Donato Nettis e la “Sua” Poesia

Donato Nettis Sono molto contento, molto felice ed anche emozionato di presentare questa bellissima mostra, di Donato Nettis. È una mostra che forse non casualmente si colloca a Tolmezzo, quasi Carnia, perché è all’insegna del colore, satura di colore e di luce come lo è la Carnia, quindi la Home Gallery è sicuramente la sede più consona ad ospitare una mostra di questo tipo. Donato ed io ci conosciamo da molto tempo, e di certo, ci siamo subito “riconosciuti”, perché oltre ad essere entrambi meridionali è subito scattata una sintonia profonda di personalità e di identità di intenti. Sia Donato che io, ma anche Claudio Demuro, crediamo fortemente nell’Arte e nella dimensione estetica, che la stessa sia imprescindibile per la formazione della persona e per questo mi piace sempre ricordare una frase famosissima di Dostojevski che è quella secondo la quale la bellezza salverà il mondo. La bellezza intesa, ovviamente, come dimensione di pienezza, come arricchimento della persona , come spazio della creatività, del gioco. Lo spazio ludico in cui, a differenza che nella vita banalmente intesa, non necessariamente contano solo le cose utili, pragmatiche e profittevoli ma invece conta ciò che fa respirare l’anima e che ci consente di essere davvero liberi. L’arte è proprio questo e una pittura come quella di Donato, che si situa tra l’astrazione e il figurativo, consente una chiave di accesso anche alle persone che non necessariamente si intendono di arte o hanno fatto studi di tipo storico-artistico. Tutti sono comunque in grado di goderne e di apprezzarla uscendone arricchiti. Ma contemporaneamente è una pittura che ci garantisce quello spazio intenso e infinito che, che come diceva Kandinskij, il figurativo nega. Quando vediamo un’opera d’arte che necessariamente rappresenta qualche cosa siamo costretti a leggerci quel dato significato, un albero, una casa, il mare. Invece davanti ad un’opera non figurativa ognuno di noi, apprezzando linee e colori, può andare oltre l’unico significato e leggervi tanti significati diversi. Diventa possibile un’acquisizione di senso infinitamente ricca, uno scambio continuamente aperto tra l’artista e chi usufruisce della sua opera. La pittura di Donato mi sembra riesca a cogliere questi due aspetti: la figuratività, da una parte, perché ci rende possibile riconoscere quello che viene raffigurato, ma anche la non figuratività- e quindi l’astrazione – in cui ognuno è libero di cogliere – tra le righe -, come appunto titola questa mostra, “ I miei paesaggi tra fantasia e realtà “ una molteplicità di significati altri, diciamo all’infinito. Tutto il pensiero filosofico, da Platone ai giorni nostri, ha sempre affermato che è “tra le righe”, nella zona di confine, nella zona di sconfinamento tra i vari campi semantici che si situa la creatività che si genera fecondità di pensiero. Ora non è un caso che il quadro “ la donna dinanzi al tramonto” che Donato Nettis ha scelto per la locandina e non per aprire questa mostra, avrebbe potuto rappresentare una sorta di scritta, quella che sembra essere una scritta su un mare acceso da un tramonto, e che in realtà, mi ha rivelato lo stesso, è una stazione da cui partire per un lungo viaggio. Ecco lo sguardo dell’artista ha questa capacità visionaria: quello che ognuno di noi vede come una cosa normale, però di tanto senso, e importanza, l’artista è in grado di coglierlo invece per tutta la ricchezza polisemica di cui è carico. E di fatto il suo quadro ce l’ha reso qualcosa di unico e speciale il “ Tramonto “ o Notturno che sia. Questo significa poter godere della vita attraverso l’arte, cioè poter vedere qualcosa aldilà della banalità della visione scontata e comune che soltanto l’artista ci può aprire e far godere. Non dirò nulla di più sul percorso della mostra perché questo aspetto lo hanno curato bene Donato e Claudio. Come ho avuto modo di vedere i quadri rappresentano gli elementi fondamentali, l’aria, l’acqua, il fuoco e la terra e si concludono con un quadro che è un omaggio a un cancello! Il cancello di una masseria nella Puglia assolata, e quindi è luce, colore: è un po’ la sintesi di tutto quello che ha voluto fare Donato Nettis e non è un caso è l’unico quadro con una cornice bianca come la neve, a significare Arte. Ma anche significare il trionfo di un linguaggio che, essendo un linguaggio artistico, travalica qualsiasi differenza, qualsiasi ostacolo, qualsiasi impedimento nella comunicazione tra le persone. Il linguaggio dell’arte, sia figurativa che musicale, è un linguaggio in cui ci si può capire tra mondi e culture lontanissime, permettendo di gettare ponti tra le persone. Questo lo sapeva benissimo anche il mondo antico: pensate alla stessa arte medievale con le “Bibliae Pauperum” grazie alle quali si ammaestravano intere popolazioni, intere cittadinanze sui contenuti della fede tramite le immagini. L’immagine parla all’illetterato, all’analfabeta, alla persona che parla una lingua differente dalla nostra e quindi è anche un potente, forse il più potente, veicolo interculturale. Ho iniziato con una frase di Dostoievskij e concludo con una frase di uno dei maggiori filosofi di questo tempo, Jilles Deleuze che ci invita a parlare la nostra lingua come stranieri ovvero saper cogliere, aldilà delle parole che utilizziamo come nostre, significati altri che possono essere di altre persone. Un invito alla “famiglianza” piuttosto che alla “tolleranza”, cioè a non sentirsi uno perchè esiste un ”altro” in noi. Vincenzo Calafiore Info:[email protected] www.laprimapagina.it FB –Vincenzo Calafiore