Pupi, pupazzi e pupazzetti sulla scena politica: la nuova versione del teatro della marionette

Pupi, pupazzi e pupazzetti sulla scena politica: la nuova versione del teatro delle marionette nella Terza Repubblica che sembra riesumare gli antichi spettri, con la ricorrenza degli ottant’anni delle leggi razziali fasciste. A profetizzarlo il creatore delle “maschere nude”, Luigi Pirandello. Non finisce mai di sorprenderci Luigi Pirandello con le sue intuizioni e prefigurazioni sulla società contemporanea. In una lettera alla sorella Lina, scritta il 31 ottobre 1886, il drammaturgo di Girgenti (Agrigento), affermava che “la vita sembra una enorme pupazzata”. E nella commedia “Il berretto a sonagli” è stato profetico: “Pupi siamo, caro Signor Fifì. Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo. Pupo io, pupo lei, pupi tutti. Dovrebbe bastare, santo Dio, esser nati pupi così per volontà divina. Nossignori! Ognuno poi si fa pupo per conto suo: quel pupo che può essere o che si crede d’essere. E allora cominciano le liti! Perché ogni pupo, signora mia, vuole portato il suo rispetto, non tanto per quello che dentro di sé si crede, quanto per la parte che deve rappresentar fuori” (Atto primo, scena IV). Questa scena ci richiama la famosa espressione siciliana coniata quando sulla scena è apparsa la televisione, definita come “a cascettella chi pupi”. Dai pupi siciliani che tanta fortuna hanno avuto nella tradizione epico-cavalleresca con le peripezie del paladino Orlando impazzito d’amore della bella mora Angelica, al teatrino della politica, come amava definire un famigerato capocomico, che in arte al secolo si presentava come Cavaliere, per richiamare le avventure cavalleresche di cui è stato protagonista, impazzito d’amore per una mora guerriera di nome “Ruby ruba cuori”, identificata come la nipote di Mubarak, per essere in sintonia con lo spirito del puparo. E questo teatrino non tradisce perché si arricchisce di nuovi colpi di scena, anzi è diventata un’autentica sceneggiata, come nella migliore tradizione napoletana – ricordate Mario Merola! – o una farsesca e grottesca mascherata, come accadeva nella commedia dell’arte e a cui si è ispirato il drammaturgo siciliano con le sue “maschere nude”. Sulla nuova scena politico-istituzionale, in cui questi nuovi pupi e marionette si esercitano, la “cascettella” è diventata un santuario, con tanto di chierici, sacerdoti, santi, altari, liturgie, omelie, parabolici panegirici, confessioni, e ha il suo culmine con l’eucarestia dei fedeli che si nutrono del corpo e dello spirito del capro espiatorio, per non espiare i propri peccati. Ne abbiamo visti passare sulla scena istituzionale di “salvatori della patria” negli anni della Seconda Repubblica e ne stiamo vedendo in questi vagiti della Terza. Neanche Erasmo da Rotterdam avrebbe potuto immaginare nella suo “Elogio della follia” tanta messe. Ma con l’avvento della Terza Repubblica è tutto un’altra storia: il potere temporale si è riunificato a quello spirituale, come nel Medioevo. Impero e Papato sono tornati dominatori del destino del mondo e si sono alleati. Solo che non c’è più un solo Papa e un solo imperatore. Come nel corso del Trecento, con la famosa “cattività avignonese”, quando la sede papale era stata trasferita nella città francese di Avignone, adesso il centro apostolico dall’Europa si è trasferito nel nuovo continente americano, nella potenza che ha sterminato le civiltà precolombiane e esportato il far west, vale a dire gli Stati Uniti d’America, precisamente nella sede del fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, in California. Così ogni fedele sente di avere in mano il carisma che prima Santa Romana Chiesa conferiva al vescovo di Roma. Nell’era di internet e dei social network sta accadendo quello che era accaduto con la protesta dell’agostiniano Martin Lutero a partire dal 1517 con le famose tesi affisse sulla porta della chiesa di Wittenberg, per denunciare la corruzione della Chiesa di Roma per la pratica non ortodossa delle indulgenze. In quegli anni cruciali che aprivano le porte alla modernità, la riforma protestante è stata possibile grazie alla rivoluzione della stampa operata da Gutemberg, in quanto le sacre scritture potevano essere tradotte nelle diverse lingue e diffuse con una certa facilità. Oggi sta accadendo il processo inverso: l’unificazione delle lingue e dei linguaggi sotto un unico alfabeto: lo spirito universale che discende nella