Mese del Fanciullo. Chiusura con il coro polifonico Exultamus di San Calogero

La IX edizione del Mese del Fanciullo si è chiusa contrassegnata dalla musica corale con il coro polifonico “Exultamus” di San Calogero. Dopo il convegno di apertura che si è svolto l’8 dicembre con la proiezione del video “La cura” realizzato dai bambini della scuola primaria di Montefalcone del Valfortore, la musica e il canto hanno sigillato questo periodo dedicato ai diritti dei bambini e ai valori espressi nel messaggio evangelico, per suscitare una corrispondenza armonica con il linguaggio dei sentimenti e delle emozioni che attraversa il mondo dell’infanzia. L’attenzione verso la musica corale ha caratterizzato anche le precedenti edizioni, con la finalità di offrire opportunità creative ed educative ai tanti bambini che nascono in un territorio che vive molti disagi e che spinge le nuove generazioni ad abbandonare i luoghi di origine e a vivere uno “sradicamento esistenziale”. Non una scelta, ma una sorta di predestinazione e di condanna “senza colpa e senza redenzione” (immagine colta in “Cristo si è fermato ad Eboli” da Carlo Levi), che si può tradurre come ‘diaspora umanitaria’. Questa è una condizione che vivono i tanti bambini migranti che sono costretti a fuggire dalla loro terra. Ma tutti i bambini del mondo dovrebbero poter vivere l’esperienza della fioritura dell’essere e della maturazione interioreanche nella propria terra, con il sogno di poter piantare quei semi di luce per il loro futuro e quelle radici che hanno dato vitaalla millenaria e maestosa esistenza degli ulivi, piante che ispirano sacralità e bellezza. La IX edizione del “Mese del fanciullo” si è chiusa con un concerto del coro polifonico “Exultamus” di San Calogero, che si è svolto giorno dell’Epifania, nella chiesa della piccola comunità di San Nicola de Legistis. Diretto dal maestro Rocco Sibio con l’accompagnamento al piano del maestro Domenico Ventrici, il coro ha eseguito brani che fanno parte del repertorio tradizionale natalizio sia di autori locali che quelli classici, alcuni adattati dallo stesso maestro Sibio. La giornata si era aperta con la processione del bambinello per le vie del paese accompagnata da due suonatori di zampogna e pipita, Filippo Chiarella e Massimo Sacco, che da oltre dieci anni viaggiano nelle diverse località della Calabria ma anche fuori, per diffondere la tradizione di questi antichi strumenti. Come ha spiegato Chiarella, si tratta di strumenti che facevano parte delle cosiddette “bande piluse” in quanto gli stessi venivano realizzati con la pelle degli animali. In particolare la zampogna suonata dal maestro Sacco, fa parte della tradizione degli artigiani liutai serresi, ed è stata realizzata utilizzando nelle diverse parti, il legno di radica, gelso e ciliegio, e viene denominata, con il linguaggio locale, “Menzetta”. La musica e il canto hanno contrassegnato anche le precedenti edizioni della manifestazione, per la particolare capacità di queste arti di suscitare la loro fantasia e di entrare in corrispondenza con la sfera dei sentimenti. Particolarmente per i più piccoli, la musica crea risonanza nelle loro corde emotive e diventa una esperienza fondamentale per una crescita equilibrata nel processo evolutivo della personalità in formazione, lasciando delle impronte che andrà ad arricchire il patrimonio espressivo. Il coro polifonico “Exultamus” ha ripreso l’attività concertistica dopo un periodo di pausa, con un repertorio intitolato “Armonie di Natale”, che lo ha visto impegnato in diverse località. Il coro si compone al momento di 22 elementi e ha dato prova di aver raggiunto risultati importanti con un livello artistico significativo, riuscendo a ispirare i presenti. Oltre al valore dell’attività musicale e canora, va considerato il significato sociale. L’attività corale infatti è capace di creare una armonia sia all’interno del gruppo e verso coloro che ascoltano. Aspetti che sono stati sottolineati sia da don Francesco Pontoriero che dal maestro Rocco Sibio, alla fine del concerto. Una passione e un impegno che in questi anni ha visto protagonista oltre a Sibio, anche il maestro Ventrici, attraverso l’associazione musicale “Bach” e,fino a qualche anno fa, con la direzione, la formazione e l’educazione, del coro di voci bianche “Sorriso di Paola”. Con questo concerto anche il coro polifonico ha voluto contribuire