Dalla peste ateniese al Covid-19. Patocenosi: XXV secoli di storia nel magistrale lavoro di Antonio Pugliese

Un’importante ricostruzione storico-scientifica sulle malattie contagiose che hanno funestato le popolazioni, dall’antichità fino all’attuale emergenza pandemica. L’ampia opera di ricerca, che ha prodotto il libro Patocenosi. Dalle malattie contagiose dell’antichità alle pesti, epidemie, pandemie ed epizoozie, condotta dal prof. Antonio Pugliese (docente di Clinica medica veterinaria) racconta come l’umanità abbia vissuto e affrontato le tante calamità e interroga le nostre coscienze di fronte ad un fenomeno che ha messo in crisi il mondo globalizzato e infranto le vane certezze su cui l’homo technologicus ha costruito l’attuale sistema socio-economico e produttivo, ma anche epistemologico.

“Il relativismo non coincide affatto con la notte in cui ‘tutte le vacche (ovvero tutte le credenze) sono nere’. Piuttosto è l’atteggiamento che contesta che una qualche credenza o forma di vita si arroghi il monopolio della verità o della giustizia” (Giulio Giorello, Le avventure della libertà, 2021)

Dalla peste di Atene alla Sars-CoV 2 (Covid 19) sono trascorsi quasi 25 secoli. Le malattie contagiose, Patocenosi  hanno contrassegnato la vita e la storia dell’umanità e ne hanno plasmato e ne plasmano il suo destino. Lo dimostra un corposo lavoro editoriale, frutto di appassionata ricerca, che ha tracciato la storia delle patocenosi dall’antichità fino ad oggi. A compiere questa importante e originale ricostruzione Antonio Pugliese (già professore ordinario di Clinica medica veterinaria dell’Università degli Studi di Messina, con una lunga esperienza nel campo delle epizoozie, malattie contagiose degli animali), con un excursus “enciclopedico” sulle varie forme di malattie contagiose, (337 pp. con circa 250 citazioni bibliografiche), dal titolo Patocenosi. Dalle malattie contagiose dell’antichità alle pesti, epidemie, pandemie ed epizoozie, (per i tipi di Aracne Editore) che si avvale della Prefazione di Giovanni Ballarini, (prof. Emerito dell’Università degli studi di Padova).

In questo suo ultimo lavoro, il prof. Pugliese ha unito il lontano passato all’attualità, il mondo degli animali con quello degli uomini, classificando sotto il profilo medico-scientifico le patocenosi (concetto elaborato dallo storico della Medicina Mirko Drazen Grmek, 1924-2000) e descrivendo i sintomi, gli effetti sociali, i rimedi adottati e i progressi che sono stati compiuti nel contrastare il loro devastante impatto, come i vaccini. Lo compendia nell’Epilogo:  “Tracciando un percorso storico dalla peste al coronavirus, noto come Covid-19 che nel marzo 2020 è ufficialmente diventato una pandemia, abbiamo voluto riportare la nostra attenzione su come l’evoluzione del genere umano è strettamente connessa con la storia delle malattie infettive. Sviluppo e propagazione di alcune infezioni hanno addirittura causato il crollo di imperi secolari. Le prime notizie delle malattie contagiose li troviamo nella Bibbia, che testimonia il terrore e la morte che esse provocarono tra gli Egizi nel 1320 a. C.”. Nella “Prefazione” il prof. Ballarini osserva acutamente: ”Le pesti, le grandi epidemie e le pandemie fanno parte della memoria collettiva dell’umanità dando origini a narrazione e miti che non sostituiscono la loro storia, che non è solo curiosità per pochi specialisti, ma una conoscenza indispensabile per fenomeno importanti non solo per la salute, sicurezza e dinamica delle popolazioni, ma anche pero lo sviluppo sociale, economico e culturale”. Più avanti l’Emerito docente di Clinica medica veterinaria offre una chiave antropologica e gnoseologica per interpretare tutto quello che sta accadendo: “La storia studia e interpreta il passato e le conoscenze che sulle pesti, epidemie e pandemie erano diverse da quelle odierne, ma non è così per le condizioni e soprattutto per i comportamenti umani che non cambiano nel tempo, non smentendo il detto secondo il quale quanto più spingiamo indietro la nostra conoscenza, tanto meglio possiamo comprendere il presente e trovare strade per costruire il nostro futuro”. Il prof. Ballarini redige una sintetica mappa dei comportamenti che attraversano ancora l’umanità: “Paure se non panico, negazionismo, voglia d’isolamento e sgomento sono atteggiamenti dell’uomo di ieri e d’oggi e che non mutano di fronte ai contagi epidemici, come non cambia la ricerca di rimedi che l’uomo cerca in relazione alle condizioni sociali ma soprattutto cognitive del tempo”.

