La scienza occulta nella Repubblica dei Somarelli

Proprio un anno fa, 13 maggio 2020, veniva pubblicato un dossier frutto di uno studio di alcuni ricercatori dell’OMS della sede di Venezia, guidati da Francesco Zambon, che metteva in luce l’arretratezza del piano pandemico (risaliva al 2006) e l’impreparazione dell’Italia ad affrontare la pandemia. Il giorno dopo la pubblicazione, 14 maggio 2020, questo rapporto sparisce dal sito dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Nei mesi successivi è stato ritrovato e divulgato da Robert Lingard, consulente legale che assiste i familiari delle vittime per Covid 19. Dietro ci sarebbe stata la regia occulta di Ranieri Guerra (vicedirettore vicario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e che tra il 2014 e il 2017 era a capo dell’ufficio di Prevenzione del Ministero della Salute). Nella ricostruzione della trasmissione di Report andata in onda il 12 aprile, emergerebbe anche la complicità di Silvio Brusaferro (Presidente dell’Istituto Superiore della Sanità), del Direttore Generale dell’OMS Adhanom Tedros e del Ministero della Salute. Sulla vicenda indaga la Procura di Bergamo.

Pro-logos

Adesso che quasi tutto il corpo della Penisola si è impregnato di giallo come il colore dei limoni cantato da Eugenio Montale (premio Nobel 1975), possiamo recitare che “Qui delle divertite passioni/per miracolo tace la guerra,/qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza/ ed è l’odore dei limoni…” e in “questi silenzi in cui le cose/ s’abbandonano e sembrano vicine/ a tradire il loro ultimo segreto,/talora ci si aspetta/ di scoprire uno sbaglio di Natura,/il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,/il filo da disbrogliare che finalmente ci metta/ nel mezzo di una verità…”  

Lungo “il filo da disbrogliare” si dipana la storia dell’umanità, da quella più remota, originata da “uno sbaglio di Natura”. Altrimenti noi poveri Sapiens non saremmo “qui” a vivere la nostra parte di ricchezza, attraverso l’uso divertito della passione per la scienza del logos aristotelico. La “ricchezza della povertà” ha ispirato anche lo scrittore Giuseppe Berto quando approda in Calabria e decide tra gli anni ‘50 e ‘60  di eleggere Capo Vaticano sua patria fisica e spirituale, erigendo il suo tempio là dove un tempo le sacerdotesse vaticinavano per avere responsi. E dal mare “da dove sono nati i miti” intuisce che la vera ricchezza della Calabria si trovava nelle povere e oneste mani dei contadini, nell’humus della sacralità del loro verbo, nella millenaria civiltà di quel mondo improvvisamente scomparso, che “era sì miseria, denutrizione, malattie, analfabetismo, esuberanza sia di nascite che di morti (premature), ma era anche grandissima onestà e nobiltà dell’animo popolare, quasi una sacralità che la gente povera esprimeva nel parlare, nel gestire, nel coltivare un campo, nel costruire un muro o una casa… la povertà degli antenati che finalmente diventava ricchezza per i posteri, preziosa materia prima, in quantità incredibile, in una terra che di materie prime scarseggia”.  Ma i calabresi “si sono messi con grande energia e determinazione a distruggerla. In questo sono infaticabili e, a modo loro, geniali” (La ricchezza della povertà, 1972).  L’autore de “Il male oscuro” (1964) aveva compreso che “la conoscenza dell’alfabeto se non diventa cultura, dà forza all’ignoranza, e la disponibilità di mezzi rende più potente il disonesto, il furbo”: per poter coniugare il verbo al futuro era necessario il verbo del passato, attraverso l’umile predicato dell’opera dei contadini. Al contrario, la pseudo borghesia era ed è “sollecita com’è nel razziare quanto più possibile dei sussidi statali, incurante di ciò che lo scempio e il cattivo esempio possono causare” e  “questo democratico Stato è un nemico da ingannare e chi più lo inganna più degno di rispetto” (Calabria, 1970). Una riflessione che ritroviamo anche dentro lo sguardo della macchina da presa di Vittorio De Seta (1923- 2011), uno dei registi e documentaristi più importanti a livello nazionale, e ha fatto della cultura contadina in Calabria un osservatorio e un laboratorio per guardare alla sorte dell’intera umanità, come racconta nello straordinario lungometraggio In Calabria (1993):

“Tutto un mondo di tradizioni, costumi, dialetti, temperanza, laboriosità, arte, musica, canti, è stato travolto di colpo dall’avanzata del mondo dell’industria. Tutta una cultura che costituiva la storia stessa dell’uomo è stata negata, condannata. Si dice sempre che la morte violenta della cultura contadina era indispensabile per lasciar posto al progresso, alla civiltà. Ma perché? Non avrebbero potuto coesistere insieme? Era proprio necessario che vi fosse una contrapposizione così netta e spietata? Cosa è stato allora?

C’è stato il capovolgimento brusco di una concezione della vita che durava da millenni. È stato come se all’improvviso una gran febbre di rinnovamento avesse invaso la mente degli uomini. È stata la fede nel progresso, della grande forza sprigionata dalle macchine, ad alimentare questa speranza, queste certezze. Se prima, nel corso dei millenni poco o nulla era cambiato, ora tutto doveva cambiare. Se prima tutto ciò che era vecchio veniva conservato e rispettato, ora bisognava lasciarselo alle spalle, come un qualcosa di inutile, di spregevole. Si è instaurato un ritmo frenetico di continuo superamento. Tutto doveva diventare sempre più grande, più veloce, più efficiente.

Si è sempre pensato che migliorando le condizioni di vita materiale degli uomini, automaticamente sarebbe migliorata anche quella morale e spirituale; ma si è dimenticato che ogni cambiamento in meglio, ogni progresso vero, non può venire dall’esterno dell’uomo, ma soltanto dall’intimo della sua coscienza. se questo non avviene, il risultato è la disintegrazione dell’intero sistema sociale che non si fonda più sui principi della solidarietà e dell’amore, ma sull’idea del benessere, del profitto, del guadagnare di più, sempre di più…  

Queste fabbriche abbandonate … rappresentano, ci sembra, il pericolo che incombe sull’umanità, non soltanto sul piano materiale, ma soprattutto su quello morale e spirituale. Sta accadendo infatti, qualcosa di nuovo, sconvolgente. Gli uomini hanno perduto il legame che li univa al mondo della natura e perciò all’idea dell’infinito. Hanno dimenticato che l’umanità progredisce, non in virtù dell’appagamento dei bisogni materiali, ma soltanto in virtù delle forze spirituali. con questo è venuto meno la capacità di dare un senso alla vita, di riconoscere tutti insieme la coscienza che è in noi, di ciò che è bene e di ciò che è male, di ciò che è importante e di ciò che non lo è…

E alla fine del suo viaggio in una Calabria piena di contrasti e contraddizioni con lo sguardo rivolto allo scempio del territorio in cui si riflette quello dell’umanità, si congeda con questa impietosa analisi:

“Ma ora, al termine del nostro viaggio, avendo negli occhi le immagini di una umanità povera, forse, ma ricca ancora di laboriosità, moralità, armonia, vedendo i quartieri dormitorio di questa città, le condizioni di precarietà e di emarginazione della gente che ci vive, ci rendiamo conto di quanto sia ingiusto coinvolgere tutta una popolazione nelle attività criminali di una esigua minoranza. Quanto sia ingiusto, soprattutto, spiegare questo stato di cose come il frutto di un’atavica, collettiva e indelebile vocazione al male.

