Niki Lauda è morto: la Formula 1 perde il campione più grande

Niki Lauda è morto in una clinica svizzera il 20 maggio. Aveva 70 anni. Lo ha comunicato la famiglia tramite una mail inviata agli organi di stampa. “Con profonda tristezza annunciamo che il nostro amato Niki è morto pacificamente circondato dall’affetto dei suoi cari lunedì scorso. I suoi successi unici come sportivo e imprenditore sono e rimarranno indimenticabili. La sua instancabile spinta, la sua semplicità e il suo coraggio rimangono un modello e un punto di riferimento per tutti noi. Lontano dal pubblico, era un marito, padre e nonno amorevole e premuroso. Ci mancherà molto”. L’ex pilota era stato ricoverato per problemi ai reni e si era sottoposto a un trattamento di dialisi. La scorsa estate aveva subito un trapianto di polmoni in Austria. La Formula 1 perde il campione più grande. Nato a Vienna il 22 febbraio 1949, tre volte campione del mondo di Formula 1 (nel 1975 e nel 1977 con la Ferrari, nel 1984 con la McLaren) da imprenditore aveva fondato e diretto due compagnie aeree, la Lauda Air e la Niki. Da dirigente sportivo, dopo avere diretto per due stagioni la Jaguar, era presidente non esecutivo della scuderia Mercedes AMG F1 dal 2012 e stava progettando di tornare presto al lavoro. Lauda ha disputato 171 Gran Premi: ne ha vinti 25 e ha segnato 24 pole position e 24 giri veloci. Nel 1976 ebbe l’incidente che lo lasciò sfigurato. Il primo agosto: al secondo giro del Gp di Germania il pilota della Ferrari sbandò in una curva sul circuito Nürburgring, nel punto più lontano dal box, perdendo il controllo dell’auto che colpì il guard-rail esterno e rimbalzò in mezzo alla pista prendendo fuoco. Nell’impatto Lauda perse il casco: gravemente ustionato, e ferito, fu trasferito in elicottero all’ospedale militare di Coblenza, poi al Trauma Clinic di Ludwigshafen e ancora al Städliche Krankenanstalten di Mannheim, dove per giorni lottò tra la vita e la morte. Giudicato uno dei migliori piloti della storia, era soprannominato “il computer” perché capace di scovare anche i più piccoli difetti nell’auto che guidava e per la precisione con cui metteva a punto la vettura prima di ogni gara. Freddo, poco emotivo e determinato, anche nello stile di guida che ha caratterizzato la sua intera carriera. Era essenziale ma efficace.