Nell’approccio metodologico della ricerca l’autore ha fatto ricorso all’unità dei saperi. Infatti si può rintracciare la visione storiografica dell’Ecole des “Annales”, (Nuovelle Histoire ) della “lunga durata” che permette di abbracciare nei secoli l’evoluzione di un fenomeno o di strutture storiche. L’attuale pandemia (causata dal virus) così anche le pesti (il cui agente patogeno è stato un batterio, come quello che si è diffuso nel 1348, Yersinia pestis, dal nome dello scienziato che ha identificato il genoma, il batteriologo franco-svizzero Alexandre Yersin) ci raccontano lo stretto rapporto tra animale-uomo. Lo dimostra il vaccino, il cui termine è legato ai bovini. All’origine il vaccino designava il vaiolo dei bovini e il pus ricavato dalle pustole del vaiolo bovino (pus vaccinico) veniva impiegato per praticare l’immunizzazione attiva contro il vaiolo umano. Il vaccino contro il vaiolo è stato il primo escogitato dalla ricerca scientifica, ed è stato un medico di campagna inglese, Edward Jenner, alla fine del XVIII sec. a dimostrare come una lieve infezione prodotta dal virus del vaiolo vaccino fosse in grado di attivare degli anticorpi.

Quella che è passata nell’immaginario collettivo come la peste nera, ha origine sempre dalla Cina come l’attuale coronavirus, percorrendo la via della seta e trasportata dai topi che seguivano i mezzi di trasporti dell’epoca, ma trasmessa dalla pulce Xenopsylla cheopis. In origine il bacillo della peste viveva e si diffondeva nei ratti che ospitavano appunto questo batterio, classificandoli in due popolazioni: una resistente alla malattia e quindi fungendo da ospite,  e una invece che moriva, cosicché le pulci passavano ad altri ospiti, compresi gli uomini, dando origine all’epidemia. Questo trasferimento delle pulci dai ratti al genere umano (salto di specie) avvenne con una certa facilità a causa della scarsa igiene, mentre come stiamo sperimentando con il Covid-19, la diffusione su larga scala è dovuto al contatto umano. A tal proposito il prof. Pugliese spiega che “si ha notizia di epidemia e carestie che seminarono lutti e distruzioni in tutti i secoli della storia, ma fu la peste uno dei morbi più temiti del passato, considerata un castigo di Dio, in realtà opera del nefasto trio (un minuscolo bacillo, il ratto nero e la pulce) ad essere responsabile del drammatico evento collettivo che per secoli causò dolore e morte, imperversando per l’Europa con ondate numerose e cicliche, che si diffuse anche alle errate teorie mediche e ai rimedi inefficaci e, talvolta, persino nocivi, perché raramente i medici comprendevano la natura contagiosa del male…” (pag. 81). Di fronte alla mancanza di conoscenze di carattere scientifico, i fenomeni così come le malattie, venivano interpretati miticamente. Esemplare l’interpretazione che si ritrova nell’Iliade (la pestilenza che colpisce l’accampamento greco mentre assedia Troia), o nell’Antico testamento (Esodo, Deuteronomio, Paralipomeni ma anche nell’Apocalisse del Nuovo Testamento) in cui il morbo è considerato un castigo divino per le colpe degli uomini. Ampia spiegazione, come ci informa nel suo documentato studio il prof. Pugliese,  è offerta nel “Primo Libro di Samuele” dove si racconta come Dio abbia inviato una pestilenza ai Filistei, colpevoli di aver rubato l’Arca dell’Alleanza ebraica). Un’altra peste calamitosa è quella che passa alla storia come Peste Antonina, (165-180) derivata da Marco Aurelio il cui patronimico era “Antoninus”. Poi abbiamo la Peste di Giustiniano, con un tasso di mortalità catastrofico (tra 25 e 50 milioni di vittime. Il contagio, sempre causato dal bacillo Yersinia pestis, raggiunse Costantinopoli nel 542.

