Tropea: Bambini costretti a baciare i piedi ad un figlio di un pregiudicato dopo una lite

Un’inquietante e sconvolgente episodio è emerso nei giorni scorsi a Tropea: pregiudicato costringe un gruppetto di bambini a baciare i piedi del figlio dopo una lite, e aggredisce un genitore in modo violenta. Un fatto di inaudita gravità che avrebbe dovuto scuotere le coscienze e avere una risposta immediata da parte delle istituzioni e dei rappresentanti politici locali. Ma al momento un assordante rumore di rassegnato silenzio, tranne la forte denuncia di Antonio Marziale, Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Calabria, che prefigura l’oblio della coscienza. Non si può che restare sgomenti, sconcertati, increduli, angosciati. La notte del 29 e 30 agosto un gruppetto di bambini di 12-13 anni è stato costretto a baciare i piedi al figlio di un pregiudicato dopo una lite, come accade tra coetanei. Il padre, dopo aver umiliato i ragazzini, non pago è andato a casa di un bambino che faceva parte del gruppetto, nel frattempo rientrato, e aggredisce in modo violento il genitore nel tentativo di difendere il proprio figlio, sotto gli occhi atterriti della moglie. Si rimane disarmati di fronte ad una barbarie senza precedenti. I sentimenti di indignazione, l’oltraggio alla sacralità dei fanciulli, non trovano corrispondenza di fronte a quello che hanno dovuto subire i bambini sotto il profilo psicologico e umano, le loro famiglie e soprattutto il genitore che è stato aggredito in modo violento. Forse una lezione in stile ndranghetista per questi “mocciosi” rei del mancato rispetto al “picciotto”? Nella storia della criminalità organizzata non sono menzionati fatti del genere. Si è di fronte ad un regresso antropologico e culturale che segna un limite estremo verso cui arriva la barbarie umana, che aveva toccato il punto estremo con lo sterminio di un milione e mezzo di bambini nei lager. E’ senz’altro urgente creare una mobilitazione reale e non virtuale, sollecitare le istituzioni e le agenzie educative per dare risposte, perché il male, qualsiasi male, si combatte trasformandolo e attraversandolo con i valori fondanti, con sensibilità, impegno e responsabilità e non certo con l’indifferenza o il silenzio acquiescente, come è accaduto. È necessario far emergere i valori positivi, compiere operazioni profonde sotto il profilo culturale e dare messaggi che possano creare fiducia nelle risorse umane del territorio, dare luce a tutto ciò che produce bellezza e rispetto, affinché i comportamenti distruttivi siano senza radici nella comunità di Tropea e in tutto il territorio. Questo è anche il desiderio espresso da alcuni familiari che hanno vissuto questo sgomento e violenza: non vendetta ma presa di coscienza, una risposta portata avanti con dignità, che sia esemplare, di fronte a tanto regresso umano e civile. Ci ritroviamo in una società che esprime un modello che privilegia l’ingiustizia, la violenza, la discriminazione, il sopruso, l’arroganza e la prepotenza, giustificati con le esigenze del mercato e del profitto, violando i principi fondamentali sanciti nella Costituzione e nelle diverse dichiarazioni universali sui diritti, come la carta dei diritti umani del 1948 e la Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989. I bambini sono vittime predestinati, perché continuamente esposti a messaggi distorti e violenti, che producono miti negativi e deleteri. Tropea, definita la “Perla del Tirreno”, conosciuta in tutto il mondo per le sue bellezze paesaggistiche, meta di tanti turisti, non è una comunità primitiva, isolata dalla cosiddetta “civilizzazione”. Eppure accadono episodi che inquietano, sconcertano e disarmano. Le domande sono diverse ma non trovano una risposta semplice. Come ogni fenomeno o comportamento, vi è una relazione diretta o indiretta con i processi antropologici e sociali di un determinato ambiente e territorio. E allora possiamo leggere questo fatto come la punta estrema che si genera in un particolare humus dove regna il degrado umano, morale, etico, civile e si genera quella che i greci definivano la hubrys, la smisuratezza, la prepotenza, l’oltraggio, la violenza. E’ necessario perciò interrogarsi e capire il perché si generano determinati fenomeni, come la criminalità, in cui trova alimento questo episodio. Ma non solo. Perché anche il fenomeno criminale è lo specchio del modello sociale che si regge sul potere assoluto del denaro, sulla logica del profitto, sull’interesse individuale che calpesta i diritti intangibili e inviolabili che fanno parte della collettività. Qui bisogna rimettere in discussione proprio i modelli produttivi, sociali, mediatici che portano poi soggetti “malati”, incapaci a stabilire un dialogo e una relazione civile, a commettere questi crimini. Ma ad interrogarci è anche il fatto che le istituzioni locali come la Commissione, che guida il Comune dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose, e i responsabili politici del territorio, come l’onorevole Dalida Nesci, parlamentare dei5 stelle – movimento che è parte integrante di questo Governo, e quindi con delle responsabilità istituzionali e costituzionali. Sono rimasti in silenzio di fronte ad un episodio sconcertante e non abbiamo colto il segno estremo di un problema grave, verso cui bisogna reagire per scuotere le coscienze, perché non si possono aggredire e umiliare i bambini con simili modalità come un fatto normale. Forse si è assuefatti ormai, anestetizzati e rassegnati ai crimini di ogni genere e adun mondo che sembra ridotto ad un like ed ad un post? L’accaduto ci mette di fronte ad una realtà profondamente aberrante, che non può restare recluso nell’oblio della coscienza o nei tanti labirinti dei social media. La fanciullezza e il suo significato li ritroviamo nei primi pensatori a partire da Socrate e dal metodo maieutico che si ispira proprio al concetto di parto. All’origine della conoscenza sia Platone che Aristotele indicano la meraviglia, lo stupore. Questo sentimento appartiene all’età dell’infanzia e alla fanciullezza del mondo, a cui Giambattista Vico nella Scienza Nuova fa risalire la natura mitico-fantastica dell’umanità dei primitivi, dove prende forma l’immaginazione collettiva dei primi popoli. Da questa scaturigine nasce sia il mito che la sapienza poetica, senso, fantasia, ingegno memoria che “metton le loro radici nel corpo e prendon vigore dal corpo” (Vico, La Scienza nuova). Ma è con la predicazione di Gesù che la sacralità dei fanciulli diventa centrale per ogni cristiano ed ha una funzione escatologica, di salvezza. Alcuni passi del suo messaggio hanno un valore straordinario, come nel vangelo secondo Marco e in quello di Matteo. “In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”. E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro. (Mc 10, 13-16 ) “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Matteo 18,1-5). Oggi a tutela dei bambini vi è la Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza approvata il 20 novembre del 1989, dopo l’approvazione della Dichiarazione dei diritti del fanciullo nel 1959.