E ritrovarsi

  E ritrovarsi Di Vincenzo Calafiore 18 Ottobre 2019 Udine “… le volte che ci siamo arresi, le volte che abbiamo perduto tutto dentro una risacca che non si è mai allontanata dalla riva! “ Vincenzo Calafiore Avevamo in mano, nelle nostre mani, la felicità! E l’abbiamo lasciata andare via dalle nostre mani schiuse, come una farfalla! E pensavamo all’eternità, a un sogno realizzabile, a un abbraccio, a una parola. Ma siamo rimasti prigionieri di un qualcosa che sa di limo, limaccio su cui a volte vanno a morire le farfalle, non siamo stati in grado di difenderlo il nostro viversi, e tu sempre più lontana, sempre più prigioniera, sempre più appartenente a un dio di carta che solo ai tuoi occhi è ! E’ un baratto tra il dare ed avere ! Tra detraente e vittima. E tu lo sai che la vita non è questa, questa non è vita, e una falsa vita, un inganno. Sai cosa c’è di bello, da queste parti? Noi camminiamo nella nostra vita, lasciamo molte orme sulla sabbia, e loro restano lì ….. fino a quando una nuova marea non salirà e domani, torneremo su quella spiaggia in cerca delle impronte e non ci sarà più nulla, un’orma, un segno qualsiasi, niente, non ci sarà più niente! C’è che il mare della vita cancella ogni cosa, perfino noi …. Ma la marea nasconde ogni cosa: è qui l’inganno! E’ come se non fossimo mai esistiti, come se non fossimo mai passati per questa vita! Se c’è un luogo, al mondo, in cui non pensare più a nulla, quel luogo è qui …… è memoria. Non è terra, non è mare. Non è vita. È tempo. Tempo che passa. E va via portandosi via ogni cosa. La malinconia te la portavi addosso come un profumo,che tanto mi piaceva; la sapevo leggere e scrivere quella malinconica attesa della felicità che coi passi veloci dinanzi ai tuoi occhi venne un dì a dirti che la vita è altrove. Ma come fai a vivere senza più le brezze delle albe attese da un punto all’altro del cuore? Come fai a non ricordare le vellutate notti in un giaciglio lunare, quando ti immergevi in quei sogni che aspettavano solo che l’occasione di realizzarsi? Le notti soffocate dall’assenza, le notti che palpitano d’amore, quello che cercherai di arginare ma che in realtà vive di penombra in ogni tua fibra, la tua notte afona. Di infinito non è rimasto che il cielo coi suoi sfumati colori, per le sue stelle lontane, il mare per le sue infinite gocce di solitudine e il tuo cuore per i suoi lunghi silenzi invernali. Amare è una – brevità – così breve, e lunga invece dimenticare. Le volte che ci siamo arresi, le volte che abbiamo perduto tutto dentro una risacca che non si è mai allontanata dalla riva, le volte che abbiamo sperato in un sì della vita…. tutto lasciato ai lembi di sfocate solitudini, ove si rimarginano vecchie le ferite di ieri. E’ all’alba, tutte le albe, che si seppelliscono i sogni vissuti nelle speranze vive e sepolte assieme, è all’alba che si consumano come sassi dalla risacca che li trascina in un su e giù continuo fino a farne sabbia di una clessidra alla fine dei giorni; così ogni amore è un dramma impercettibile, una lunga serie di insopportabile dolore. Tornano più che mai solitudini, un vento inebriante che spira tristezza, tornano…ed è un veleno che uccide lentamente, è una maledetta sofferenza non per la solitudine vissuta, ma per il contare niente e nulla per nessuno. E’ il non sapere cosa sia peggiore, non sapere chi sei o essere quello che sempre si è stati: soli!