Eppure accade sempre la stessa cosa. Non soltanto quando si parla della Calabria o del Sud dell’Italia, ma anche della maggior parte dei Paesi sottosviluppati nel mondo. Sempre ad essi si dà la colpa di tutti i mali che affliggono l’umanità. E invece è esattamente il contrario. È sempre l’avanzata del mondo dell’industria, nelle sue forme più spregiudicate e brutali, che distrugge ogni cosa e porta un inesorabile processo di disgregazione morale e culturale.

Tutto è cominciato nel momento in cui i contadini hanno lasciato le loro case e sono andati in città, nelle fabbriche. Le città non hanno senso. Non c’è un motivo per cui tanta gente debba ammassarsi in un posto solo. Nelle città ormai la gente non si riconosce, non si saluta, nemmeno si guarda in faccia. Non c’è concordia, altruismo, ma soltanto avidità, ostilità. La forza terribile sprigionata dalle macchine ha evocato demoni che sfuggono ad ogni controllo razionale. Le fabbriche possono produrre indifferentemente cose utili, cose superflue, cose dannose, come le armi, i veleni. Le conseguenze sono le guerre, milioni di morti, arsenali atomici, terrorismo, fame, sprechi, inquinamento, corruzione, droghe e violenza sempre più violenza. Questi sono i frutti raccolti dall’avanzata del mondo dell’industria nei suoi aspetti più insensati. Oggi, alle soglie del terzo millennio, li abbiamo sotto gli occhi.”  

Oggi, domenica 9 maggio, le “trombe d’oro della solarità” dei limoni si dispiegano con spontaneità e ci offrono la loro invisibile sinestetica ricchezza.

Basta osservare i fiori che emanano l’intenso odore: non chiedono nulla in cambio, soltanto di essere contemplati e restare in attesa, in religioso silenzio. Nella semplicità si contempla il miracolo della creazione e la sacralità della terra. Ma la storia dell’umanità è stata – ed è – contrassegnata dalla dissacrazione, dall’inganno, dallo scempio: a partire dal mito dell’Eden, dal furto del fuoco di Prometeo, o dall’astuto Ulisse, fino a quella attuale del PIL che nasconde, nel suo empio ventre, “le guerre, milioni di morti, arsenali atomici, terrorismo, fame, sprechi, inquinamento, corruzione, droghe e violenza, sempre più violenza”. “Se si insegnasse la Bellezza alla Gente, la si fornirebbe di un Arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà” aveva affermato Peppino Impastato prima di essere ammazzato in quel lontano-vicino 9 maggio 1978, giorno in cui è stato ritrovato il corpo esamine di Aldo Moro, a Roma. Nello stesso anno scompare anche Giuseppe Berto (1 novembre). I destini incrociati o gli incroci dei destini. E a distanza di 43 anni, gli enigmi sulla sorte di ognuno di noi adesso sono legati alla potenza invisibile del COronaVirus Disease 19 (divulgato anche come malattia respiratoria acuta da Sars-CoV-2),  non solo di noi gente italica che ancora siamo alla ricerca della verità perduta:  

“Bellissimo paese l’Italia, disse una volta Leonardo Sciascia; ma con un grande difetto: smarrisce la memoria. E non solo: è un paese senza verità. L’ “innocenza” l’Italia non l’ha persa, come molti hanno detto, nel 1969, con lo scoppio delle bombe alla Banca dell’Agricoltura a Milano. L’innocenza l’aveva già persa il 1 maggio del 1947 con la strage di Portella della Ginestra. E’ quel giorno che comincia la lunghissima teoria delle menzogne di Stato, i suoi segreti e misteri…” (in Valter Vecellio, “La storia della mafia di Leonardo Sciascia”, www.opinione.it, 2013, e in Antonio Giagrande “La mafia in Italia”, 2018).

Ed è nell’oscuro colore dei disegni occulti che le sembianze umane si intessono con i fili nascosti degli “arcana imperii”:

“Come dimostrano tutti coloro che ragionano del vivere civile, e come è piena di esempli ogni istoria, è necessario a chi dispone una republica ed ordina leggi in quella, presupporre tutti gli uomini rei, e che li abbino sempre a usare la malignità dello animo loro qualunque volta loro ne abbiano occasione; e quando alcuna malignità sta occulta un tempo, procede da una occulta cagione, che per non si essere veduta esperienza al contrario non si conosce; ma la fa poi scoprire il tempo, il quale dicono essere padre di ogni verità” (Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, 1513 – 1519).

Secondo la visione, della natura umana (no certo entusiasta) da parte dell’autore del Principe e fondatore della scienza politica (che va “al di là del bene e del male” per citare il libro di Friedrich Nietzsche), l’uomo cova la malvagità, è inaffidabile, simulatore, perché finge quello che non è, ed è dissimulatore, perché nasconde quello che è. Così utilizza mezzi leciti e illeciti, anche crudeli e sleali, per raggiungere il suo scopo. Per “la ragion di Stato” si perde ogni ragione e il fine giustifica qualsiasi mezzo. In questa visione, l’uomo che ambisce a governare, per mantenere il potere, non si fa alcun scrupolo di carattere etico o morale: può essere corrotto o diventare corruttore, violento e subdolo. La bontà, l’onestà, la lealtà, i valori umani, morali, sono soltanto un residuo in via di estinzione dell’homo Sapiens ancora intriso di umana pietas: al contrario la crudeltà, il tradimento e l’astuzia sono virtù da coltivare, se utili alla ragion di Stato e al potere personale o del proprio clan, aggiungiamo noi. 

In questo infido e funesto campo le categorie di verità, scienza, giustizia, compassione, humanitas, entrano in collisione e possono determinare una esplosione atomica semantica del valore della parola, distruggendo ogni forma di pensiero sotto l’azione annientatrice del potere; almeno per chi ancora crede che nell’uomo ci possa essere una scintilla di umanità e con i tanti Peppino Impastato,  è convinto che “bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.  

E allora, oggi, 9 maggio, ci chiediamo quale sia la coscienza che guida la scienza degli uomini… Quella “machiavellica” o quella che insegna la bellezza e lo stupore, così come auspicava anche Albert Einstein: “Esseri umani, piante o polvere: tutti danziamo su una melodia misteriosa intonata nello spazio da un musicista invisibile”, perché “La cosa più bella che noi possiamo provare è il senso del mistero: esso è la sorgente di tutta l’arte e di tutta la scienza. Colui che non ha mai provato questa emozione, colui che non sa più fermarsi a meditare è come morto, i suoi occhi sono chiusi”.

