L’Ipseoa “E. Gagliardi” di Vibo Valentia diventa “Casa” della solidarietà per i bisognosi

Da lunedì 6 aprile ll’Istituto alberghiero ha riaperto i laboratori di cucina a sostegno delle famiglie che versano in grave indigenza alimentare a causa dell’emergenza Covid 19. 

Nella sede della scuola la firma del protocollo d’intesa tra il dirigente scolastico Pasquale Barbuto, il presidente della Provincia Salvatore Solano, la presidente del comitato di Vibo della Croce Rossa Italiana Caterina Muggeri, il presidente provinciale della Fondazione Banco Alimentare Antonio Murone e il rappresentante del “Gruppo cuochi e pasticceri volontari” Giovanni Colacresi.

La Scuola non si ferma con l’emergenza: l’Ipseoa “E. Gagliardi” di Vibo Valentia, da lunedì 6 aprile, è diventata “CASA” della solidarietà (Cucine Aperte Solidarietà Alimentare). Sono stati giorni di intenso lavoro che ha fatto lievitare la pasta dei sentimenti solidali per le famiglie bisognose. Nata la settimana scorsa, la proposta si è tradotta immediatamente in operatività, grazie all’impegno e alla sensibilità di un gruppo di cuochi e pasticceri volontari, composto da ex studenti del Corso serale e da volontari della Croce Rossa. Insieme al dirigente scolastico Pasquale Barbuto, a portare avanti con entusiasmo questa iniziativa, il presidente della Provincia Salvatore Solano. Ed è stato immediato il coinvolgimento dei presidenti provinciali della Croce Rossa italiana e del Banco Alimentare Caterina Muggeri e Antonio Murone, e anche il responsabile della Caritas della diocesi Fortunato Figliano. Inoltre Solano si è impegnato affinché l’Amministrazione provinciale si faccia carico di un contributo da destinare all’acquisto di derrate alimentari per la preparazione dei prodotti.

Dopo un preventivo incontro che si è svolto venerdì 3 aprile nella sede dell’Ipseoa “Gagliardi”, per definire l’organizzazione tecnico-operativa, la firma del protocollo d’intesa martedì 7 aprile. Il preside Barbuto ha voluto ringraziare i volontari per il loro impegno in una fase di grande difficoltà e di dura prova per tutto il Paese, considerando la grave emergenza sanitaria e sociale che tende ad aggravarsi, colpendo in particolare le famiglie e i soggetti più fragili delle comunità.

Attraverso questa iniziativa si è creata una rete solidale tra enti istituzionali e associativi territoriali, anche con il contributo delle aziende private, che dovrà rappresentare un modello base su cui operare nel presente, per far fronte all’emergenza, ma anche nel futuro, quando si ritornerà – si spera al più presto – alla normalità. La Scuola, lo ha ribadito il dirigente scolastico del “Gagliardi”, oltre alla sua funzione didattica e formativa, deve farsi interprete principale di questo importante messaggio di solidarietà umana e sociale. Infatti il progetto “casa” si protrarrà non solo per tutta la durata dell’emergenza, ma anche dopo, quando la scuola riaprirà le attività, perché saranno tante le famiglie che, a causa di questa prolungata quarantena e della grave emergenza sanitaria e sociale, avranno bisogno di aiuto.

Voglia di essere utili e mettere le mani in pasta per andare incontro a chi ha bisogno: questo lo spirito del gruppo dei cuochi e pasticceri volontari, capitanato da Giovanni Colacresi, che in quattro giorno di intenso lavoro, hanno sfornato 8 mila biscotti. I prodotti sono già in distruzione grazie ai volontari della Croce Rossa, diretta con grande impegno e responsabilità dalla presidente Muggeri, che si è fatta carico anche degli ingredienti necessari per la preparazione. Un importante lavoro nella prossimità delle feste pasquali alle famiglie più bisognose, anche da parte del comitato provinciale del Banco Alimentare, guidato dal presidente Antonio Murone.  Dell’iniziativa, inoltre è stato informato il prefetto di Vibo Valentia Francesco Zito per le questioni relative alle varie autorizzazioni e in applicazione delle attuali restrizioni, dei dispositivi e strumenti di sicurezza per contrastare il contagio del coronavirus.

