Londra. Rivolta dei tory europeisti contro Boris Johnson: votato rinvio Brexit

La rivolta dei deputati tory europeisti contro Boris Johnson inizia con la passeggiata di Phillip Lee, tory di 48 anni, ex medico, rugbista e da sempre pro Ue. Il governo Johnson, che aveva soltanto un seggio di vantaggio, è minoranza. “Dopo 27 anni tra i conservatori” commenta Lee, “dico basta”. Lee è solo il primo. A nulla sono servite le minacce di purga politica di Johnson, di esclusione dei “traditori” dal partito conservatore. Oltre venti deputati tory, dall’ex ministro delle Finanze Hammond fino al nipote di Churchill Sir Nicholas Soames, si sono ribellati contro il governo Johnson e il sospetto che i “progressi con l’Ue per un accordo Brexit” siano solo una farsa, come ha scritto il Telegraph. Sky News rincara: Johnson ha decimato il team di negoziatori britannici in Ue al lavoro per risolvere l’annosa questione del confine irlandese post Brexit. I congiurati tory si sono uniti al “demonio marxista” Corbyn, ai suoi laburisti e i lib-dem, e hanno strappato a Boris, 328 a 301 voti, il controllo del Parlamento per approvare, tra oggi e domani, una legge che obbligherebbe il premier a chiedere all’Ue l’ennesimo rinvio della Brexit fino al 31 gennaio 2020 – se non avesse un accordo entro il 19 ottobre – e così schivare, ancora una volta, il No Deal. Decisivo John Bercow, lo speaker della Camera, che ha permesso una legislazione di emergenza. È una pesante sconfitta per il premier. “Così ci mozzate le gambe! Ci costringerete a elemosinare! Ci arrenderemo ai diktat dell’Europa! Volete bloccare la Brexit! Ma il 31 ottobre si esce comunque!”, sbraita Johnson in aula. “Finiscila”, gli risponde il laburista Corbyn, “non hai mandato, né morale e ora non hai neanche una maggioranza!”, sotto gli occhi gelidi di Theresa May, per ore con le mani composte e incrociate sulle gambe. La mossa degli ultrà brexiter di chiudere la settimana prossima il Parlamento (sospensione di cinque settimane decisa da Johnso) è stata neutralizzata. Oggi Johnson chiederà nuove elezioni. Si dovrebbero tenere il 14 ottobre, se i 2/3 della Camera dei Comuni approveranno. “Sono l’unica soluzione”, ha detto. Prima il rinvio della Brexit al 31 gennaio 2020 e poi un nuovo referendum. E alla fine nuove elezioni. Sembra questo lo scenario più logico per uscire da questa sorta di tragicommedia britannica che va avanti dal 2016.