Pentecoste si è incarnato nel nuovo testamento di Facebook, con buona pace della ecumenica Santa Romana Chiesa. Si contano oltre due miliardi di utenti-fedeli, e ad ogni profilo corrisponde un vangelo e un santuario, tutto sotto il controllo di una divina provvidenza che si manifesta nella storia attraverso un grande miracolo: la moltiplicazione delle beatitudini e dei benefici nel tesoro del sommo sacerdote Zuckerberg (sesto uomo più ricco del mondo, con un patrimonio di 66 miliardi di dollari). In questo clima riformistico e controriformistico, in Italia a dominare la scena adesso ci pensa il vangelo secondo Matteo, e poi quello secondo Luigi, con un cambio di stile, di stille e di stelle; ma la litania è identica, come identico è l’Apocalisse. L’unica novità è che non ci sarà più la resurrezione e neanche la passione. Eppure in questi giorni,è accaduto un fatto che non ci saremmo aspettati: stanno mettendo in croce un povero cristo, di nome Matteo Salvini. Il sinedrio dell’Onu lo ha posto sotto accusa per aver diffuso eresie, per essere un sovversivo, ma anche di corrompere i giovani e addirittura di favorire il razzismo contro i migranti; e preoccupati dei possibili ritorni delle leggi razziali fasciste- che coincidenza, proprio a settembre del 1938 sono state emanate, precedute dalla pubblicazione del Manifesto degli scienziati razzisti del 5 agosto – verranno a catechizzare le parrocchie sacre e profane delle istituzioni. Ma ha ragione il ministro dell’Interno Salvini a dire che in Italia non ci sono discriminazioni razziali, perché tutto è sotto il suo diretto controllo, sotto la sua supervisione e i migranti vengono accolti e nutriti a dovere, in base alla dichiarazione dei diritti umani e ai principi enunciati dalla Costituzione italiana. Lo dovrebbero sapere quelli dell’Onu, in particolare Michelle Bachelet che presiede l’Alto commissariato per i diritti umani, che le razze non esistono più. Sono rimasti ancorati al 1938, non hanno appurato che c’è stata una evoluzione, anzi una mutazione genetica, e che l’umanità ora è divisa in due specie: i figli prediletti da Zuckerberg, evoluti, e i figliol prodighi, o profughi, coloro che ancora vivono la diaspora per mari e per terra, ma senza alcuna promessa, al contrario del popolo eletto. Gli evoluti, i Sapiens social, si riconoscono in questa nuova ecclesia e ne sono felici, perché si scoprono pervasi da amore fraterno e nello stesso tempo ogni componente della comunità sente di avere un’alta missione e lo stesso potere e ricchezza degli altri fratelli, e chi li ospita nel suo immaginifico santuario, è grato di tanta grazia e munificenza che gli è stata riservata dall’anima filantropica dei suoi benefattori. Lo spirito cristiano della fratellanza universale si è reincarnato. Saranno meno felici i massoni che pensavano di avere l’autorità assoluta sulla fratellanza! A far parte di questa specie evoluta ci sono fior fiore di scienziati, di professori, di ingegneri, di professionisti, di studiosi, di esperti e ogni altra categoria delle arti e dei mestieri, come le antiche maestranze e corporazioni a cui apparteneva anche il sommo poeta Dante. Non c’è dubbio che la tanto attesa Parusia e apparizione del Paraclito si stia manifestando nella mutazione antropologica, prefigurata non da Dante, ma da un personaggio che amava osservare i comportamenti della gente, pensare e riflettere sul destino che si stava prefigurando per l’Italia. Costui si è dannato l’anima per spiegare che cosa fosse la mutazione antropologica, l’omologazione, la manipolazione mediatica, la persuasione occulta e il conformismo; mettendo in luce che la fede nella nuova ideologia e il potere del consumismo stavano trasformando la società e la politica, in profondità. E poi ancora che non era più possibile adoperare le categorie politiche dei fascisti e degli antifascisti, in quanto la nuova versione del fascismo faceva proseliti in tutte le classi, compresa quella degli intellettuali e dei chierici di sinistra. Questo radicale fustigatore del linguaggio dei corpi asserviti al potere del consumo si chiamava Pier Paolo Pasolini, anche lui messo in croce, come il suo Gesù nel Vangelo secondo Matteo. Ma prima di lui anche Lorenzo Milani aveva cercato di far capire che l’obbedienza non era più una virtù, che bisognava ribellarsi alle leggi ingiuste e che i più grandi massacri della storia si sono consumati in nome della legalità, quando non si ha coscienza