Che cosa, ci fa sentire soli?

Che cosa, ci fa sentire soli ?

Di Vincenzo Calafiore

8 Gennaio 2022 Udine

Noi  “ umani “ siamo – forse- gli animali più socievoli  e lo sono anche gli scimpanzé e le scimmie . Troviamo conforto e piacere nell’avere sempre più amici e conoscenze che gravitano o orbitano attorno a noi; persone che per motivi diversi o passivamente onorano o venerano la nostra persona quale che sia la nostra azione o le parole donate loro.

La “ vita “ però va in una direzione esattamente opposta alla nostra di desideri o a quella immaginata, così viene a crearsi una sorta di competizione che rende impossibile la realizzazione di un modello di vita, quindi non rimane che scendere a compromessi.

L’ arte “ del piegarsi senza spezzarsi “ è un’abilità essenziale alla sopravvivenza del nostro smisurato ego e allo stesso tempo essere così tanto inarrivabile per la stragrande maggioranza di noi?

Il male di questo millennio ha il nome di “ ipersocialità “ . Come è possibile in questa era di – globalizzazione –  sentirsi soli ?

Ma la vera domanda, cioè quella – zero –  è : perché ripudiamo la solitudine? Capita a ognuno di noi sentirsi persi stando da soli, perché ci troviamo di fronte all’ultima cosa con cui vorremmo avere a che fare: noi stessi , il nostro peggior nemico !

Quando ci si trova nel gruppo o nel branco nella maggior parte dei casi tendiamo ad avere un comportamento diverso, come avere una seconda personalità; questa personalità sociale o più semplicemente maschera. Le due personalità tendono a combattere per la supremazia giusto il tempo che la persona tende a trascorrere assieme ad altre persone, solitamente scialbe e remissive, vuote e superficiali che rimangono lì senza risolvere un qualsivoglia problema.

Quando rimaniamo soli, non avendo la necessità di mettere in atto la personalità sociale, veniamo a contatto e siamo obbligatoriamente in compagnia con l’ex- vero “ io “ ormai uno spettro che, specie nella mente dei più insicuri, i più deboli, tormenta le nostre decisioni e azioni guidate da quel precario e inutile istinto della personalità sociale.

Non sarai mai solo/sola se ami e ti piace la persona con la quale stai solo/solo: te stesso/a  La precaria e inutile personalità sociale conduce alla totale chiusura in se stessi o a una esasperante ricerca di socialità, ( ricchezza, notorietà, successo ), segnali di una grandissima insicurezza e mancanza di carattere ben formato; sviluppiamo così una grande paura per il “ vero io “  che ci rende terrorizzati solo all’idea di rimanere soli con lui,  ( il star da soli ) .

Così stando le cose, si potranno verificare certe situazioni a questo “ sdoppiamento della personalità “ :

  • Accettare la personalità sociale come vera e definitiva seppellendo la vera.
  • Accettare il proprio – io – ( Ego Sum ) e seppellire la personalità sociale, in cui il vero io è la personalità sociale, per farlo ci vuole carisma, animos.
  • Si può relegare ipocritamente a personalità di facciata ( maschera) pur mantenendo ben saldo al timone della nostra esistenza il vero io.

E’ essenziale come il mangiare e dormire, considerati i tempi delle dinamiche sociali fluide e superficiali, la nostra vera entità non è sempre ben gradita dal gruppo, branco, compagnie con cui spesso ci relazioniamo lungo il percorso della nostra esistenza. La solitudine e la sensazione di essere soli è una – condizione – che spesso sperimentiamo nella nostra vita. A volte .Si sceglie di stare soli per godersi un momento solo per sé, che possa servire come periodo di riflessione, di meditazione o di puro rilassamento e pace interiore. Paradossalmente, questa ricerca di intimità con sé stessi è scarsamente ricercata dalle persone che vivono in questo periodo storico. Si riduce la tendenza a voler ‘convivere’ con il proprio Io, si ha paura del proprio ‘buio’, dei propri pensieri, di cadere vittima di tranelli della mente che potrebbero condurre verso cali di autostima, depressione o ansia. Si tende a prediligere la presenza di altri, probabilmente per soddisfare i crescenti bisogni di approvazione e appartenenza tipici della nostra epoca. La continua presenza dell’altro può rivelarsi un efficace distrattore dai propri problemi e difficoltà personali, e colmare vuoti affettivi.