C’era una volta la vita

C’era una volta la vita Di Vincenzo Calafiore 03 Luglio 2019 Udine “… è lì che bisogna andare verso quell’altrove che ci attende, non è di morte che si tratta, è di vita! Quella vita che il più delle volte svendiamo per uno scampolo di felicità che felicità non è! E’ di illusione, di chimera che si tratta. Ancora non conosciamo come sarà o potrebbe essere la nostra vita e nonostante ciò viviamo come un grumo di vermi aggrovigliati nei nostri stessi egoismi e stupidità”. Vincenzo Calafiore “ Eppure io conosco i segni di una primavera nascosta… ma bisogna volgere lo sguardo altrove, lontano da questo groviglio di vermi affamati di tutto tranne che di vita. “ Agonizzo per una malattia poco conosciuta e che non si sa come curare. Mi sono rimesso assieme i pezzi per sopravvivere alla prigione invisibile in cui sono stato scaraventato assieme ad altri prigionieri, ad altri morti vivi. Con la matita o tratteggiato cieli e confini da esplorare, ho ricomposto sogni frantumati da un disonore ormai comune e dilagante tanto da ridurci nella peggiore fecce incapaci di sfuggire all’iniquo tiranno che così ha vietato di esplorare l’ignoto di una coscienza assopita e schiacciata da un inutile onnipresente. Ed è questo la spinta verso il niente. Così brancoliamo nel buio in questo medio evo scuro, tutto dà segno di disfacimento. Travolti da un invisibile tsunami! Eppure nonostante ciò la vita continua la sua esistenza, i giorni si consumano nelle vaghezze, nelle inutili attese a volte, nelle sfumate certezze di un dio che a noi si appressa coi suoi pesanti piedi; è un dio amato dai più, un dio che lascia di se illuse ricchezze e avide conclusioni. Eppure io sono convinto che c’è una vita, come una volta c’era! Sono convinto che c’è una vita fatta non di mere illusioni ma di piccole cose, una vita fatta di conoscenza e di altruismo, di sentimenti e di amori che rimangono addosso per tutta la individuale esistenza. Eppure io conosco i segni di una primavera nascosta… ma bisogna volgere lo sguardo altrove, lontano da questo groviglio di vermi affamati di tutto tranne che di vita. Bisogna accorgersi di qualcosa che sta accadendo nel silenzio, lontano dal rumore infernale di questo guazzabuglio disumanizzato. E’ come quando stava crollando l’impero romano e sembrava vi fossero solo le rovine e le orde barbariche e i lupi che infestavano ovunque: invece qualcuno stava in silenzio piantando i semi di una nuova civiltà! E questi sono i sognatori, quei pezzenti ai bordi delle strade, quei sognatori che hanno visto già l’altrove ed è lì che vorrebbero far nascere una nuova civiltà di gente in movimento, di anime non statiche, ma di anime capace di danzare e non di essere ballerine che danzano a ritmi dettati da uno spietato, bieco, disumano sistema. Dunque non guardate dove i media vogliono che voi guardiate, cioè verso le rovine, verso il vuoto d’esistenze, perché la vita e le speranze di una buona vita non vengono dalla puttana politica, da una falsa ricchezza, dall’economia, dagli stati, dagli eserciti di venduti e servi, schiavi di partiti. La speranza vera sembra fragile e silenziosa come le gemme che spuntano su rami secchi a rinnovare la vita di un bosco intero, di una umanità quasi perduta: è la speranza che hanno i sognatori ed è lì che bisogna andare. Sono loro con le loro visioni a tracciare la nuova vita che sa di poesia e di pace, di serenità, di orizzonti da scavalcare, di Amore!