etica, spiritualità e sensibilità umana. E difendeva i 31 giovani che avevano fatto obiezione di coscienza, per questo incarcerati: “In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è do’obbedirla … e chi paga di persona testimonia che vuole la legge migliore, cioè che ama la legge più degli altri” (Lettera ai giudici). La mostruosa menzogna, in quegli stessi anni, precisamente nel 1964, era stata smascherata anche da Gunther Anders, nel libro-epistola “Noi figli di Eichmann” oltre che dalla sua ex compagna Hannh Arendt, con “La banalità del male” (1963). Eichmann aveva organizzato lo sterminio obbedendo ciecamente agli ordini dei gerarchi nazisti, e cioè alla legge. Nelle epistole al figlio di Echmann, Ander smette in guardia dai nuovi totalitarismi, dalle mostruosità di cui siamo tutti complici inconsapevoli nell’era della tecnica, diventata una versione aggiornata del Minotauro nascosto nei lager dei nuovi labirinti. Il mito ci svela la natura mostruosa di cui siamo stati impastati e nello stesso tempo indica la via di salvezza, il filo di Arianna. Questo è lo straordinario patrimonio che abbiamo ereditato dall’antichità e che Anders identifica con gli effetti incontrollabili della tecnica: “Quanto più si complica l’apparato in cui siamo incorporati, quanto più si ingrossano i suoi effetti, tanto meno vediamo, tanto piccola si fa la nostra chance di comprendere i procedimenti di cui noi siamo parti o condizioni. Nonostante il nostro mondo sia fatto dall’uomo e sia mantenuto in movimento da noi tutti, a causa del fatto che esso si sottrae alla nostra immaginazione e alla nostra percezione diviene di giorno in giorno più oscuro. Tanto oscuro che non riusciamo a vedere il suo oscuramento. L’ingenua speranza ottimistica del XIX secolo, quella secondo cui la crescita della tecnica cresce automaticamente anche la chiarezza dell’uomo, dobbiamo cancellarla definitivamente. Chi oggi si culla ancora in tale speranza, non solo è un semplice relitto dell’altro ieri, ma è anche una vittima degli attuali gruppi di potere; cioè vittima di quegli oscuri uomini dell’era della tecnica che hanno tutto l’interesse a mantenerci all’oscuro sulla realtà dell’oscuramento del nostro mondo, producendo ininterrottamente quest’oscurità…”. A pensarla così, ancor prima anche il filosofo Martin Heidegger: “Ciò che veramente è inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran lunga più inquietante è che non siamo ancora capaci di raggiungere attraverso un pensiero meditante, un confronto adeguato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca”. Non siamo più in grado di prevedere gli effetti che produce la tecnocrazia, per questo è fondamentale osservare il principio di precauzione, richiamato dal filosofo ecologista Hans Jonas nella sua opera “Il principio responsabilità”: “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra”. “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione non distruggano la possibilità futura di tale vita”, “Non mettere in pericolo le condizioni della sopravvivenza indefinita dell’umanità sulla terra”, “Includi nella tua scelta attuale l’integrità futura dell’uomo come oggetto della tua volontà”. E sta accadendo che i poteri totalitari non hanno più bisogno di imporre con la violenza la loro tirannia, perché sono gli utenti, i consumatori, che scelgono di essere schiavizzati. Lo aveva intuito Etienne de la Boétie con il pamphlet politico “Discorso sulla servitù volontaria” o “Il contro uno”, scritto, pensate un po’, intorno al 1549 e pubblicato nel 1576. Il pensatore francese, amico di Michel de Montaigne, l’autore dei Saggi, sostiene che qualunque tiranno può detenere il potere fintanto che i sudditi glielo concedono e la libertà originaria concessa all’uomo per natura sarebbe stata abbandonata dalla società, che una volta corrotta dall’abitudine, avrebbe poi preferito la servitù del cortigiano alla condizione dell’uomo libero, che rifiuta di essere sottomesso e di obbedire: “Vorrei solo riuscire a comprendere come mai tanti uomini, tanti villaggi e città, tante nazioni a volte, sopportano un tiranno che non ha alcuna forza se non quella che gli viene data, non ha potere di nuocere se non in quanto viene tollerato. Da dove ha potuto prendere tanti occhi per spiarvi se non glieli avete prestati voi? come può avere tante mani per prendervi se non è da voi che le ha ricevute? Siate dunque decisi a non servire più e sarete liberi!” E’ incredibilmente profetico