Roma. Al Piccolo Eliseo in scena Lampedusa

Dal 31 gennaio al 18 febbraio al Teatro Eliseo di Roma va in scena Lampedusa.  “Un’escursione coraggiosa nelle acque oscure della migrazione di massa”, così il quotidiano The Guardian definisce Lampedusa, testo di Anders Lustgarten, novità assoluta per l’Italia per la regia di Gianpiero Borgia che dirige per l’occasione Donatella Finocchiaro e Fabio Troiano.

Due monologhi, due storie perfettamente intrecciate, quelle di Stefano, un pescatore siciliano ormai impegnato a recuperare i corpi dei profughi annegati in mare (3500 nel solo 2015) e di Denise, una donna immigrata di seconda generazione – qui una marocchino italiana – che riscuote crediti inevasi per una società di prestiti. Condannata per sempre al ruolo di outsider in Europa, sostiene che i marocchini sono “i primi ad essere partiti e gli ultimi tra gli immigrati ad essere considerati”.

La povertà e la disperazione non sono solo lo scenario del racconto: sono causa generatrice del contrasto sociale dei protagonisti, argomento di fuga per entrambi e insieme condizione per il miglioramento del proprio status attraverso lo sciacallaggio della disperazione altrui. Ossessionati dal denaro che manca, dalle opportunità che non ci sono, dalla politica dei favori, l’uomo si scopre inaridito dall’inerzia con cui porta a termine il suo compito di pescatore di cadaveri, un lavoro più redditizio e continuativo a Lampedusa in questo momento, mentre Denise cerca un riscatto studiando e allontanando da sé il mondo da cui appartiene, le case fetide e impersonali degli immigrati. Lungi dall’essere una litania della disperazione, Lampedusa è sorprendentemente un racconto sulla sopravvivenza della speranza. Quasi inconsciamente, entrambi cercano una redenzione. Stefano fa amicizia con un meccanico del Mali che attende con ansia l’arrivo della moglie, Denise scende a patti con un’annosa frattura nel rapporto con la madre malata e lotta per garantirle una pensione di invalidità da parte dell’INPS e trova la compagnia simpatica e inattesa di una portoghese, madre single piena di debiti.

Lustgarten traccia paralleli e intrecci invisibili tra le storie di Stefano e Denise.  Entrambi sono persone che si trovano a trattare con un’umanità al limite. Gente con cui non si vuole avere a che fare. Affida ai suoi personaggi una identica visione politica: il parere che l’Europa è “fottuta” per non avere saputo prevedere che guerra e miseria avrebbero prodotto una congestione di traffici umani e non aver regolato per tempo con criteri certi questi flussi inarrestabili ma ancora prima, per non aver saputo attuare vere politiche di inclusione degli immigrati e dei richiedenti asilo.