Intanto ci affidiamo nelle mani della Dea Fortuna, arbitra per metà della vita degli uomini, secondo la concezione rinascimentale del maestro del Principe, in cui l’uomo è artefice del proprio destino, nella convinzione che la poesia, come quella che continuano ad emanare le lucciole, in questo ricco tempo di maggio, con il loro magico raggio, disegnando fili e trame di luce e di bellezza incommensurabile, apre la porta alla profezia. Anche questa è la nostra “parte di ricchezza” che ci riserva la dea Fortuna, illuminati dall’ingenuità del sogno che sa ispirare la lampyris noctiluca. E non sappiamo se fosse un privilegio che ci è concesso ancora dal mistero che circonda ogni storia e i luoghi dove le esperienze si vivono, tradotto nei secoli nella lingua del codice genetico ed estetico; oppure dettato dal caso e dalla necessità.

I somarelli di Venezia

“Sei ancora quello della pietra e della fionda uomo del mio tempo…”.

I versi di Salvatore Quasimodo, assieme a quelli di Montale, risuonano in questo nuovo giorno, 10 maggio, come le lucciole che ieri sera hanno trapuntato le ombre del crepuscolo disegnando trame luminose e illuminanti. Mentre i grandi, i potenti, si dilettano a giocare con “le ali maligne… con il carro di fuoco”: “Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue/ salite sulla terra, dimenticate i padri:/ le loro tombe affondano nella cenere,/ gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore”. (Salvatore Quasimodo, Uomo del mio tempo, 1947).

In questo incerto viaggio tra mito, letteratura, storia, memoria e scienza ,si apre, come un ventaglio, la cronaca (non sappiamo con quale colore definirla) dei giorni che hanno disseminato la loro polvere e che ci costringono ad interrogare l’oracolo di Delphi, per avere responsi e interpretare i segni, mentre invochiamo una “storta sillaba” che Eugenio Montale, nell’anniversario dei 40 anni dalla sua morte (12 settembre 1981) rivendicava:

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/ l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco/ lo dichiari e risplenda come un croco/ perduto in mezzo a un polveroso prato./
Ah l’uomo che se ne va sicuro,/agli altri ed a se stesso amico,/e l’ombra sua non cura che la canicola/stampa sopra uno scalcinato muro!/Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,/sì qualche storta sillaba e secca come un ramo./Codesto solo oggi possiamo dirti,/ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

 Più di una “storta e secca sillaba” sappiamo ciò che non vogliamo e non siamo. Per il resto ci affidiamo alle parole e alle immagini che ci sono state svelate dalla trasmissione di Report del 12 aprile, intitolata “I somarelli di Venezia”. Attraverso questa allegorica similitudine, la fantasia corre alle Metamorfosi o l’asino d’oro (Asinus aureus)  dello scrittore africano Apuleio, in cui racconta la trasformazione del curiosus Lucio in asino, nel suo viaggio di conoscenza. A sua volta questa storia ha delle correlazioni con il contemporaneo “Lucio o l’asino” attribuito a Luciano di Samosata, ma ritenuto apocrifo (breve romanzo greco erotico I-II secolo d.C.). E successivamente ha ispirato anche il cancelliere della segreteria della Repubblica fiorentina Machiavelli, nel poemetto satirico L’asino d’oro. Lucio Apuleio (II secolo d.C.) nato e vissuto nell’antica Numidia (Algeria), nelle Metamorfosi immagina l’espiazione e quindi la salvezza del suo alter ego Lucio, ovvero il ritorno alla natura umana, dopo essersi cibato di petali di rosa, pianta sacra a Iside. Si tratta di una serie di storie ad incastro (tra cui quella famosa di Amore e Psiche) che corrispondono alle tre fasi della formazione dell’individuo: caduta, espiazione e ascesi. Un viaggio evolutivo dal peccato alla redenzione come quello compiuto da Dante nella Divina Commedia.

La metamorfosi asinina non risparmierà nemmeno il burattino inventato da Carlo Collodi, Pinocchio. Con una empatica allegoria creata dal fantasioso Ranieri Guerra (nelle vesti di vicedirettore vicario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), l’immagine dei “Somarelli di Venezia” identifica il gruppo di ricercatori dell’OMS guidati da Francesco Zambon,  perché hanno avuto l’ardire o l’infelice compito, di fare gli scienziati da “soma”, dimenticando di vestire invece il manto del leone e della volpe come auspicato da Machiavelli per il suo Principe:

“Pertanto a uno principe è necessario sapere bene usare la bestia e l’uomo. Questa parte è stata insegnata a’ principi copertamente dagli antichi scrittori; li quali scrivono come Achille e molti altri di quelli principi antichi furono dati a nutrire a Chirone Centauro, che sotto la sua disciplina li custodissi. Il che non vuole dire altro, avere per precettore uno mezzo bestia e mezzo uomo, se non  che bisogna a uno principe sapere usare l’una e l’altra natura; e l’una sanza l’altra non è durabile. Sendo dunque uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe e il lione; perché il lione non si defende da’ lacci, la golpe non si defende da’ lupi. Bisogna dunque essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi” (cap. XVIII).   

E in questa storia, tinta di giallo, di blu e di viola, come l’Iris della Repubblica di Firenze (il giallo simboleggia amore e passione, il blu fede e speranza, il viola la sapienza), entra in scena l’altra scienza, quella politica, la “realpolitik”  delle magnifiche sorti e progressive, che ha una virtù magica: di far sparire i rapporti che raccontano una verità che non deve essere rivelata (i famigerati segreti di Stato). Come il mistero dell’uscita del libro del Ministro della Salute Roberto Speranza, sparito dalla circolazione il giorno dopo la sua apparizione (fine ottobre 2020) dal titolo profetico “Perché guariremo”: una speranza disperata, evidentemente. (La storia della sparizione anche del libro del ministro della Salute Speranza viene raccontata in un documento – che si trova sul sito della Rai, dal titolo “Virus e segreti di Stato” – a firma di Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella, i giornalisti segugi di Report).

Dunque, in questa inverosimile tavolozza, il giallo con il blu dà vita al verde; ci manca però il rosso per unirlo al blu e dar vita al viola: così Amore, Passione, Saggezza, Fede e Speranza diventerebbero le assolute protagoniste.