“Scuola” di impegno sociale e “Casa” di cultura della solidarietà: questo il messaggio per il futuro

In questa emergenza non ci si salva da soli, ma insieme. L’iniziativa, realizzata in pochi giorni nell’Ipseoa “E. Gagliardi” di Vibo Valentia, contiene questo messaggio. È una di quelle esperienze che danno speranza e fiducia. Il territorio da diversi decenni vive tante altre emergenze sociali, come la criminalità e la mancanza di lavoro, costringendo molti giovani a lasciare la Calabria. E’ ormai noto che l’immagine del Vibonese sui media nazionali è associata al dominio delle organizzazioni criminali e al degrado culturale: nelle classifiche del Paese sulla qualità della vita la provincia di Vibo Valentia è sempre agli ultimi posti. Eppure sa esprimere valori umani, civili e culturali che sono fondamentali per affrontare questa crisi sociale senza precedenti, ma anche gettare le basi per una visione nuova, rivoluzionaria del futuro, che si deve trasformare in azioni concrete e mettere al centro la dimensione dell’etica collettiva. Insieme, con l’aiuto reciproco, con quell’indispensabile sentimento di condivisione, le comunità possono sperare di misurarsi e vincere qualsiasi sfida; diversamente anche coloro che hanno la presunzione e l’arroganza di essere più forti, che alzano muri nei loro dorati e inquietanti bunker, saranno destinati a soccombere prima o poi, travolti dalla propria meschinità, inciviltà e barbara cecità. Senza un’umanità che sappia vivere con fiducia i sentimenti della compassione, della pietas, della generosità, dell’altruismo; senza nutrimento interiore e spirituale e senza una ricerca di senso, gli esseri umani possono diventare delle mostruose macchine che producono disumanità e distruzione, come ci racconta la storia passata e presente.

Quello che sta accadendo dimostra come improvvisamente tutto si possa ribaltare, e quell’immagine del mondo con i suoi imperiosi e spietati dogmi produttivi e selettivi, è stata rimessa radicalmente in discussione. Una società fondata sulla propaganda, sulla manipolazione delle coscienze, sull’ingiustizia, sull’inquinamento, sul consumo spregiudicato, sta facendo i conti con i propri inganni. Adesso siamo tutti costretti a portare quelle maschere, che ironia della sorte, ci accompagnavano invisibili nella maggior parte dei rapporti e delle relazioni (Pirandello docet). Ma questa emergenza, come accade quando il mare in tempesta mostra l’immondizia, ha fatto emergere la verità che giaceva occultata e ha messo a nudo ciò che prima era coperto dall’ipocrisia, dalle apparenze, dall’indifferenza e dalla vanità: l’illusione della sicurezza attraverso la tecnologia e il dominio delle macchine. Il coronavirus ha fatto capire che non si sfugge al contagio senza una nuova presa di coscienza. Ma gli egoismi, la stupidità umana, il degrado culturale, il cinismo, la viltà, la grettezza, i sentimenti aggressivi, l’incapacità di donare e di rinunciare, l’irresponsabilità verso le nuove generazioni, il tessuto sociale inquinato dalla corruzione e dalla criminalità, tutto questo velenoso impasto sarà sempre pronto a infettare e vanificare il faticoso lavoro culturale per far prevalere i valori umani, civili, etici e spirituali.

