Lettera della madre di Davide Marasco

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera pervenuta in redazione. “Buongiorno a tutti. In riferimento alla rettifica dell’avvocato Daniela Fava, la sottoscritta, in qualità di madre della vittima Davide Marasco, vuole puntualizzare alcuni passaggi.   1) Fino ad oggi con molta correttezza non ho mai menzionato il nome dell’assassino di mio figlio, cosa che ha fatto lei.   2) Le vorrei ricordare che se al momento dell’omicidio di mio figlio il soggetto in questione, anche se in quel momento era incensurato questo non sminuisce né la sua colpa, né la sua condotta successiva (visto che si è dato alla fuga e successivamente rintracciato dalla polizia di stato solo ed esclusivamente perché aveva la macchina non marciante a causa del forte impatto) . Tutto questo perché percorreva la Via Casilina contromano, sbronzo fino all’inverosimile ed è scappato (condotta non proprio collaborativa), lasciando mio figlio a terra agonizzante.   3)  Dagli atti, sempre il soggetto in questione, risulta ben distante, abitativamente parlando, dal territorio, non solo romano, ma anche laziale, quindi niente giustifica la sua presenza in quel luogo a quell’ora, soprattutto in quelle condizioni fisiche che lo portavano in essere a quella condotta incivile e inumana che ha provocato la morte di mio figlio. Inoltre, se il suo assistito risulta essere in Italia da 20 anni la sua attività lavorativa dovrebbe essere tracciabile. Lui stesso dichiara di essere disoccupato e io mi chiedo: Visto che risulta essere senza permesso di soggiorno (in quanto albanese e quindi proveniente da un paese fuori della Comunità Europea) come mai si trovasse a calpestare ancora il territorio italiano (anche questo a me risulta essere un reato).   4) Non si può giustificare la condotta del suo assistito in nessun modo, in quanto tante persone disoccupate, o come me precarie non vanno in giro sbronze consapevoli di non potersi mettere alla guida in quanto tali non rispettando il codice della strada e prendendo contromano un’arteria importante qual’è la Via Casilina a Roma, mettendo quindi a rischio la vita di altre persone (evidenzio che mio figlio invece era costretto a girare a tarda notte, poiché svolgeva regolarmente l’attività di panettiere). Mi meraviglio che l’essere in questione pur calpestando da 20 anni irregolarmente il territorio italiano non parli la nostra lingua, così come dimostrato dal fatto che in sede di interrogatorio si è resa necessaria la presenza di un interprete, non abbia tracciabilità lavorativa, è risaputo che lavorare in nero è un reato. Inoltre, che non abbia alla veneranda età di 50 anni ancora acquisito le minime cognizioni del vivere civile andandosene allegramente a spasso ubriaco, fregandosene di mettere a rischio l’incolumità del prossimo e ribadisco guidando sbronzo, contromano e dandosi alla fuga senza prestare soccorso alla mia creatura che giaceva a terra agonizzante, dopo averlo preso in pieno e fatto volare per ben 10 metri.   5) In quanto ai precedenti penali, adesso inizierei, se fossi in lui, a preoccuparmi perché se prima non ne aveva, adesso ne ha. Pare essere questa la sua unica preoccupazione e non quella di aver ammazzato un ragazzo. Voglio ricordare infatti che il 10 Gennaio 2020 gli è stata comminata una pena a 7 anni e 2 mesi e la revoca della patente PER OMICIDIO STRADALE.   6) Non permetto, in qualità di madre indignata e offesa né a lei, né al suo assistito di menzionare mio figlio Davide Marasco definendolo compianto. Compianto da chi? Da un essere che appena concluso il processo come unica preoccupazione ha avuto quella di chiedere gli arresti domiciliari. Tale esplicitazione non è tipica di una persona pentita che dignitosamente dovrebbe solo farsi gli anni di carcere che gli sono stati dati. Trovo vergognoso che non abbia avuto nessuno scrupolo e pietà, nel chiedere la possibilità di scegliere una misura alternativa, visto che lui non ha lasciato nessuna possibilità di scampo e di scelta al mio ragazzo. Invito pertanto il suo assistito a tenersi dignitosamente la condanna che gli è stata somministrata, senza scappatoie e sconti se vuole veramente riscattarsi dall’onta che ha marchiato per sempre la sua esistenza. A lei caro avvocato consiglierei di non menzionare più il nome di mio figlio pubblicamente, per rispetto al mio grande dolore, visto che io ho perso un figlio e non lei.   MARIA GRAZIA CARTA”