Come ci racconta il mito, dal vaso di Pandora fuggono tutti i mali che affliggeranno l’umanità, tranne la Speranza. Invece nel vaso della trasmissione di Report si scoprono i misteri della sanità o della santità. Al conduttore della trasmissione, Sigfrido Ranucci, affidiamo il prologo, alla luce delle strategiche ragnatele che sarebbero intessute da Ranieri Guerra, da Silvio Brusaferro (Presidente dell’Istituto Superiore della Sanità), dal Direttore Generale dell’OMS Adhanom Tedros e dal Ministero della Salute, per stanare i “Somarelli di Venezia”, che un anno fa avevano rivelato l’arretratezza del Piano pandemico di 14 anni, ma fatto sparire il 14 maggio, il giorno dopo della sua pubblicazione : “Sono stato brutale con gli scemi di Venezia. Ho mandato scuse profuse al ministro. Alla fine sono andato su Tedros e ho fatto ritirare il documento” confessa Ranieri Guerra a Silvio Brusaferro.

Sigfrido Ranucci: “E’ un quadro che lascia tanta amarezza. Anche perché Zambon si è dovuto dimettere e ha fatto causa all’OMS che dovrebbe essere un organismo indipendente. Invece, da una parte censura il rapporto che è stato preparato dai suoi scienziati, dall’altra cerca di interferire su un altro organismo indipendente, la Procura di Bergamo che sta indagando sulla mancata applicazione del piano pandemico e che quando chiede informazioni al Ministero della Salute ha anche difficoltà ad ottenere i nomi dei responsabili. Insomma, doveva preoccupare molto questo dossier preparato da Zambon al punto tale che, come abbiamo sentito nella chat, il capo di gabinetto del Ministro Speranza, Zaccardi, sperava che andasse a morire, che nessuno ne parlasse, perché ovviamente era un dossier imbarazzante. Poi addirittura Guerra concorda con Brusaferro la possibilità di riscriverlo addirittura a quattro mani. Alla faccia dell’indipendenza. Poi a Report il Ministero della Salute aveva anche scritto una nota dicendo che non aveva notizie ufficiali di dossier dell’OMS, non li aveva né valutati né commentati. Alla luce di quello che leggiamo, forse probabilmente non ce l’ha detto tutta e probabilmente quel dossier preoccupava molto di più di quello che immaginiamo, perché quel dossier scritto dai “somarelli di Venezia” così li definisce Guerra, quei ricercatori indipendenti guidati da Zambon, rischiava di far saltare la ragnatela di strategie che aveva tessuto fino a quel momento Ranieri Guerra, perché l’Italia avesse un ruolo di prestigio all’interno della sanità mondiale.

In una relazione informa Tedros di avere incontrato il 26 maggio l’ex premier Massimo D’Alema, per ottenere il suo influente supporto all’OMS. Per avere un’alleanza in vista del G20. E in effetti il Ministro Speranza, nel prossimo G20, che si terrà in Italia a settembre, sarà colui che detterà l’agenda sanitaria mondiale sul Covid. Speranza che è stato tanto criticato nella scorsa gestione e riconfermato. Lasciatemi raccontare un’altra cosa che non ci piace assolutamente. Nell’ultima conferenza stampa di Brusaferro, presidente dell’ISS, è stato negato l’accesso a Report. Una porta che è stata sbattuta in faccia a tutti voi”.  

Adesso riavvolgiamo il nastro per mostrare le occulte regie e strategie che si muovono nelle stanze segrete del potere dove la vera scienza viene messa alla porta, perché al di sopra deve agire indisturbata quella “ragion di Stato” insegnata dal centauro Chirone e ripresa da Machiavelli con gli allegorici  “golpe e lione”. Si riportano i testi delle chat e i commenti degli intervistati nella trasmissione di Report del 12 aprile 2021, con il lavoro investigativo dei giornalisti Giulio Valesini (che intervista e commenta) e Cataldo Ciccolella.

 Tutto ha inizio il 14 maggio 2020. Il rapporto scritto dai ricercatori dell’OMS di Venezia coordinati da Francesco Zambon, è stato appena ritirato. I retroscena della censura li svela Ranieri Guerra in una chat su WhatsApp con il presidente dell’ISS Silvio Brusaferro. Per la prima volta tira in ballo Adhanom Tedros, Direttore generale dell’OMS.

Francesco Zambon: “Dicono delle cose gravissime, devo dire che sono rimasto senza parole”.

Cosa pensa della complicità di Tedros in questa storia?

Francesco Zambon: “Sapeva tutto, anche perché glielo avevo detto io. Lui ha fatto un anno di mobbing. Noi stiamo parlando di un’agenzia delle Nazioni Unite, dove queste cose sono assolutamente inammissibili e intollerabili”.

L’Oms ha negato il coinvolgimento di Tedros nell’insabbiamento del rapporto. Ma a smentirlo c’è una relazione inviata da Guerra a Tedros e da lui approvata, in cui dice che tra il 13 e il 15 maggio lavorò per rendere il rapporto pienamente accettato. Come dire: meno problematico per il nostro governo. Insomma Tedros sapeva tutto.

 “Perché secondo lei, Tedros, Hans Kluge (direttore regionale per l’Europa dell’OMS), hanno deciso di appoggiare Ranieri Guerra?

Francesco Zambon: “L’Italia ha dato il voto a Kluge quando è stato eletto. Il meccanismo è quello “Io dò qualcosa in cambio come segno di riconoscenza”.  

Sigfrido Ranucci, con amara ironia, commenta:

“Chissà a chi dovranno essere riconoscenti i familiari dei malati morti per Covid. È di questi giorni la notizia che un medico della provincia di Bergamo è morto per Covid e i suoi familiari hanno chiesto un risarcimento per la prima volta nella storia in Italia, perché non aveva mascherine sufficienti a proteggersi. Quelle mascherine che sarebbero state previste dall’applicazione di un piano pandemico.

Che cosa emerge dalle chat di Ranieri Guerra? Quello che lui ha sempre negato. Cioè il fatto che sia stato proprio lui ad avere un ruolo fondamentale nell’oscurare un dossier critico nei confronti della gestione italiana, che avrebbe rivelato al mondo la nostra inadeguatezza ad affrontare il virus. Perché avevamo un piano vecchio di 14 anni, mai aggiornato, né applicato. In queste chat Ranieri Guerra parla così con il presidente dell’ISS Brusafero e dice: – Sono intervenuto in maniera brutale, ho chiesto scusa al Ministro e sono intervenuto su Tedros per far ritirare il documento.

Dall’OMS ci scrivono che Tedros non ha avuto nessun ruolo né nella pubblicazione né nella rimozione del dossier, ma che un ruolo lo ha avuto Kluge, responsabile OMS dell’Europa con base a Copenaghen.

Ma l’OMS ha un’altra faccenda da sbrigare. La procura di Bergamo sta indagando per epidemia colposa e per falso. Ha presentato una rogatoria dove chiede all’OMS: “Caro OMS perché hai fatto ritirare un dossier, quello scritto, preparato dai ricercatori di Zambon, nonostante avesse ricevuto l’approvazione scientifica? Su questo è anche indagato Guerra, perché avrebbe mentito ai magistrati i motivi per cui sarebbe è stato ritirato questo dossier. Avrebbe anche mentito in merito al piano pandemico inadeguato, quello vecchio di 14 anni. Quello che noi mostreremo sono delle chat che indicano tutta la strategia che è stata messa in campo dall’ex direttore aggiunto dell’OMS per oscurare la verità, per tessere le sue strategie e anche il ruolo del presidente dell’Istituto  Superiore della Sanità e del capo di gabinetto del Ministro Speranza. Un intrigo internazionale che parte dai vertici dell’OMS e arriva fino a sfiorare un ex presidente del Consiglio”.