La Scuola, come principale missione educativa e formativa, nonostante le grandi difficoltà e gli ostacoli che incontra per tanti fattori e motivi, deve cercare con uno slancio anche utopico, di seminare il sentimento della solidarietà (la competenza delle competenze, per usare il linguaggio dei burocrati ministeriali), al fine di contrastare il cosiddetto darvinismo sociale, quello che impera come verità assoluta, la legge del più forte, del più violento, del più furbo, del più disonesto, del più corrotto, e anche del più “istruito” per diventare potenti ed essere ricoperti di sterco del demonio. Questo modus vivendi e operandi che guarda solo al profitto e al lucro, all’adattamento e al conformismo del sistema del consumismo, senza interrogarsi sulle conseguenze umane, sociali e ambientali, lo abbiamo sperimentato nella storia contemporanea e nella nostra età della post-verità: colpisce inesorabilmente le creature più sensibili, le persone che vivono in modo onesto, i più poveri, gli emarginati, perché è basato sullo sfruttamento disumano e spietato dei bisogni e delle fragilità che si annidano nelle società.

In questa inimmaginabile e drammatica emergenza con cui il mondo intero si sta misurando, emerge la consapevolezza che la vera cultura non può essere identificata con l’istruzione, con la propaganda o con l’indottrinamento acritico delle coscienze: “i giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere” osservava Plutarco tanti secoli fa (I sec. d.C.). Questo principio pedagogico-educativo, che si fonda sull’arte maieutica, deve essere accompagnato dalla “coltura” di alcuni beni fondamentali per qualsiasi persona e comunità: come il ben dell’intelletto, l’ecologia, il buon cibo, il rispetto di madre terra e della dignità, la reciprocità e la fiducia in se stessi e negli altri.

Significa, ancora, soprattutto negli ambienti che sono gravati da retaggi antropologici di asservimento ai dominatori e ai poteri di turno, neutralizzare la corrosiva “mentalità” del sospetto che ha mietuto e miete molte più vittime del coronavirus. I suoi meccanismi nefasti portano molti a proiettare sugli altri i propri fantasmi, le proprie sovrastrutture, i propri retaggi, le proprie frustrazioni; a guardare sempre la pagliuzza negli occhi altrui, a gettare discredito e pensare sempre che dietro agisca un’intenzione oscura, invece di vedere una preziosa risorsa per la propria crescita interiore e culturale. W. Goethe affermava che “ognuno vede negli altri ciò che si porta nel cuore”.

Questo principio pedagogico-educativo, che si fonda sull’arte maieutica, deve essere accompagnato dalla “coltura” di alcuni beni fondamentali per qualsiasi persona e comunità: come il ben dell’intelletto, l’ecologia, il cibo, il rispetto di madre terra e della dignità, la reciprocità e la fiducia in se stessi e negli altri. Significa, ancora, soprattutto negli ambienti che sono gravate da retaggi antropologici di asservimento ai dominatori e ai poteri di turno, neutralizzare la corrosiva“mentalità” del sospetto che ha mietuto e miete tante vittime. I suoi meccanismi nefasti portano molti a proiettare sugli altri i propri fantasmi, le proprie sovrastrutture, i propri retaggi, le proprie frustrazioni;a guardare sempre la pagliuzza negli occhi altrui, a gettare discredito e pensare sempre che dietro agisca un’intenzione oscura, invece di vedere una preziosa risorsa per la propria crescita interiore e culturale. W. Goethe affermava che “ognuno vede negli altri ciò che si porta nel cuore”. Ma è bene ricordare che la parola “cultura” non può essere associata al concetto di “sospetto”, come spesso viene fatto da accreditati studiosi ed esperti, tra cui noti antropologi; stesso discorso con l’espressione “cultura mafiosa”: la vera cultura non ha nulla a che fare né con il sospetto né con la mafia, è il suo contrario.

Cultura è la rete spontanea testimoniata dai tanti volontari che hanno donato il loro tempo al servizio della comunità, e da tutte le aziende e le persone che hanno risposto all’appello in modo gratuito, caritatevole, perché è stato avvertito l’anelito di tendere una mano verso i bisognosi e chi soffre.