Percorrendo la storia, l’autore poi si sofferma sulla peste del 1348, rimasta nella memoria collettiva come la “peste nera” decimando la popolazione di oltre il 30 % dell’Europa e d’Italia. In questo caso, la peste diventa protagonista della letteratura italiana ed europea con il capolavoro di Giovanni Boccaccio, Il “Decameron”. Seguendo la linea letteraria, un altro capolavoro ha raccontato la peste che si è diffusa nel 1630, il romanzo storico di Alessandro Manzoni, “I promessi sposi”, la cui prima stesura risale a 2 secoli fa, 1821, ma su cui il Manzoni ha lavorato per circa 20 anni). La descrizione della peste viene affrontata in particolare nei capp. XXXI e XXXI; ma nel cap. XXXIV troviamo uno degli episodi più toccanti del romanzo, la descrizione della madre di Cecilia, la bambina morta di peste.  Sulla diffusione della peste lo stesso autore de “I promessi sposi”, come appendice storica allo stesso romanzo, nella versione definitiva, quella del 1840, ha voluto fare un approfondimento allegando un saggio, Storia della colonna infame. Meno conosciuta è stata invece la peste di Messina (1743) a cui il prof. Pugliese ha dedicato un cap. a parte il XII della Terza parte del libro. Riferisce che la diffusione del contagio ha decimato il 76,6% della popolazione, e la città dello Stretto, da 40.561, si ridusse a 12.480 abitanti. A questi morti bisogna aggiungere anche quelli dei villaggi, 14.561. Particolare attenzione poi viene dedicata alla storia del lazzaretto di Messina, fatto edificare secoli prima proprio come ospedale per la cura delle malattie contagiose. Interessante scoprire che con il disastroso sisma del 1908 (28 dicembre) la struttura muraria del lazzaretto in parte fu distrutta dal terremoto e tra il 1924 ed il 1937, “con la ricostruzione del porto, e poi con lo scoppio della seconda guerra mondiale, avvenne gradualmente la scomparsa definitiva del lazzaretto di Messina. Nelle zone di attracco delle antiche navi oggi resta solo un pontile”.

Nella II parte il libro è arricchito da una classificazione sistematica delle patocenosi (entità nosologiche), cioè delle malattie infettive come il vaiolo, il tifo, la malaria, il morbillo, la tubercolosi, la lebbra, la rabbia, il colera. Proseguendo (nella III parte) abbiamo una descrizione delle principali epidemie documentate nella storia, a partire dalla peste del XIV secolo a. C. (tarda età del bronzo) che interessò l’Egitto durante la dinastia Amarna intorno al 1325 a. C. La fonte è una delle cosiddette “Lettere di Armana” (si tratta delle tavolette incise con una scrittura cuneiforme) indirizzata ala faraone Akhenaton (XVIII dinastia). In base alla descrizione si tratterebbe di peste bubbonica proveniente dall’India e diffusasi nel Medio-Oriente nel 1030 a.C. o nel 1078 a.C.). A seguire la peste di Atene, attestata come si è anticipato, dallo storico Tucidide scoppiata durante la guerra del Peloponneso nel 430 a. C.), considerata dallo storico della medicina Mirko Grmek, “la prima epidemia grave di una malattia ad alta mortalità  di cui si possiede una precisa descrizione storica, percepita dai contemporanei come un fenomeno storico nuovo.”