Il numero 2 dell’OMS non solo cerca di cancellare ogni traccia del dossier dei ricercatori di Zambon, ma minaccia anche ritorsioni.

Ranieri Guerra: “Ritengo una cosa schifosa di cui non si sentiva la mancanza. Spero di far cadere un paio di incorreggibili teste”.

Silvio Brusaferro, capo dell’ISS ringrazia per l’intervento di pulizia di Ranieri Guerra.

“Grazie molte. Io sono inesperto ma mi pare che sia proprio una situazione critica”.

Un ruolo opaco dell’OMS emerge anche dall’indagine della procura di Bergamo che ha iscritto Guerra nel registro degli indagati per false dichiarazioni. Avrebbe mentito ai magistrati negando la censura del rapporto di Zambon, ma anche sul mancato aggiornamento del piano pandemico.

E’ possibile che l’indagine tocchi anche i dirigenti del Ministro della Salute?

(Maria Cristina Rota, Procuratore aggiunto, Procura di Bergamo):

“Non possiamo né affermarlo né escluderlo in questo momento. La difficoltà che abbiamo incontrato è che spesso alle domande su chi avrebbe dovuto fare qualcosa, ma anche trasmettere un documento, spesso ci siamo sentiti dire: noi chi? Il Ministero? Ma il Ministero chi? Quasi come se ci fosse timore nell’indicare un nominativo”.

Esagero a definirlo un atteggiamento omertoso?

“Direi un atteggiamento reticente.”

L’OMS avrebbe ostacolato anche le indagini. Non solo non girò le convocazioni ai ricercatori, coautori con Zambon del rapporto, per paura che parlassero con la procura del dossier, ma addirittura provò a violare la sovranità italiana cercando di interferire sull’operato della magistratura.

“L’OMS aveva chiesto che ci fosse una vigilanza da parte del Ministero sull’operato della Procura della Repubblica. Cioè controllando la correttezza del nostro operato.”

E’ grave, come se fosse lesa maestà. Come si permette la Procura di Bergamo a ficcare il naso negli affari dell’OMS?

“Noi non volevamo appunto ficcare il naso negli affari dell’OMS, ma volevamo solo fare luce su quel famoso report e sul piano pandemico che è strettamente di interesse per la Procura di Bergamo in relazione ai fatti accaduti nell’ospedale di Alzano Lombardo”.

Il dossier dei ricercatori denunciava il mancato aggiornamento di un Piano Pandemico vecchio del 2006 che significava stoccare dispositivi di protezione per medici, infermieri e persone fragili; e significava anche quantificare il numero delle sale di terapia intensiva e dei caschi per l’ossigeno. Il piano avrebbe dovuto contrastare il più possibile la diffusione del virus, ma tutto questo non c’era. Il dossier lo denunciava, per questo era imbarazzante per il Governo italiano. Ranieri Guerra il 14 maggio scrive a Brusaferro e gli fa sapere che OMS e Italia si coprono a vicenda sotto la sua regia, così facendo copre anche le sue di mancanze, quando tra il 2013 e il 2017 da direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute avrebbe dovuto anche lui aggiornare il piano pandemico.

Ranieri Guerra: “Hanno messo in dubbio un percorso di costruzione di fiducia e confidenza che sono riuscito con la fatica che sai a proporre e consolidare… Stanno mettendo a rischio una discussione molto seria che è stata impostata anche in prospettiva G20 e di una relazione speciale tra Tedros e l’Italia. Se fossi il ministro ci manderei tutti all’inferno”.

Brusaferro aveva garantito di non aver mai protestato con l’OMS per i contenuti del dossier, ma solo di aver protestato sulla sua uscita.

Silvio Brusaferro: “Sul testo OMS sono anche d’accordo per rivederlo assieme. Domani ne parliamo”

Dalle chat che la strategia per contenere i danni che avrebbe comportato l’uscita del dossier concordata con l’entourage del Ministro della Salute Speranza, Guerra scrive a Brusaferro che deve vedersi con il capo della segreteria di Speranza Goffredo Zaccardi.

Ranieri Guerra: “Hola, vedo Zaccardi alle 19. Vuoi che inizi a parlargli dell’ipotesi di revisione del rapporto dei somarelli di Venezia? Poi ci mettiamo d’accordo sul come”.

E poi riferisce al presidente dell’ISS le preoccupazione del Ministero sul rapporto.

Ranieri Guerra: “Il capo di gabinetto dice se riusciamo a farlo cadere nel nulla. Se entro lunedì nessuno ne parla vuole farlo morire. Altrimenti lo riprendiamo insieme”.

Lei si sente un somarello?

Francesco Zambon: “No. Somarello mi fa venire in mente le statuine del presepio. Credo che le statuine sono gli altri attori di questa storia e anche piccole statuine”.

Anestetizzare il dossier critico sulla gestione del virus serve all’autorità italiana ma anche all’immagine di Guerra che ha un tornaconto, diventare un riferimento di un nuovo ufficio OMS a Roma, all’interno degli uffici della direzione e prevenzione del Ministero della Salute. Un avamposto dove poter meglio difendere gli interessi italiani e contrattaccare.

Di questo Guerra avverte Brusaferro: “Ecco quanto emerso dalla riunione di ieri con Zaccardi e Speranza . Se mi dai un paio di persone con cui interagire attacchiamo su tutti i fronti. Soprattutto sul rapporto. Che ne dici?”

Francesco Zambon: “Siccome è una conversazione tra una persona dell’OMS e una persona del Governo Italiano, mi pare che si possa affermare con certezza che sia stato ritirato per motivi politici”.

Che ruolo ha avuto Speranza secondo lei?

Francesco Zambon: “Sembra che sapesse tutto. Tutti hanno una responsabilità a partire dal Ministero, il capo di gabinetto, l’ISS. Tutte le persone che vengono citate nella chat evidentemente sapevano cose che non sapevo neppure io”.

Ma dalle carte dei magistrati di Bergamo emergerebbero altre bugie sulla preparazione pandemica dell’Italia. Il ministero della Salute avrebbe comunicato falsi aggiornamenti del piano pandemico anche all’OMS fino al 2013. E poi il 4 febbraio del 2020, a emergenza già dichiarata, avevano comunicato a Ginevra di essere già pronti a possibili scenari di crisi a firma dell’Ufficio Prevenzione del nostro Ministero. L’OMS riceve il rapporto e pensa che stiamo messi bene.

Abbiamo preso in giro tutti?

Pier Paolo Lunelli (ex comandante Scuola per la difesa nucleare, batteriologica e chimica): “Siamo al di fuori di ogni concezione. Parlare di sciatteria è poco, bisognerebbe usare termini più pesanti”.