su quello che sta accadendo oggi con Facebook! A queste riflessioni fa eco l’aforisma di Albert Einstein: “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi”, con l’aggiunta dell’adagio “L’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi”. Ecco perché “il sonno della ragione genera mostri” come ammoniva Francisco Goya nel suo celebre dipinto. “Gli oscuri uomini dell’era della tecnica” preparano le trappole, e la stupidità porta l’uomo a scegliere liberamente, volontariamente, di entrarvi dentro, come accade con i social. Non solo, perché il corpo della nostra Penisola è soggetto a forze telluriche e ci sono vulcani che eruttano il magma. In questi giorni abbiamo infatti assistito a due eruzioni che hanno scosso i media. La prima è stata localizzata a Sassari, l’altra a Catanzaro. Si è trattato dello scontro di un’antica faglia che ha risvegliato gli eroici furori del duce e alcuni nostalgici missini, hanno voluto fare il saluto fascista, animati dalla sacra febbre del littorio. Questi patrioti sovranisti hanno eruttato la loro natura fascista alla luce del sole, mentre esiste un magma fascista che non si vede, ma che entra nella pelle e scorre nelle vene della nostra geologia antropologica e non vogliamo confessare a noi stessi che in verità dentro di noi abita un’anima resa insensibile, come ammoniva Pasolini in particolare nell’Articolo delle lucciole, perché il consumo, l’egoismo, l’individualismo, il profitto, il dio denaro, l’indifferenza, sono entrati nel sangue, negli occhi e nelle viscere. Lo riassume un passo del suo articolo, pubblicato il 1 febbraio del 1975 e inserito negli Scritti corsari, dove emerge la sua passione e tensione intellettuale ma anche la fotografia di questi nostri irruenti tempi: “Non siamo più di fronte, come tutti ormai sanno, a “tempi nuovi” ma a una nuova epoca della storia umana: di quella storia umana le cui scadenze sono millenaristiche. Era impossibile che gli italiani reagissero peggio di così a tale trauma storico. Essi sono divenuti in pochi anni (specie nel centro sud) un popolo degenerato, ridicolo, mostruoso, criminale. Basta soltanto uscire per strada per capirlo. Ma naturalmente, per capire i cambiamenti della gente, bisogna amarla. Io purtroppo questa gente italiana, l’avevo amata: sia al di fuori degli schemi del potere (anzi, in opposizione disperata ad essi) sia al di fuori degli schemi populistici e umanitari. Si trattava di un amore reale, radicato nel mio modo di essere. Ho visto dunque coi miei sensi il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiano, fino ad una irreversibile degradazione”. Il potere che si cela dentro e dietro l’ideologia dei consumi e nella fede assoluta verso le nuove tecnologie, vampirizza, anestetizza e paralizzala nostra coscienza iniettando un veleno invisibile, e quando qualcuno ci fa vedere la nostra vera identità, il prodotto interno lordo di questo potere mostruoso – e cioè che siamo fascisti,individualisti e indifferenti alla sorte dei nostri simili, e quindi disumani – ci spaventiamo e ci indigniamo. L’identità deve avere come compagna la differenza, altrimenti partorisce indifferenza, e questa si allea con la complicità, la violenza, l’ingiustizia, il culto della personalità, il prodotto inquinato di questo modello fondato sul lucro e sulla mercificazione della dignità umana. Dovrebbero riflettere coloro che guardano al nuovo firmamento che si richiama al teorizzatore della sovranità popolare, Jean Jacques Rousseau, illusi che attraverso la piattaforma intitolata al filosofo illuminista, loro possano esercitare la democrazia diretta e i lumi della ragione. Di vero c’è che è diretta dalla mano invisibile del mercato (come spiegava Adam Smith, il teorizzatore del Liberismo), cioè dalla Casaleggio Associati. Sono tutti lì, con lo sguardo rivolto alle costellazioni per trarre gli auspici del prossimo cambiamento astrale, le magnifiche sorti e progressive che attendono il popolo italico con le prodigiose virtù di Rousseau, dove ogni adepto, ispirato dalla luce della sua coscienza, vive lo spirito universale della fratellanza e i prodigi della tecnica, che porta dentro di sé lo spirito divino della luce, della bellezza e dell’amore, come gli F35 che hanno ricevuto il crisma dal nuovo ministro della Difesa Elisabetta Trenta, e come tutti gli altri ordigni che le industrie belliche continueranno a produrre per il bene dell’umanità. Dopo l’ex ministro Roberta Binotti, che ha