al progetto che con questa decennale iniziativa si sta portando avanti, e che vede nel “Mese del fanciullo”– 6 dicembre, San Nicola, protettore dei bambini, e l’Epifania – i giorni di particolare sensibilità vero i temi dell’infanzia. Ad essere protagonisti, i bambini e la loro fanciullezza, che si esprimono sia nella loro innocenza che nella spensieratezza e spontaneità, attraverso il gioco e il desiderio di partecipare alla vita e alla scoperta del mondo, con il sentimento della meraviglia e della bellezza, senza alcun pregiudizio o sovrastruttura. In tutti questi anni, infatti, oltre ai momenti di riflessione e di denuncia contro ogni forma di ingiustizia, di violazione dei loro diritti. Soprattutto, nelle diverse edizioni, si è messa in luce anche la sacralità della loro vita, il rispetto dell’ambiente, la salvaguardia della salute, la lotta contro tutto ciò che provoca inquinamento e disagio che mettono a rischio l’armoniosa crescita dei bambini, con l’obiettivo di coniugare salute fisica, psicologica e spirituale. Questo progetto è stato portato avanti da tutta la comunità attraverso l’impegno dell’associazione culturale Alighistos, della Parrocchia di San Nicola e la partecipazione dell’Accademia musicale “Amadeus” di Palmi (con il prezioso lavoro del presidente Domenico Putrino, il quale ha organizzato per diversi anni il progetto “Gli apostoli dei fanciulli” a Palmi) e altre associazioni che operano sul territorio sia provinciale che nazionale, come la Delegazione Vibonese di Italia Nostra, Libera Vibo, l’Unicef (sezione provinciale), le associazioni “Zaleuco”, L’Ail (associazione italiana leucemie), la Pro loco e l’associazione di volontariato “La Solidarietà di Limbadi e i diversi enti locali. Un lavoro e un impegno per cercare di restituire la centralità al mondo dell’infanzia nello sguardo degli adulti e nell’orizzonte delle scelte politiche, in un contesto socio-culturale fortemente segnato dalla presenza della criminalità, dal disagio sociale e da una azione poco incisiva delle istituzioni nel campo della difesa e tutela dei diritti dei più piccoli, a partire dal diritto alla salute, dalla salvaguardia dell’ambiente, dai servizi alla persona e alla famiglia. Occuparsi dei diritti dei bambini significa guardare e pensare al futuro e costruire un mondo non inquinato e più giusto, che metta in primo piano i valori etici, il primato della coscienza, e non gli interessi meschini, miopi, e l’irresponsabilità con il quale sono state fatte le scelte politiche sul territorio e che si continua a fare in modo spregiudicato, in cui a prevalere sono state le ambizioni personali, il cosiddetto familismo amorale e la prepotenza dei clan – non solo nell’ambito delle organizzazioni criminali, ma anche nella gestione del potere dentro le istituzioni, come emerge dai fenomeni di corruzione e di connivenza, come accade ormai da oltre mezzo secolo in una terra come la Calabria e in particolare sul territorio del Vibonese, tra i più degradati sotto i diversi profili. Condizioni e fenomeni che emergono puntualmente dai rapporti e dalle cronache ma anche dal desiderio di molti giovani di lasciare questa terra. Non sembra esserci una prospettiva e una visione del futuro che includano i bambini e la concreta possibilità che le nuove generazioni possano costruirsi un progetto di vita nella loro terra. Le azioni sono sempre improntate alla provvisorietà, all’emergenza, alla precarietà e non ci sono luci capaci di illuminare l’orizzonte. Le istituzioni si sono dimostrate impotenti a reagire in modo autorevole e lungimirante. Si assiste ad un continuo oltraggio e vilipendio della Costituzione e della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.Per molti bambini, nascere in questo territorio, significa esperire uno “sradicamento esistenziale”, una condanna “senza colpa e senza redenzione”, come scrive in un magistrale passo che si trova nella pagina iniziale di “Cristo si è fermato ad Eboli”, Carlo Levi, e non una esperienza di fioritura dell’essere e di maturazione interiore, con il sogno di poter piantare quei semi di luce per il loro futuro e quelle radici che hanno edificato la sacralità alla millenaria e maestosa esistenza degli ulivi, anche nei loro luoghi di origine, ma sono predestinati a vivere una “diaspora umanitaria” come accade per i tanti bambini migranti che sono costretti a fuggire dalla loro terra.