Maria Cristina Rota (Procura di Bergamo): “Se noi dobbiamo ritenere che qualcuno di alto livello del Ministero non sapesse che doveva aggiornare il piano pandemico sarebbe un indice di sciatteria, di disinteresse per il proprio lavoro di livello vergognoso.

Sulle esercitazioni cosa abbiamo dichiarato in questi anni?

Pier Paolo Lunelli: “Abbiamo dichiarato che abbiamo aggiornato costantemente i piani, anno per anno e abbiamo fatto anche delle esercitazioni”.

 Che cosa abbiamo detto sulle scorte dei dispositivi?

Pier Paolo Lunelli: “Sulla scorte abbiamo detto che avevamo un pino di scorte”

Noi eravamo vincolati a dire la verità?

Pier Paolo Lunelli: “Non c’è una corte di giustizia che ci può giudicare perché il regolamento sanitario internazionale non ce l’ha”.

Che cosa accade se un paese dichiara il falso come abbiamo fatto noi?

Pier Paolo Lunelli: “Cosa vuole che le dica: è un falso ideologico”

Oltre il giallo dei limoni

La visione diretta del giallo … rende ansiosi, emozionati, eccitati e rivela la violenza del colore, che agisce prepotentemente su di noi. La tendenza del giallo ai toni chiari può raggiungere un’intensità insopportabile per lo sguardo e per l’anima” (Wassilij Kandinskij).

Non sappiamo se Kandinskij, nell’avvertire la violenza del colore giallo, avesse immaginato l’autodafè dei processi pubblici dell’Inquisizione spagnola a partire dal dal febbraio del 1481, in cui veniva eseguita la condanna per eresia o altri reati, e il condannato veniva trascinato davanti ai giudici con i capelli rasati vestito con la tunica gialla e un berretto da somaro, per poi redimerlo dai peccati, se non avesse dato alcun segno di pentimento, con le fiamme purificatrici del rogo.

Per i “Somarelli di Venezia” nessuna tunica gialla per la loro ostinata eresia di fronte alla Santa Inquisizione dell’OMS, nessun autodafè, ma un atto di fede verso il piano pandemico di cui sarebbero stati protagonisti personaggi di alto rilievo della politica sanitaria nazionale e internazionale compreso il Governo italiano. Quello che è certo è che siamo di fronte ad una ennesima pagina della nobile Storia patria, ingiallita dalle oscure e inquietanti tinte su come viene gestita la sanità pubblica. Non sappiamo quali berretti o copricapo immaginare se poi, queste “autorità” decidono sulla nostra pelle con i famigerati protocolli sanitari, e nello specifico, indirizzano la politica medico-scientifica del nostro Paese e quella internazionale, tramite l’OMS. “Dove men si sa, più si sospetta” predicava Machiavelli; e adesso che sappiamo?

“Ogni volta che è tolto agli uomini il combattere per necessità, essi combattono per ambizione, la quale è tanto potente nei loro petti che mai, a qualunque grado salgano, li abbandona” (Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, 1513-1519).

Si allarga lo sguardo, sempre accompagnati dalle trombe d’oro della solarità dei limoni per trovare una “speranza” nel vaso della verità, tessendo e sfilando per dipanare il filo della nostra storia che ha sempre delle trame occulte e colori non ben definiti di sospetti e di inganni.   

   “Di solito i bugiardi scontano il male che hanno fatto. Presentando una falsa accusa, il cane chiedeva alla pecora la pagnotta che pretendeva di averle affidato in custodia; il lupo, citato come teste, disse che lei era debitrice non di una sola pagnotta, ma assicurò che erano dieci. La pecora, condannata dalla falsa testimonianza, pagò quello di cui non era debitrice. Pochi giorni dopo la pecora scorse il lupo lungo stecchito in una fossa: “Questa, disse, è la ricompensa che gli dèi danno alla frode” (Fedro, Favole, I secolo a. C.).

Ritorniamo sempre al mito e alle favole con un sorriso allegorico o patetico,  “poiché il mondo stesso lo si può chiamare mito, in quanto corpi e cose vi appaiono, mentre anime e gli spiriti vi si nascondono” (Sallustio, Gli dei e il mondo, IV secolo d.C.). “Il mio disegno ha per oggetto la rappresentazione dell’invisibile con la logica e la verità del visibile”, raccontava delle sue opere il pittore francese Beltrand-Jean Redon, conosciuto con il nome d’arte Odilon Redon, 1840-1916) che traduce la massima di Confucio “Niente è più visibile di ciò che è nascosto”.  La verità si scova nell’invisibile scavando in profondità, ma anche nella fenomenologia del visibile, della luce che illumina e che insegna che tutto ciò che è irraggiato dal sole non mente, non inganna, non produce la muffa maligna, perché è la luce che ci fa vedere “in ogni ombra umana che si allontana qualche disturbata Divinità” (E. Montale, I limoni). La scienza dimostra, la coscienza mostra. E’ questa la fondamentale differenza. Unire la vera scienza alla coscienza per combattere l’indifferenza ai destini dell’umanità, contro la vanitas vanitatum et omnia vanitas (Qohelet) di chi pretende di essere portatore unico della sua verità.

“La vita è inquinata alle radici. L’uomo si è messo al posto degli alberi ed ha inquinata l’aria, ha impedito il libero spazio… Qualunque sforzo di darci la salute è vano. Questa non può che appartenere alla bestia che conosce un solo progresso, quello del proprio organismo… Ma l’occhialuto uomo, invece, inventa ordigni fuori del suo corpo e se c’è stata salute e nobiltà in chi l’inventò, quasi sempre manca in chi li usa. Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l’uomo diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia in proporzione della sua debolezza… La legge del più forte sparì e perdemmo la selezione salutare. Altro che pscicolanalisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati. Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile… E un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri , ma degli altri un po’ più ammalato , ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie… (Italo Svevo. La coscienza di Zeno, 1923).

Quando la parola è profezia: più si inquina e si ammala il corpo sociale, più il mercato delle armi e dei farmaci prolifera, più l’umanità perde la scienza e la coscienza. Siamo proprio certi che l’uomo sia un animale intelligente? “Nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi” (Albert Einstein), ma l’occhialuto uomo non sa vivere senza trappole per i propri simili.  

Sulla smarrita via dei vaccini

Anche tra l’11 e il 12 maggio 2021, Helios, il sole, ha mostrato la sua deiscente scienza. Le strade e le vie sono fatte sempre per viaggiare, per osservare e per interrogare. Un viaggio, scandito dalle diverse tonalità del giallo dei limoni, che approda tra le maglie smaglianti del colore dei soldi. Non le fiabesche monete d’oro dell’asino protagonista nella fiaba dei fratelli Grimm, “Il tavolino magico, l’asino d’oro e il randello castigamatti”, in cui bastava pronunciare la formula magica “Briclebrit”, ma quelle sonanti prodotte dai vaccini. Se pecunia non olet, certamente ha la multiforme grana degli immensi profitti.   