Una società fondata sulla propaganda, sulla manipolazione delle coscienze, sull’ingiustizia, sull’inquinamento, sul consumo spregiudicato, sta facendo i conti con i propri inganni, e adesso siamo tutti costretti a portare quelle maschere, ironia della sorte,che ci accompagnavano invisibili nella maggior parte dei rapporti e delle relazioni (Pirandello docet). Questa emergenza, come accade quando si agita il mare, ha fatto emergere la verità dell’immondizia che giaceva occultata, ha messo a nudo ciò che prima era coperto dall’ipocrisia, dalle apparenze, dall’indifferenza e dalla vanità.Il coronavirus ha fatto capire che non si sfugge al contagio senza una nuova presa di coscienza. Ma gli egoismi, la stupidità umana, il degrado culturale, il cinismo, la grettezza, i sentimenti aggressivi, l’incapacità di donare e di rinunciare, l’irresponsabilità verso le nuove generazioni, il tessuto sociale inquinato dalla corruzione e dalla criminalità, tutto questo velenoso impasto sarà sempre pronto a infettare e vanificare il faticoso lavoro culturale per far prevalere i valori umani, civili, etici e spirituali.

La Scuola, come principale missione educativa e formativa, nonostante le grandi difficoltà e gli ostacoli che incontra per tanti fattori e motivi, deve cercare di seminare il sentimento della solidarietà (la competenza delle competenze, per usare il linguaggio dei burocrati ministeriali),al fine di contrastare il cosiddetto darvinismo sociale, quello attuale, la legge del più forte, del più violento, del più furbo, del più disonesto, del più corrotto, e anche del più “istruito” per diventare personaggio di successo, potente e avido di ricchezza. Questo modus vivendi e operandi che guarda solo al profitto e al lucro, all’adattamento e al conformismo, lo abbiamo sperimentato nella storia contemporanea e nella nostra età della post-verità:colpisce inesorabilmente le creature più sensibili, le persone che vivono in modo onesto, i più poveri, gli emarginati, perché è basato sullo sfruttamento disumano e spietato dei bisogni e delle fragilità umane.

In questa inimmaginabile e drammatica emergenza con cui il mondo intero si sta misurando, emerge la consapevolezza che la vera cultura non può essere identificata con l’istruzione, con la propaganda o con l’indottrinamento acritico delle coscienze: “i giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere” osservava Plutarco tanti secoli fa (I sec. d.C.). Questo principio pedagogico-educativo, che si fonda sull’arte maieutica, deve essere accompagnato dalla “coltura” dei beni fondamentali per qualsiasi persona e comunità: come il ben dell’intelletto, l’ecologia, il buon cibo, il rispetto di madre terra e della dignità umana, la reciprocità e la fiducia in se stessi e negli altri. Significa, ancora, soprattutto negli ambienti che sono gravati da retaggi antropologici di asservimento ai dominatori, ai padroni e ai poteri di turno, neutralizzare la corrosiva “mentalità” del sospetto che ha mietuto e miete tante vittime, più del coronavirus. I suoi meccanismi nefasti portano molti a proiettare sugli altri i propri fantasmi, le proprie sovrastrutture, i propri retaggi, le proprie frustrazioni, la propria aggressività; a guardare sempre la pagliuzza negli occhi altrui, a gettare discredito e pensare sempre che dietro ogni parola ed ogni azione agisca un’intenzione oscura, invece di vedere una preziosa risorsa per la propria crescita interiore e culturale. Possiamo declinare questo fenomeno nella seguente equazione antropologica: io non voglio assumermi la responsabilità di fare del mio meglio, ma faccio di tutto affinché anche a te passi la voglia di farlo. Se non c’è luce dentro di noi non possiamo vedere la luce negli altri. W. Goethe affermava che “ognuno vede negli altri ciò che si porta nel cuore”.

