Porto franco e riciclaggio: il caso Ives Bouvier

Il mercato delle opere d’arte è quello più esposto al fenomeno del riciclaggio grazie al sistema del Porto Franco. Le vendite globali di opere d’arte sono cresciute in tutto il mondo nel 2018 del 6%, arrivando a più di 60 miliardi di euro. Gli esperti ritengono che di questi 60 miliardi circa 2,5 siano stati utilizzati per ripulire denaro sporto da attività illecite o addirittura da terrorismo. Non bisogna pensare tuttavia che questo fenomeno riguardi solo i paradisi fiscali caraibici. Al contrario bisogna considerare paradisi fiscali anche i porti franchi della vecchia Europa. L’ Ufficio federale svizzero di controllo (Cdf) per esempio ha stilato nel 2014 un rapporto dove rilevava un enorme aumento del valore dei beni immagazzinati in alcuni porti franchi doganali svizzeri. Nel porto franco di Ginevra si stima vengano immagazzinate oltre 1,2 milioni di opere, per un valore totale di 90 miliardi di euro. In questo panorama il porto franco assume un’importanza cruciale. Secondo il Gruppo di azione finanziaria internazionale (Fatf) i porti franchi sono aumentati da meno di 100 nel 1975 a circa 3 mila in 135 Paesi nel 2008. Il motivo per cui sono così importanti è perché nei porti franchi la merce può essere introdotta per conto di terzi senza l’obbligo di dichiarare l’identità del beneficiario finale effettivo della transazione. Il valore della merce inoltre può essere semplicemente auto dichiarato, senza nessun tipo di controllo successivo del valore effettivo. Una seconda ragione è ricollegabile al fatto che ufficialmente le merci sono registrate come “in transito” e possono rimanere ferme senza limiti di tempo nei magazzini permettendo ai proprietari di venderle in qualsiasi momento senza pagare nessuna tassa. Figura emblematica di questo sistema è Yves Bouvier, commerciante d’arte svizzero divenuto famoso a causa di suoi possibili collegamenti con l’ISIS. È noto ormai da tempo infatti come l’organizzazione terroristica abbia guadagnato dai 4 ai 7 miliardi di dollari dal commercio illegale di opere antiche. In questo scenario la figura di Yves Bouvier diventerebbe un punto di riferimento. E non è tutto. Il nome Yves Bouvier infatti compare anche in un altro dossier dove si parla di un giro di affari da 230 miliardi di euro dove sono coinvolti alcuni paese UE e funzionari azeri e russi. Nel 2016 presso il porto franco di Ginevra (dove Yves partecipa attivamente) vennero ritrovati anche reperti italiani di altissimo valore provenienti da Pompei, dall’antica etrusca di Tarquinia e tanti altri siti archeologici del centro Italia. Alcuni mesi fa (Marzo 2019) è stato deciso dal Parlamento europeo di provare a normare tutti i porti franchi d’Europa, proprio per combattere questo sistema, tuttavia il presedente Juncker ha ignorato la proposta. Chissà se dopo l’elezione di David Sassoli come nuovo Presedente le cose cambieranno. Solo il tempo potrà dirlo.