A scoprire il travaso sempre la tenacia investigativa di Report nella trasmissione del 25 gennaio 2021, dal titolo “Nelle mani del vaccino”. Conducono l’inchiesta i giornalisti Manuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemmiale.

Il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, nelle suo commento finale, spiega come dietro all’emergenza ci sia il colore abbagliante dei soldi con il beneplacito dei governi e l’inganno perpetrato sulla pelle dei cittadini: ignari o consapevoli di tutto questo “nobile” mercato, non lo sapremo mai. Quando si vanno a toccare le corde emotive e le paure ataviche dell’uomo, ogni forma di scienza e di coscienza naufraga negli abissi dell’oceano. A riemergere invece è sempre il mito della Caverna narrato da Platone ne La Repubblica, in questi tempi dominati dalla tecnologia digitale e dagli algoritmi: anche se scopri che fuori dalla caverna “social” c’è un mondo luminoso, con tanti limoni, chi è abituato a vedere le ombre, ti considera un pazzo. Non è vero ciò che è vero ma ciò che ci appare vero-simile. Ormai siamo figli della doxa, della relatività e del principio di indeterminazione della Fisica quantistica (teorizzato da Werner Karl Heisenberg), che rompe il vaso delle certezze della Fisica classica di Newton e ci consegna nelle mani della post-verità rivelata. O forse lo siamo sempre stati e sempre lo saremo.

“Anche i dirigenti di moderna hanno venduto i loro pacchetti azionari e hanno avuto il loro bello incasso, 284 milioni di dollari. L’amministratore delegato Stephane Bancel ha incassato 81 milioni di dollari.  Moderna e BioNTech Pfizer per sviluppare la loro produzione hanno incassato miliardi di dollari. Tuttavia non ci hanno dato delle risposte a delle domande importanti. Tutti gli scienziati del mondo hanno identificato la pericolosità di questo virus nella sua capacità di trasmettersi anche attraverso gli asintomatici che sono l’80 % dei casi, ma non hanno raccolto dei dati su questo aspetto. Questo provoca un rischio: chi si vaccina convinto di proteggersi oltre se stesso soprattutto le persone più fragili e questo invece non sappiamo se avviene. È consigliabile anche se si è fatto il vaccino di continuare a utilizzare le mascherine, mantenere il distanziamento sociale. Se non abbiamo però risposte sulla trasmissibilità del contagio da parte di chi si è vaccinato, c’è un perché e la risposta ce l’ha data il responsabile del dipartimento medico di Moderna Tal Zaks: “I nostri test, dice, non dimostreranno la prevenzione dalla trasmissione, perché per farlo bisognerebbe fare due tamponi. Insomma, abbiamo capito che avrebbero dovuto spendere di più e far passare un po’ di tempo. Evidentemente non gli bastano i soldi che hanno incassato fino adesso e quelli che incasseranno”.   

Si riportano alcune risposte delle interviste e i relativi commenti.  

Pfizer sconsiglia il vaccino alle donne in gravidanza mentre per Aifa non ci sarebbero problemi. Chi si vaccina può continuare a diffondere il virus?

Matteo Bassetti (Direttore malattie infettive ospedale S. Martino Genova).

“Al momento non abbiamo dati certi. Io mi auguro che prevenga l’infezione”.

Nel consenso informato al punto 4: il vaccino non può essere somministrato alle donne in gravidanza e in fase di allattamento. Eppure secondo l’Aifa a farlo non ci sarebbe alcun problema.

Nicola Magrini (direttore generale Aifa):

“La gravidanza e l’allattamento è chiaramente specificato che il vaccino può essere somministrato perché i benefici potenziali possono superare i rischi”. 

Come si spiega questa contraddizione?

Matteo Bassetti: “Questa è una questione che andrebbe chiarita. Io credo che le donne in gravidanza debbono rientrare tra le potenziali candidate.

Il vaccino Pfizer in caso di gravidanza va solo dato alle donne a maggior rischio come le operatrici sanitarie. Nei trial non ci sono dati sufficienti e così Fptizer nel suo foglietto illustrativo lo sconsiglia. Questo è il modulo del consenso informato previsto per il vax day.

Nicola Magrini: “E’ stato cambiato prontamente dopo che sia sul sito Aifa che l’agenzia europea per il farmaco hanno ribadito che non è una controindicazione.”

L’Oms però raccomanda di non usare il vaccino verso le donne incinte. Mi sembra una posizione diversa o non capisco io?

Nicola Magrini: “Aifa dice esattamente la stessa cosa dell’OMS. La vaccinazione con i vaccini RNA non è una controindicazione. Noi quando andremo alle vaccinazioni di massa credo che le vaccineremo tutte a copertura anche quelle che non sono operatori sanitari.”

Altra questione che non è stata risolta riguarda i minori. Moderna può essere somministrato dai 18 anni quello Fitzer dai 16. All’agenzia che hanno approvato il vaccino non tutti erano d’accordo

Cody Meissner (FDA, Food anda Drug Administration):

“Mi sono astenuto perché nei trial c’erano solo 80 ragazzi fra i 16 e i 18 anni che hanno ricevuto il vaccino. Non sentivo perché ci fossero dati sufficienti per giustificare la somministrazione a milioni di ragazzi.”

 Andando a guardare dentro i dati a partire da Pfizer il vaccino l’ha testato su 40 mila persone, la metà ha usato il placebo. Su 20 mila vaccinati non sappiamo quanti sono stati effettivamente contagiati, sappiamo però che hanno contratto il Covid solo 8 casi, mentre i 20 mila placebo 162 casi. Per Moderna su 30 mila testati (metà con placebo) 5 casi di contagio, mentre quelli placebo 90 casi. Ma come sono stati fatti i trial? Ai volontari vengono fatti dei tamponi solo se hanno dei sintomi. Non viene fatto un tampone di routine e quindi non possiamo stabilire se le persone vaccinate trasmettono o meno il virus, pur senza ammalarsi. Come mai non si è fatta un’analisi di questo tipo che pure è importante?

Peter Doshi (professore servizi farmaceutici Università del Meryland, uno dei massimi esperti mondiali di trial clinici): “Credo che molte persone stiano facendo il vaccino con l’idea che non lo stanno facendo per se stessi, ma per gli altri, per la collettività. Il problema però è che questa idea si basa sulla capacità del vaccino di prevenire l’infezione e fermare la trasmissione del virus. Potrebbe essere, ma al momento semplicemente non sappiamo se sarà così”.

Queste domande potrebbero rimanere senza risposta anche in futuro, perché con le campagne di vaccinazione avviate c’è il rischio di non avere i dati di controllo del gruppo placebo.

Peter Doshi: “Se perdiamo il gruppo placebo, perderemo la possibilità di verificare sul lungo periodo il vaccino in termini di efficacia e degli eventi avversi. Ciò di cui noi adesso abbiamo bisogno è un programma di farmacovigilanza molto forte”.

