Se scegliessimo di rialzare la testa

“Il SUD non vedrà mai la luce è inutile che ci illudiamo e lasciamo che ci raccontino bugie e vengono ancora a fare promesse. Roma altro non è che una rana urlatrice allo stesso tempo sa essere squalo che continua a divorare, a imbrogliare. Ci lasciassero almeno la dignità di fare a casa nostra le cose che vorremmo fare, di scegliere almeno noi di morire come meglio ci piace e non essere pian piano come è stato fino ad ora, strangolati, dalla mafia e offesi da politici incapaci. “ A un certo momento della “ nostra “ storia a noi viaggiatori dello Stretto che cominciavamo a conoscere quelli che venivano dal – Nord – ci era parso davvero che l’Italia fosse la nuova prospettiva, fosse la modernità, fosse la patria! Quando la nostra vera patria era invece la nostra terra, il nostro Stretto, questo non lo avevamo compreso ieri come oggi ancora. Non sto parlando degli emigranti con le valigie di cartone, ma di avvocati,prefetti,medici,insegnanti, ricercatori,scrittori,ferrovieri,marinai,contadini,funzionari di banche,diplomatici,frequentatori dei traghetti che nonostante tutto vedevano l’avanzare della paccottiglia della marginalità vedevano l’Italia nel colore cangiante dell’acqua e un nuovo modello di lingua nazionale. Cercavano l’Italia in quelle diverse velocità delle correnti, nei vortici, nelle “ scale di mare”, nelle “ macchie “ che improvvisamente si mettono a friggere, come allora friggevano la dialettica storiografica del napoletano Benedetto Croce e il teatro di Pirandello. Friggeva la “ Mafia “ siciliana, la “ Ndrangheta” calabrese, con le loro spartizioni del territorio, coi loro sporchi traffici, con il loro spadroneggiare, coi soprusi,con la loro intensa coi poteri forti dello Stato, coi bambini sciolti nella calce viva, con le stragi, con gli assassinii. Li abbiamo lasciati fare, li abbiamo lasciati vivere fino a diventare oggi un Stato contro lo Stato e, non sono più i rozzi e gli ignoranti di ieri, sono gente di cultura, sono imprenditori, sono politici, sono cambiate sono più forti sono organizzate mentre noi siamo rimasti sempre gli stessi dei – sottomessi – dei conquistati, incapaci di riprenderci e di riconquistare la nostra libertà, la nostra dignità, senza pensare che comunque questi potenti criminali sempre topi sono, sempre vigliacchi, sempre rintanati vivono e da rintanati continuano a foraggiarsi e a crescere con il loro esercito di manovalanza. E in questo viaggio immaginario su un ferry boat, mentre la costa calabrese si avvicinava, i meridionali non si accorgevano che quel traghetto non somigliava alle loro idee di Stato rigoroso, che dai suoi cittadini e servitori esige zelo, dedizione, efficienza,pulizia. E infatti su quegli stessi traghetti che diventavano via via più sgangherati, più vecchi,più pittoreschi, sempre più –isola- i continentali, quelli del Nord, venivano nel meridione a cercare stereotipo di razze dimenticate con quel tanto di selvaggio che da sempre ha affascinato quelli in cerca di emozioni e sensazioni forti, profonde e sensuali come quando si addenta un panino di grano duro imbottito di mortadella o si abbraccia un corpo acerbo, forte nudo. A Taormina, questi raffinati hanno cercato, poeti e intelligenze, hanno cercato e trovato carne insulare rigenerativa dei loro nervi sfibrati. In tutto questo marasma, l’accondiscendenza siciliana e calabrese ha rovesciato il mito e la sindrome del terrone raccontandosi nei film, nei romanzi, nella letteratura, come gli altri li volevano allora e ancora adesso li vogliono: mesozoici o paleolitici, esclusivi, liberi, separati purchè reclusi. Lasciamo fare quando ci dicono – terroni- , abbiamo smesso di sorridere o di divertici, perché abbiamo imparato a nostre spese, siciliani e calabresi, che in viaggio siamo sempre su un ferry boat, sempre sullo Stretto della separatezza e della marginalità, siamo sempre dei sottomessi, dei vinti, degli arresi ai soprusi del potere di mafiosi e politici corrotti. Lo Stretto dunque è un universo povero dove un uomo vale meno di un asino e la donna meno del maschio, lo Stretto è forse il mito arcaico dell’Onore e del Disonore, della virilità, della cortesia e della dolcezza, della cultura e del pudore, della fragilità, della gentilezza che prevalgono dappertutto come in Sicilia e Calabria, come a Milano e più in su. Mentre il ferry boat è il – come se – nulla fosse cambiato, un ammasso di ferraglia che lentamente avanza e arranca nello Stretto e a guardare bene tutto si dilata, sempre più trasparente, sempre più invisibile, come noi meridionali, sempre più distanti sempre più invisibili agli occhi di un Nord vampiro e arruffone, menefreghista, ignorante con le tasche pieni di – schei – !