santissimo e quella della
Concezione».
Oltre la chiesa arcipretale ve n’erano altre tre: del Rosario posta vicino al
monastero dei Cistercensi, di San Sebastiano, che sorgeva presso il fosso ai
limiti del paese verso occidente, e di San Rocco, posta dove ora si estende la
strada provinciale su via fiume. Questi tre edifici sacri rimasero distrutti nel
terremoto del 1783. La prima di esse, col titolo originario di Madonna della
neve, fu fondata da Fra Giovanni Prenestini insieme ad un convento di Padri
Domenicani, il quale venne abolito nel 1653 con bolla di Papa Innocenzo X.
Tale coincidenza ci porta a supporre ben fondate altre notizie non confortate
da testimonianze storiche, ma presenti nella tradizione con uguale costanza.
Mi riferisco a quanto si dice sulla presenza a San Nicola dei Cavalieri di
3 Pennacchio, ma soprattutto alla notizia unanime che vuole il paese molto più
esteso e più popolato. Sappiamo per certo che il paese appartenne
all’università di Nicotera almeno fino al 1380 e, che dal 1414 esso si trovò
unito a quella di Motta-Filocastro. Nella dicitura del timbro parrocchiale
troviamo «SantoNicola filocastri» quasi fino ai nostri giorni. Dei tempi
gloriosi fanno parte i nomi di due uomini illustri: Fra’ Giuseppe Nicoletta,
provinciale dei minori osservanti nel 1553, eloquente predicatore ed
esaminatore sinodale, e Fra’ Giovanni Prenestini, morto nel 1614 dopo essere
stato provinciale dei Cappuccini nel 1591 prima a Reggio Calabria, e poi nel
1601 a Catanzaro. La tradizione orale continua presentando questo paese come
derubato di tutte le glorie: di chiese, di statue, di campane ecc….; vecchio
motivo che sottintende probabilmente una dura realtà. Dopo il terremoto del
1783 quasi tutti pensarono che il paese non dovesse più risorgere; famiglie
intere si trasferirono a Rosarno o in altri paesi vicini. In una situazione del
genere c’è poco interesse per le glorie passate, giacché alcuni provvedimenti
ecclesiastici possono benissimo spiegare quello che la tradizione indica come
latrocinio. Poco tempo dopo, nel 1853, ci viene presentato questo quadro del
paese: «intanto esso di presente è un luogo meschino, che contiene 264
abitanti quasi tutti contadini ed un solo eletto. Delle sue antiche memorie non
rimane che una fiera, la quale si celebra nella seconda domenica di ottobre.
Secondo il Barrio, nel secolo XVI durava essa per quindici giorni, ora non va
al di là di due. Questa situazione si è protratta quasi fino ai nostri giorni, per poi scomparire del tutto.

Situazione attuale
Attualmente il paese conta 186 abitanti effettivamente residenti, in quanto
buona parte della popolazione è emigrata in Argentina, in Liguria, in Piemonte
ecc. Questo impoverimento delle forze locali non accenna ancora a finire
nonostante qualche episodico rientro. L’emigrazione, tuttavia, per il paese è
stata quasi un beneficio in quanto ha promosso il confronto con altra gente
provocando un ammodernamento della cultura e dei modi di vivere.
Gli emigrati che tornano d’estate spinti dalla nostalgia e dall’affetto per i propri
cari, portano un po’ il modo di vivere di ambienti più progrediti e sono, spesso
inconsapevolmente, la più convincente molla di progresso. La vita del paese si
svolge del resto in modo molto semplice, legata alle ricorrenze tradizionali,
per lo più di ordine religioso. La festa più importante è quella del Patrono: San
Nicola, che è venerato in modo molto sentito il 6 dicembre, in una bella e
antica statua di legno, risalente al 1683, insieme alla Solennità della
Immacolata Concezione, nella cui tradizione vengono portati in processione
l’8 dicembre.
Si mantiene ad un alto livello di devozione anche la festa della Madonna del
Rosario, che si celebra ancora la seconda domenica di ottobre. La statua della
Madonna, che risale almeno al 1725, resta comunque esposta alla venerazione
dei fedeli per tutto il mese di ottobre, consacrato alla recita quotidiana del
Rosario. La fiera annessa alla festa è pressoché scomparsa nonostante gli
sforzi dei massari locali per mantenerla in vita. Durante l’anno si celebrano
altre feste in onore dei santi di cui si hanno le immagini nell’unica chiesa
parrocchiale: San Francesco di Paola, la Madonna del Carmelo, il Sacro
Cuore, l’Immacolata, San Giuseppe. Ma la ricorrenza più importante resta la
Pasqua con i suoi riti e soprattutto con la processione del Cristo morto e
dell’Addolorata, la sera del Venerdì Santo. E un momento tradizionalmente
espresso da tutti con partecipazione corale. In questo frangente si sente ancora
che la chiesa è il centro della comunità non solo topograficamente.
Nella chiesa parrocchiale, del resto, troviamo le cose migliori che il paese
possegga: oltre alle statue menzionate, un quadro della Madonna del Carmelo
probabilmente del 1600, il ciborio dell’altare maggiore, probabile copia di uno
scalpellino locale della fine del 1500, i rilievi dell’abside del Gangemi, i quadri
ispirati alla vita di San Nicola del Rigoli, e una splendida Croce Astile
argentea, appartenete al monastero dei Cistercensi, come anche la cornice del
tabernacolo ivi presente.
Per la festa di San Nicola, vengono benedetti i pani in chiesa e distribuiti alla
gente: saranno messi sui davanzali o sulle porte come protezione nei giorni
tempestosi dell’inverno prossimo. La vigilia della festa viene bollito il grano
che sarà consumato il giorno dopo da tutta la famiglia. A Natale ritorna ogni
anno per i bambini il gioco delle nocciole, in ogni casa si fanno «i curuji»,
pasta lievitata e fritta confezionata come due braccia conserte, e le zeppole con
uva passa. Domenica delle Palme ogni contadino si premura di portare in
chiesa dei rami di ulivo da benedire: verranno poi messi nel campo a garanzia
di buon raccolto. Per Pasqua si preparano i caratteristici dolci costituiti da
pasta lievitata addolcita con mostarda, o si allestiscono i «campanari», forme
di pane dentro le quali si mettono due o più uova.
Queste tradizioni sono mantenute in vita da quanti sono ancora sensibili alle
usanze di una volta. Come tutti i paesini della zona, San Nicola è proiettato
ormai verso un futuro diverso e non vive solo di ricordi.

Con affetto alla mia cara Comunità
Don Francesco Pontoriero