La farmacovigilanza è lo studio che le autorità sanitarie fanno sui farmaci dopo averli messi in commercio. Ma l’Aifa questo studio sugli asintomatici non lo sta facendo.

Si capirà anche se il vaccino previene anche i casi asintomatici?

Nicola Magrini: “No. Questo per studiarlo dovremmo tornare a fare i tamponi e non penso che metteremo su un sistema di verifiche con i tamponi sui vaccinati”.

In attesa di nuove ricerche realizzate dalle aziende che ci dicono se il vaccino impedisca non solo di ammalarsi ma anche di infettarsi in assenza di sintomi, sugli asintomaciti sono disponibili per ora dati molto parziali, ricavati all’interno dei trial di moderna come ci rivela la commissaria FDA.

Archana Chatterjee: “Oltre ai casi positivi hanno cercato gli asintomatici in un gruppo ristretto di volontari, ne hanno trovato 38 tra chi ha ricevuto il placebo e di meno 14, tra chi ha ricevuto il vaccino. Sono numeri molti piccoli ma sembra comunque che ci sia una certa protezione”.

Così le percentuali di efficacia sarebbe molto più bassa del 95 per cento?

Chatterjee: “Si, se fate i calcoli è così. Se i trial avessero cercato gli asintomatici i risultati di efficacia sarebbero stati inferiori rispetto al 95% dichiarato trionfalmente dall’azienda a novembre. Neppure l’Ema ha chiesto di fare i tamponi a tutti i volontari.

Guido Raso (Direttore Ema 2015 – 2020): “Come prima fase era importante sapere se avevamo uno strumento per proteggerci e diventare immuni o no.”

Sarebbe bastato fare ogni settimana un tampone a tutti i partecipanti al trial. Parliamo di un virus che per l’80 per cento è asintomatico.

Giudo Raso: “Giustamente ha centrato. Ma non è possibile proprio farlo. Allunga i tempi in maniera mostruosa”.

Quindi nulla esclude che io possa infettarmi col virus e a mia volta trasmetterlo?

Guido Raso: “Non lo esclude: è giusto. Ma in questo momento non abbiamo questa risposta”.

E non era possibile andare a cercare questi informazioni nel trial?

Guido Raso: “Col senno del poi forse si. ma col senno del poi siamo tutti campioni del mondo.”

Ma in base a quali criteri è stato scelto di fare una tipologia di trial rispetto all’altra?

Peter Doshi: “Quando si è trattato di stabilire come strutturare i trial, il regolatore ha dato due opzioni alle aziende: provare una riduzione dell’infezione o una riduzione della malattia da Covid. Tutte la compagnie hanno scelto la seconda”. 

   Perché hanno fatto questa scelta?

Peter Doshi: “Per una risposta ufficiale dovrebbe chiedere alle aziende”.

La risposta l’ha già data il capo dipartimento di Moderna Tal Zaks, in una dichiarazione rilasciata al British Medical Giornal: è una questione di tempo e ovviamente di soldi:

“I nostri test non dimostreranno la prevenzione della trasmissione, perché per farlo dovreste fare tamponi due volte alla settimana a un sacco di gente per un lungo periodo e questo sarebbe insostenibile. Stiamo già parlando di un trial piuttosto grande, da 30.000 persone. Se volete un trial da 300 mila persone bisogna chiedere a chi ci mette i soldi, perché ce ne vogliono dieci volte in più”.

Moderna è stata finanziata con 1,9 miliardi di dollari dal governo americano, mentre Biontech ha ricevuto 300 milioni di euro da quello tedesco. Come sono stati spesi questi soldi?

Marc Botenga (Europarlamentare Sue-Svn): “Quello che mi dà molto fastidio è che l’UE abbia dato così tanti soldi, miliardi di euro all’industria farmaceutica senza nemmeno chiedere trasparenza su quanto costasse cosa. Per il vaccino della Pfizer è uscito che pagheremmo a dose 15 euro. Il prezzo garantirebbe alla Pfizer delle entrate più o meno di 20 miliardi per l’anno prossimo. L’annuncio di un’efficacia sui sintomatici del 95% avvenuto il 9 novembre, ha prodotto ulteriori guadagni finanziari per le case farmaceutiche”.

Valerio Baselli, (Morningstar): “Pfizer è salita fino al 15% poi ha chiuso a più 8. BioNTech è salita del 14%. Una cosa interessante da notare che il titolo Phitzer in realtà poi è tornato ai valori preannuncio nel giro di una settimana”.

Dal 9 novembre il C/O di Pfizer Albert Bhorn vende il 60% delle sue partecipazioni per un totale di 5,6 milioni di dollari.

Come mai questa fretta di realizzare questi “poveri” guadagni? Ai posteri l’ardua sentenza. Intanto nui (A. Manzoni, Il cinque maggio) ci affidiamo al Piccolo testamento di Eugenio Montale: dalla ostica, travagliata ricerca per trovare delle risposte – più che verità – con il giallo dei Limoni e di Non chiederci la parola degli “Ossi di seppia” (1925), alla resistenza contro gli oltraggi della storia attraverso la coscienza dei propri limiti, e quindi l’umana misura dell’umile esperienza personale nello specchio convesso del pensiero, di fronte sia alle certezze con cui proclamiamo ogni nostra fede o credo, che di fronte al mistero che circonda ogni atto con cui affermiamo la nostra identità-diversità nel tortuoso viaggio esistenziale (la condizione dell’essere umano come “gettato” nel mondo ed esposto all’opera inesorabile del tempo e della storia, ma sospinto dalla sua stessa condizione di finitezza verso il mondo e a trascendersi) che ritroviamo in questa lirica composta nel 1953 e compresa nell’ultima parte della silloge “La bufera e altro” (1956):

Questo che a notte balugina

nella calotta del mio pensiero,

traccia madreperlacea di lumaca

o smeriglio di vetro calpestato,

non è lume di chiesa o d’officina

che alimenti

chierico rosso, o nero.

Solo quest’iride posso

lasciarti a testimonianza

d’una fede che fu combattuta,

d’una speranza che bruciò più lenta

di un duro ceppo nel focolare.

Conservane la cipria nello specchietto

quando spenta ogni lampada

la sardana si farà infernale

e un ombroso Lucifero scenderà su una prora

del Tamigi, dell’Hudson, della Senna

scuotendo l’ali di bitume semi-

mozze dalla fatica, a dirti: è l’ora.

Non è un’eredità, un portafortuna

che può reggere all’urto dei monsoni

sul fil di ragno della memoria,

ma una storia non dura che nella cenere

e persistenza è solo l’estinzione.

Giusto era il segno: chi l’ha ravvisato

non può fallire nel ritrovarti.

Ognuno riconosce i suoi: l’orgoglio

non era fuga, l’umiltà non era

vile, il tenue bagliore strofinato

laggiù non era quello di un fiammifero.