dichiarato legittimo vendere bombe per sterminare esseri umani innocenti, ancora una donna alla Difesa di questo Governo: la sensibilità femminile e materna per difendersi dall’assalto degli infedeli, tanto per richiamare l’origine dei poemi epico-cavallereschi, mentre i poveri, gli esclusi, i disagiati, i disoccupati, i reietti e i rifiuti umani, possono attendere, così per loro si apriranno le porte del paradiso a 5 stelle. Al contrario le armi non si possono fermare, perché il profitto delle industrie belliche deve far aumentare il Pil. E mentre aumentano i profitti per pochi eletti, compreso il fondatore di Facebook, proporzionalmente aumenta la fame nel mondo: 821 milioni sono le persone colpite, di cui 150 milioni di bambini, come certificato nel recente rapporto “Lo stato di sicurezza alimentare e nutrizione nel mondo” presentato da diverse agenzie, come Nazioni unite, Fao, Unicef, in questi giorni. Per concludere questa nostra sceneggiata o nuova commedia all’italiana, anche un altro illustre professore, prestato alla politica, è diventato, suo malgrado, un protagonista della nuova ecclesia di Mark Zuckerberg. Ed è apparso nella nuova “cascettella” per affinare le affinità elettive della mutazione antropologica e la visione teocratica del mondo. Stiamo parlando del presidente del Consiglio Giuseppe Conte,che ogni tanto si ricorda di rivestire questo incarico istituzionale e si presenta con la sua ambizione di diventare un personaggio in cerca di autore–ispirato dal noto dramma di Pirandello.Avvolto in un’aura francescana, ha proferito il sacro verbo, imitando i suoi due mentori, vicepresidenti Salvini e Di Maio. L’apparizione miracolosa per annunciare una nuova scoperta che risolverà i problemi dell’italica progenie? O per salvare l’umanità dalla fame e dalle malattie? No!…cari signori, per qualcosa di più grande: rinuncerà al concorso per una cattedra a professore ordinario alla Sapienza di Roma “per ragioni di personale sensibilità”. È veramente grandioso che un presidente del Consiglio dia questo alto esempio di moralità, di correttezza,di onestà intellettuale, attraverso le sacre scritture di Facebook: “Pupi siamo, caro Signor Fifì. Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo. Pupo io, pupo lei, pupi tutti. Dovrebbe bastare, santo Dio, esser nati pupi così per volontà divina. Nossignori ! Ognuno poi si fa pupo per conto suo: quel pupo che può essere o che si crede d’essere. E allora cominciano le liti! Perché ogni pupo, signora mia, vuole portato il suo rispetto, non tanto per quello che dentro di sé si crede, quanto per la parte che deve rappresentar fuori”. E si!… illustri ed egregi lettori, rassegnatevi o rallegratevi, l’Italia e il mondo sono diventati una grande,enorme pupazzata! Ogni giorno, a tutte le ore, pupi, pupazzi, pupazzetti e marionette, vanno in scena nella “cascettella”di Facebook. Dalla cattività avignonese al nuovo potere spirituale e temporale tra le numinose mani di Zuckerberg (anche lui figlio della diaspora del popolo eletto). Il nuovo totalitarismo è servito, e tutti a servirlo, felici e contenti di essere dei like. Ma per sciogliere l’enigma di questa nostra epoca ci soccorre l’adagio citato da Aristotele“Techne ama Tyche e Tyche ama Techne”, cioè la fortuna di riuscire si offre a chi sa il suo mestiere. Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare! Bravo Zuckerberg, tu sì che sai fare il tuo mestiere! Anzi, questo mestiere è diventato un ministerium omysterium, con tanto di potere universale. Ma ci consola San Tommaso, l’autore della Summa teologica, e fondatore della Scolastica, il quale ha rivelato che la parola è come uno specchio nel quale si vede la cosa, senza però che lo specchio vada al di là dell’immagine della cosa stessa. Nello specchio del “libro delle facce”, la traduzione di Facebook, la parola è senza alcun riflesso, non riflette, si tiene tutto per sé come accade con i buchi neri o del loro paradosso scoperto da Stefan Hawking, che a sua volta richiama “Il paradosso dell’attore”enunciato dal filosofo francese Denis Diderot. Le leggi della fisica sulle onde gravitazionali sono in corrispondenza con la mutazione antropologica ecumenica del social e con la “cascettella chi pupi”. Tutto è in relazione in fondo e anche relativo. Lo ha teorizzato Niccolò Copernico, lo ha confermato Galileo Galilei, e poi Pirandello ha tratto ispirazione, e infine Albert Einstein lo ha suggellato con la sua teoria della relatività.