Per illuminare qualsiasi cammino è necessaria la luce della cultura, non certo la mentalità del sospetto, come ormai sembra aver contagiato il mondo. Ma è bene specificare che la parola “cultura”, non si può accompagnare con il “sospetto”. Accade spesso che questo improvvido legame venga volgarizzato da accreditati studiosi ed esperti, tra cui noti antropologi; stesso discorso con l’espressione “cultura mafiosa”. La vera cultura non ha nulla a che fare né con il sospetto né con la mafia: è il suo contrario. Il buon cibo, ad esempio, si porta dentro tanta cultura, soprattutto le mani che lo coltivano e lo cucinano con passione e amore, rispetto della terra, degli altri e di stessi. Ed è alta cultura la rete spontanea testimoniata dai tanti volontari che hanno donato il loro tempo al servizio della comunità, e da tutte le aziende e le persone che hanno risposto all’appello in modo gratuito, con moto spontaneo, con quel sentimento che gli antichi greci associavano nella charis e nel kairòs, la grazia, la carità che si accompagna al tempo opportuno, perché è stato avvertito l’anelito di tendere una mano verso i bisognosi e chi soffre. La cultura è impegno per il bene di tutta la collettività, non è merce che si consuma a buon mercato, come si fa con le parole, e non è una proprietà da esibire come marchio di qualità. A tal proposito è importante ancora rammentare, ad eterna memoria, le parole impresse all’entrata del palazzo dell’ONU, del poeta persiano Saadi di Shiraz, (1203 – 1291), uno dei grandi mistici sufi:

Tutti i figli di Adamo formano un solo corpo,/ sono della stessa essenza./ Quando il tempo affligge con il dolore una parte del corpo,/ anche le altre parti soffrono./ Se tu non senti la pena degli altri,/ non meriti di essere chiamato uomo.

L’Ipseoa “Gagliardi” ha fatto “scuola” di impegno sociale e in questa emergenza si è trasformato in “Casa” dove è possibile accogliere e ospitare il futuro, che deve sempre partire dal passato: perché se non retroagisce nei pensieri, nelle idee, nei principi, nella tradizione di un patrimonio di valori umani, ma anche utopici, non può esistere un progetto collettivo di vita che possa illuminare lo sguardo. La vera scuola è nell’esempio che testimonia, che anima e forma i giovani, ma anche qualsiasi cittadino mosso da senso di responsabilità etica e da quei sentimenti che si aprono come i petali dei fiori alla luce del sole.

Questo sentimento si avverte nelle parole espresse con semplicità e spontaneità da Giovanni Colacresi, responsabile del Gruppo Cuochi e Pasticceri volontari in emergenza “Insieme si può”, composto da volontari della Croce Rossa e da ex studenti del Corso serale,  che ha voluto ringraziare tutti coloro che hanno partecipato all’esperienza del progetto “Casa” (Concettina Marcello, Elisabetta Naccari, Rosalba Naccari, Francesca Santelli, Gina Tassone, Antonio Naccari, Emanuele Maiorano, Tonino Monteleone e dallo studente Giuseppe Spagnolo):

“Sono qui a ringraziarvi ancora una volta come già fatto nelle serate precedenti. Questa sera è diverso e vorrei che il ringraziamento vi giunga come gratitudine per tutto il lavoro svolto , per la disponibilità, per l’umiltà dimostrata, per la pazienza nell’avermi sopportato. Oggi abbiamo completato un primo ciclo. Abbiamo rodato una macchina senza pretese , senza ambizioni, senza nulla da chiedere a nessuno; ma con la consapevolezza che il nostro fare sia servito ad alleviare un po’ il disagio di tante famiglie. Questa esperienza che continuerà dopo le festività pasquali, sarà certamente motivo di crescita umana che spero di continuare a condividere con tutti voi.”

(P.S. Ad onore del vero e per onestà intellettuale, il sottoscritto deve confessare che è parte in causa di questa iniziativa, in quanto docente del Corso serale e responsabile del progetto “Casa”)