Contoterzismo agrario in crescita in Bergamasca

Le aziende agricole bergamasche sono sempre meno inclini a realizzare per conto proprio operazioni colturali e, ancor meno, opere di sistemazione fondiaria: è quanto emerge da un’indagine realizzata dall’Osservatorio di Confai Academy, il centro di formazione legato all’associazione che raggruppa a livello nazionale imprese agromeccaniche e agricole.

Oltre il 40 per cento della produzione lorda vendibile dell’agricoltura bergamasca è riconducibile ad un intervento diretto delle imprese agromeccaniche, le quali contribuiscono a generare un volume d’affari per il settore agricolo pari a circa 245 milioni di euro.

Nonostante il fatturato complessivo del settore primario sia rimasto sostanzialmente stabile nell’ultimo biennio, nel periodo 2014-2015 l’apporto della cosiddetta agricoltura ‘in outsourcing’ al Pil agricolo bergamasco è cresciuto di circa il 4%, segno di una sempre maggiore affermazione del contoterzismo agrario quale ausilio indispensabile per le imprese agricole.

“Oggigiorno il fenomeno del contoterzismo ha assunto un ruolo di tutto rispetto nella produzione agricola – osserva Enzo Cattaneo, direttore di Confai Bergamo e segretario generale di Confai Academy – parallelamente ad una progressiva contrazione della partecipazione alle lavorazioni da parte della figura storica del coltivatore diretto: ciò si riscontra sia sul fronte delle produzioni realizzate, sia per quanto riguarda le superfici lavorate”.

Ci si deve preoccupare dei trend in atto? “Non si tratta di preoccuparsi – fa notare Leonardo Bolis, presidente provinciale e nazionale di Confai -, bensì di interpretare correttamente e in forma lungimirante i percorsi di sviluppo che l’agricoltura sta seguendo a livello globale. Fatte salve alcune evidenti differenze nei contesti produttivi, l’avanzata dei servizi di coltivazione in conto terzi costituisce un fenomeno proprio di tutte le agricolture più avanzate, da quella statunitense a quelle del centro e nord Europa. Ciò che sta avvenendo nella nostra provincia e nel nostro Paese non è altro che il segno di un ammodernamento generale del settore primario, che sta archiviando alcuni vecchi modelli produttivi, optando per una forte innovazione tecnologica e processi produttivi più razionali, più sicuri e maggiormente rispettosi dell’ambiente naturale”.