L’opera, nella sua ricostruzione storica, affronta ancora le principali pandemie influenzali del XX secolo, come la Spagnola nel 1918 e l’Asiatica nel 1957-58. Inoltre, l’autore, dopo aver citato gli “eventi quasi pandemici” focalizza la sua attenzione sulla diffusione di altre malattie contagiose che si sono manifestate durante il XX secolo come l’influenza aviaria,  l’Ebola e l’AIDS. La parte V tratta le cosiddette “malattie da prioni” agenti infettivi non convenzionali che sia nell’uomo che negli animali sono responsabili di malattie neurodegenerative, definite “encefalopatie spongiforme trasmissibili”; tra queste troviamo la BSE.

Nella VI parte, il lungo viaggio compiuto dal prof. Pugliese approda infine nel nuovo millennio, nel campo specifico delle malattie causate da agenti virali, il cui responsabile è il coronavirus, che tutto il mondo ha imparato a conoscere. Come ormai è risaputo, si tratta di una nuova forma di sindrome respiratoria alquanto grave caratterizzata da polmonite atipica. Ma forse non tutti ricordano che la SARS (sindrome respiratoria acuta grave), apparsa per la prima volta nel novembre 2002 sempre in Cina, viene identificata per la prima volta dal microbiologo italiano Carlo Urbani (vittima sacrificale nel marzo del 2003). Questa malattia produsse una epidemia lungo un arco temporale che va dal novembre del 2002 al luglio 2003, causando 8096 casi e 774 decessi in 17 paesi. A questa categoria di infezione, legata al coronavirus, appartiene anche la MERS-CoV(sindrome respiratoria meridionale).

Queste ultime patocenosi hanno aperto la strada all’attuale pandemia,  la Sars-CoV-2 (severe acute respiratory syndrome coronavirus 2), classificata sotto il profilo epidemiologico, come la seconda pandemia del mondo globalizzato. Ancora ignote sono le cause che hanno dato origine al coronavirus Covid 19 che ha innescato la pandemia: non sappiamo se ci sia un origine naturale, il salto di specie (spillover) dal pipistrello all’uomo, come in un primo momento alcuni scienziati lo avevano attestato in modo categorico e imperativo,  oppure siamo di fronte ad un agente patogeno costruito in laboratorio (un’ipotesi sempre più accreditata). Se venisse dimostrata l’origine non naturale, si aprirebbe uno scenario inquietante per la storia dell’umanità. Questa probabile manipolazione genetica del virus “chimera” è già stata sperimentata, fondendo insieme materiale genetico proveniente da virus diversi tra di loro, seppure imparentati, proprio nel laboratorio virologico di Wuhan . Gli esperimenti svolti con le chimere sono osservati con grande interesse nella comunità scientifica, con tutti i dubbi e i rischi che comportano, perché un virus che sfugge dal laboratorio potrebbe comportare conseguenze incontrollabili. In questi casi si pone una questione di carattere etico gigantesca: fin dove la sperimentazione scientifica si può spingere? Chi è che finanzia e controlla questi esperimenti e con quale scopo vengono effettuati? Abbiamo già visto nel XX secolo gli effetti terrificanti del delirio di onnipotenza con i lager e la bomba atomica. Man mano altre “colonne d’Ercole” sono state superate dalla smisuratezza umana aprendo la rotta verso il post umano (Dante, Inferno, canto XXVI). Scienza e coscienza non devono mai scindersi, altrimenti si producono delle mostruosità, come ci insegna la storia, ma prima ancora la letteratura, a partire dal mito.

Coniugare la scienza e la coscienza è lo spirito con cui il prof. Pugliese si è sempre approcciato, mettendo insieme gli studi umanistici con quelli propriamente scientifici, come dimostra questa sua ultima magistrale opera e la sua vasta produzione scientifica, in particolar modo nell’ambito della ricerca nel campo specifico della Pet Therapy. “L’homo sapiens – spiega Pugliese – non si è posto mai il problema di confrontarsi con la natura e portare una debita attenzione ai sani principi della correlazione uomo-natura-ambiente, presupposto principe per una cultura antropocentrica che non ha un giustificato motivo di esistere”. 

Infine la parte conclusiva (VII), l’autore si occupa delle Epizoozie, le malattie epidemiche caratteristiche degli animali, campo su cui il prof. Pugliese ha una vasta esperienza scientifica ed accademica e vanta tante ricerche e sperimentazioni sul campo.