Nomadi digitali con un vantaggio in quarantena

Questa prima (e speriamo vivamente ultima) epidemia del nuovo millennio sta facendo emergere prepotentemente molti risvolti positivi e negativi della modernità, in termini di stile di vita, adozione delle nuove tecnologie e di convivenza fra uomo e ambiente. La permanenza forzata in casa per una quarantina obbligatoria che si credeva possibile solo nelle migliori pellicole di Hollywood mette a dura prova le persone, ma anche tutta una serie di servizi e infrastrutture fondamentali.

Proprio la sospensione delle attività fuori casa ha visto all’improvviso centinaia di migliaia di lavoratori svolgere le proprie mansioni a distanza, secondo le modalità di quella che viene comunemente chiamato “smart working” o “lavoro agile”. Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro subordinato, ossia lavoro dipendente, in assenza di vincoli di orario o di luogo specifici e un’organizzazione stabilita in reciproco accordo tra dipendente e datore di lavoro.

In realtà l’Italia si era già dotata da tempo di una normativa ad hoc, con prescrizioni molto precise ed innovative rispetto a molti altri Paesi dell’Unione Europea, per aiutare i lavoratori a conciliare con più facilità i tempi di vita e lavoro e, al tempo stesso, favorire la crescita della sua produttività (studi hanno dimostrato come si possa ottenere un incremento fino al 15% in assenza di vincoli stringenti). La definizione di smart working basa tutto proprio sulla flessibilità organizzativa e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto. Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie.

La redattrice del sito Web www.reviewbox.it, Sofia Talone, che cura con grande passione i contenuti dedicati alle tecnologie, fa notare come l’implementazione del lavoro a distanza per un gran numero di lavoratori ha rappresentato un forte disagio per le aziende all’inizio della quarantena. La ragione è da ricercarsi nel fatto che, benché gli aspetti giuridici fossero già ben delineati, mancava per molte imprese la disponibilità delle piattaforme collaborative ed anche le necessarie competenze del singolo lavoratore.

Un po’ paradossalmente – continua Sofia Talone – un prototipo di lavoratore ideale per questo tipo di situazione critica è rappresentato dai nomadi digitali. Si tratta di una sorta di movimento culturale, esploso nel corso degli ultimi 15 anni, che vede un numero crescente di persone lasciare la propria stabile realtà per viaggiare alla ricerca di un senso di libertà, di scoperta di nuove culture e nuovi modi di vivere; questo è per loro possibile mantenendosi con lavori svolti principalmente on-line, quindi utilizzando con grande dimestichezza ogni tipo di dispositivo mobile (notebook, smartphone, PC, tablet ecc…) ed essendo già abituati ad uso di tools di produttività tramite Cloud come i popolari Gsuite, Slack, Asana e così via.
Sarà interessante vedere come l’esperienza di nomade digitale nel curriculum possa influire d’ora in poi nelle scelte dei recruiter, oltre un doveroso adeguamento della rete nazionale di telecomunicazioni per portare la banda ultralarga su tutto il territorio come accaduto in Toscana.